parole per una "cultura del limite" a cura di Severo Laleo ... de tous temps penseurs, sages ou philosophes, ont cherché les moyens à s'opposer à la démesure (hybris) ... les convivialistes
domenica 24 giugno 2018
Macron l'autocrate e il bicratismo
Dichiara a Huffpost la scrittrice francese Annie Ernaux:
"Emmanuel Macron? È un autocrate con il desiderio
di restaurare la monarchia, c'è qualcosa di molto violento che non viene percepito dagli osservatori e che si sta producendo durante la sua presidenza".
"Qualcosa di molto violento...".
È un giudizio, per quanto possa capire, convincente.
Una violenza politica non sempre
percepibile/percepita è stata anche ed è ancora la cifra di nostrane recenti leadership, a sinistra (si fa per dire!) e a destra, tutte segnate, al pari dell'autocrate Macron, da un monocratismo maschilista.
Se si analizzano i caratteri di fondo di queste leadership, balza agli occhi il tratto del maschilismo: l'ipertrofia dell'io! E insieme un'arrogante, inutile attitudine al duello tipica del maschio Alfa, pur in assenza di un antagonista reale. A prescindere.
Basta. Se a questa riduzione della Politica a braccio di ferro, a urla scomposte, a prove di forza dell'autocrate di turno, non si risponde, almeno a sinistra, in opposizione e a mo' di esempio,
con una guida politica duale, di un uomo e una donna insieme, mite, perché ragionata e condivisa, la democrazia continuerà a soffrire. E molto.
O no?
Severo Laleo
domenica 17 giugno 2018
La libertà è sempre indivisibile
A leggere i sondaggi, oggi in giro, riguardanti l'orientamento
della "gente" nei confronti della decisione del governo
di sbarrare la strada a chi fugge da guerre e fame,
la stragrande maggioranza, oltre il 60%, si dichiara
favorevole a questa politica di bloccare ogni nuovo arrivo.
A prescindere.
Per la precisione il 64%!
Praticamente, per il 64% della 'gente' d'Italia,
è giusto che i paesi civili, e noi tra questi (mah!), si possa
decidere secondo il nostro volere e interesse
del destino dei poveri del mondo.
Voglio scrivere subito, anche se solo per poche persone amiche,
che non sarò mai in quel 64%.
E non perché sono buonista,
non perché ho una antica formazione cristiana,
non perché all'origine della nostra cultura occidentale
è scritto anche il rispetto per ogni straniero,
non perché sono di sinistra,
non perché ho letto Bauman,
non perché sono convivialista,
non perché per l'estensione dei diritti
ha speso una vita Stefano Rodotà,
non perché voglio negare la gravità del problema,
semplicemente perché ritengo che ogni persona,
per il semplice fatto di essere in vita,
dovunque sia nato nel mondo,
qualunque sia il colore della sua pelle,
qualunque sia la quantità di beni in suo possesso,
abbia il diritto di scegliere, in sua libertà,
dove andare, che fare, che pensare,
con un solo limite: il rispetto della libertà del suo simile,
della persona dell'altro.
Se il principio è in sé valido, ed è riconosciuto valido,
ogni organizzazione sociale e stato, singolarmente
o in "federazione/associazione", ha il dovere
di predisporre ogni strumento e misura per la realizzazione
di tanto diritto.
Per una nuova politica universale dei diritti.
O no?
Severo Laleo
mercoledì 13 giugno 2018
Italia Francia, gara di civiltà
“Vomitevole”
l’Italia e “cinica”.
Francia “ipocrita”.
Ecco, in Europa è
nata la civiltà.
E questo scambio è una conferma.
In realtà senza un
progetto di civilizzazione,
ogni civiltà ha un
destino di morte.
Ed è mai possibile
condividere
un progetto di civilizzazione sull’
”esclusione”?
Ancora una volta
tutto crolla,
solo perché i poveri del mondo bussano alle porte.
O no?
Severo Laleo
lunedì 11 giugno 2018
Aquarius a Valencia: un nuovo umanesimo socialista
La nave Aquarius,
con 629 migranti a bordo, 629 persone,
grazie alla solidarietà umana del socialista
spagnolo
Pedro Sanchez, pare abbia la possibilità
di navigare verso il porto di
Valencia finalmente
per un approdo d’accoglienza.
Valencia! E’
piccola l’Europa!
Pedro Sanchez
apre, con il suo tempestivo e senza calcoli intervento,
la strada a un nuovo
umanesimo.
In Europa, da oggi,
si dovrà parlare di migranti non più in termini
di chiusure per
convenienza, ma in termini di aperture per solidarietà.
E in questa Europa,
già sede della fondazione della moderna civiltà,
all’Italia di oggi
tocca purtroppo la “voce grossa” del NO,
del rifiuto
esagitato, giocato sulla pelle
di persone in cerca di nuova vita,
alla Spagna la voce
piena del SI’, dell’accoglienza operosa,
per l’offerta di
un’opportunità.
I 629 migranti,
persone migranti, scendendo nel porto di Valencia,
onoreranno, con la
propria presenza di povertà estrema
e con il proprio
grido d’aiuto, la memoria di J. L. Vives,
a Valencia
nato nell’ultimo decennio del 1400.
J. L. Vives,
da cittadino d’Europa (e del mondo), di fronte alla moltitudine
impressionante e
crescente di persone povere nelle città dell’Europa,
cercò di “capire”
la situazione e s’adoperò per trovare una soluzione
a tanta deplorevole
invasione di mendicanti di ogni provenienza.
Per
J.L.Vives è compito dei governanti trovare le risposte
adeguate
ai bisogni dei
poveri del mondo, qualunque sia la causa della povertà,
con un piano
strategico di accoglienza fondato su assistenza, lavoro,
istruzione.
Semplicemente.
Capire e risolvere,
nel rispetto della dignità della persona.
I governanti non
possono tollerare -scriveva J.L.Vives nel 1526-
che fame e
sofferenze opprimano i cittadini anche se forestieri.
Forse a partire da
Valencia, nel nome di Vives e Sanchez,
s’accenderà in
Europa la scintilla di un nuovo umanesimo socialista,
e Salvini sarà solo
un accidente.
O no?
Severo Laleo
giovedì 7 giugno 2018
Piersanti, Piersanti
Del Rio è sempre sembrato, almeno a me, politico senza luce propria,
soprattutto nell'attuale contesto da continuo spettacolo
nel quale la Politica si è ridotta.
Eppure quel suo gridare "Piersanti, si chiamava Piersanti"
ha riportato la Politica alla sua originaria dignità di relazione
tra persone in una polis.
E il suo gridare di sincera commozione ha svegliato
una assemblea distratta di "popolo".
Dal suo animo offeso è scaturita anche una funzione di guida,
non da "capo", ma da persona capace di interpretare il sentire
di tutti nel suo partito.
Il nuovo presidente del consiglio ha una memoria inadeguata
e una palese assenza di empatia; forse sarà il miglior interprete
della nuova figura del cambiamento di presidente ostaggio.
Per ora ha dimostrato di avere le migliori doti per questo ruolo.
O no?
Severo Laleo
sabato 2 giugno 2018
Il Limonov di Carrère: un affare!
Caro prof. Scapece,
è un po’ che non
ci si sente. Come va? E il tuo ginocchio?
Che vuoi, dopo i 65
anni, con la pensione, cominciano i piccoli guai,
quando va bene. Meno
male che si legge ancora.
Sai ho finito di
leggere l’altro giorno il “Limonov” di Emmanuel
Carrère.
Vuoi sapere? In
verità, una qualche delusione m’è rimasta addosso,
specie
a lettura inoltrata, fino a
quasi pentirmi
di aver partecipato
alla
giostra del suo successo letterario. Non posso tornare indietro.
Carrère
inventa apposta il “suo” Limonov, almeno s'avverte,
e
attraverso il racconto della di lui vita
costruisce
un testo in molte pagine godibile, a volte ben informato,
ma
sempre giocato sul versante di un linguaggio/mondo
ai
limiti di una disfunzionale volgarità generale. (p. 124)
Carrère
ha voluto scrivere un libro da successo di vendite;
Limonov gli
è servito e basta; e peccato
non sia stato il suo eroe
ammazzato da
Putin come
Litvinekenko, così il
libro avrebbe venduto
“non dieci, ma cento
volte di più in tutto il mondo”.
(p.355)
E
a Limonov il
“servizio” di Carrère
ha regalato una fama enorme.
Convenienze
reciproche tra un maschio scrittore
di buona famiglia,
attento
al successo (la logica del fallito/non fallito domina il
suo mondo)
e
un maschio povero
poeta di periferia, ansioso di “andare
lontano”.
Per
capire il contesto culturale e personale dell’interesse di Carrère
per
Limonov basta leggere
quanto l’autore scrive a p. 125,
dove chiaro è l’obiettivo fondamentale
della vita sua e di Limonov:
non ridursi a “comparsa”. Un libro autobiografico
a
coprire una strumentale
biografia.
Naturalmente
so quanto tu sei più equilibrato nel valutare i testi,
ma
qui voglio comunicarti brevemente solo le mie impressioni.
Che
vuoi che ti dica: ho trovato sparso per ogni pagina
un maschilismo infantile
(spesso falso, ma autentico quando inespresso),
espressa
un’idea di guerra oltre
ogni limite anche ieri
(p.125),
reale
il disprezzo sentito per
“l’informe massa dei
perdenti” (p.140),
cosificate
le presenze femminili, e
inesistente un’idea
di intelligenza
senza
pietà (“Un
cattivo figlio? Forse, ma intelligente, e quindi senza pietà.
La
pietà rammollisce, la pietà avvilisce...”
p. 208).
E il tutto in un continuo tentativo, a volte proprio noioso,
di piegare il suo stile a "colpire" il lettore.
Un
libro scritto ad arte per fare un affare. Ed è stato anche insignito
del
Prix Renaudot: mah!
Forse
noi della generazione del ‘68, non comprendiamo
tutta
questa esaltazione
dell’”energia”,
delle “avventure
straordinarie,
scandalose,
sordide”, in una
parola, tutto questo straparlare dell’ego,
perché
abbiamo coltivato altri sogni e ora siamo (si dice ancora?) out.
O
no?
Severo
Laleo