martedì 21 marzo 2023

Francia, riforma delle pensioni: l'"estensione" della democrazia contro le tensioni autoritarie

L'approvazione della riforma delle pensioni in Francia, attraverso le legittime "forzature" di un sistema democratico ben sedimentato, pone comunque un grosso problema politico a livello di buon funzionamento delle istituzioni e della democrazia tout court: è il problema del superamento del corto circuito tra rappresentanti e rappresentate/i. 

E non solo in Francia. E non solo per le pensioni.

In breve, fino a che punto la democrazia rappresentativa può svolgere il suo legittimo compito di governo senza ascoltare la voce del Popolo Sovrano sulle Grandi Questioni (ad es. guerra/pace), là dove, cioè, il governo, "entrando" pesantemente nella vita delle persone, le scompagina/distrugge in qualche modo? E basta un voto del corpo elettorale, espresso per eleggere le rappresentanze in Parlamento, essere interpretato quale consenso diretto anche su una "Grande Questione"? 

È sotto gli occhi di tutti, nella gran parte dei paesi occidentali, pur secondo forme e modalità diverse, la crisi, ormai di lunga data, del funzionamento della democrazia; anzi, con sgomento, abbiamo anche visto, inaspettatamente e violentemente, tentativi di piegature autoritarie in USA e in Brasile

Evidentemente qualcosa non funziona. 

Forse è ora di inventare nuove forme di approvazione politica di fronte alle Grandi Questioni, attraverso un processo di "estensione" della democrazia per un pieno e più ampio consenso popolare, prevedendo, sulle Grandi Questioni appunto (da regolamentare), sempre, per legge, d'obbligo, un referendum di conferma. (Offrendo così al mondo esempi fortemente contagiosi anche per i popoli governati da regimi autoritari, che spesso addirittura presumono di essere/apparire più "performanti" rispetto ai "riti" della democrazia.)

Altrimenti, nel gestire i conflitti, quasi per forza, si torce il sistema democratico verso tensioni autoritarie.

O no?

Severo Laleo 

P.S. L'"estensione" della democrazia potrebbe passare anche attraverso almeno due improrogabili riforme istituzionali: 1. Parlamento a parità assoluta uomini/donne;
2. Superamento del Monocratismo (uno/a solo/a  al comando) con il Bicratismo (guida duale paritaria: un uomo/una donna).

venerdì 10 marzo 2023

Nelle persone di Cutro l'onore dell'Italia

 È inadeguato, e per questo anche pericoloso, sia per l'esercizio della democrazia (per l'assenza di trasparenza attiva), sia per l'esercizio della solidarietà umana e sociale (per l'assenza di empatia civile), questo governo; in tutte le sue componenti, dalla Presidente del Consiglio, chiusa in una falsa determinazione propagandistica, ancora recitata in atteggiamenti demagogicamente popolareggianti (sempre da campagna elettorale), fino a tutti i suoi ministri, silenziosi e complici, in afasia farfugliante, e per giunta arrogante, di fronte alla visione del fenomeno migratorio espressa brutalmente dal Ministro degli Interni. Irripetibile.

L'origine della tragedia di Cutro, agli occhi di chiunque abbia un normale senso logico/cronologico degli avvenimenti, è tutta nell'assenza dei soccorsi. Nell'intempestività, nel caso di Cutro, del nostro, di Paese Civile, sistema di "ricerca e soccorso". Perché? Perché è successo, pur vantando il nostro Paese Civile un'ottima reputazione in termini di salvataggio?

E di fronte alle domande, a queste semplici e ineludibili domande, noi troviamo un Governo sì inadeguato e incapace (impreparazione? assenza?) di preoccuparsi di agire subito e in profondità per conoscere la verità, attraverso un'indagine seria, approfondita, ma soprattutto pronto, con la copertura imprudente e rassegnata di una Presidente del Consiglio, ancor convinta di superare la crisi con le parole giocate al tavolo di una fuorviante conferenza stampa, solo a giustificarsi. E non s'accorge, per un grave difetto nella funzione istituzionale, di non essere in grado di svolgere fino in fondo, con profonda partecipazione, il suo dovere di interrogarsi e dare risposte incontrovertibili. Al Paese e alla Vittime.

Invece assistiamo a un movimento di scaricabarile, di  nascondimenti, di fuga dalla realtà e dalle proprie responsabilità. In maniera incredibilmente scomposta.

E che dire delle irripetibili parole a caldo di un ministro di fronte alla tragedia? 

Davvero incomprensibile nel nostro Paese l'odio (o cmq un'indifferenza sorda) per i migranti in tanta parte del ceto politico, ben sostenuto a sua volta dall'odio/indifferenza di tante povere persone. E non solo nel nostro paese: il fenomeno migratorio è mondiale, ma le risposte (anche nella "civile" Gran Bretagna!) sono ancora "nei confini delle Nazioni"! Un odio insieme viscerale e stupido per le sue motivazioni e nei suoi risultati.

E porta troppi, anche in alto, a voltarsi dall'altra parte, a non voler capire, a non voler approfondire, a spostare, magari gridando, l'attenzione sulle pene agli scafisti (i quali, imprenditori maschi del profitto criminale, prosperano grazie all'assenza degli Stati). Le responsabilità sono chiare e evidenti. 

Si tratta di omissione di soccorso o per sottovalutazione del caso o per difetto di funzionamento della macchina operativa. È vietato e inimmaginabile pensare ad altro, anche semplicemente a una pigrizia indotta culturalmente e politicamente.

Questo governo prima va via e meglio è per il nostro Paese. 

Solo le persone di Cutro, che hanno assistito impotenti e sgomenti alla tragedia (e il nostro presidente Mattarella, bisogna aggiungere) ne hanno compreso tutta la gravità. E hanno subito messo in moto concretamente il coinvolgimento dell'empatia umana; quelle persone, a Cutro e a Crotone, si sono date da fare per garantire un umano abbraccio al dolore immane dei familiari, anche per le tante giovanissime vite spezzate.

Almeno per una volta l'onore dell'Italia  è nelle persone di Cutro

O no?

Severo Laleo

PS Leggo l'editoriale di Piero Ignazi su Domani: è un esempio di civilissima e circostanziata critica all'operato di un governo inadeguato (se non peggio). Un popolo sensibile ai valori della democrazia trasparente e responsabile, e una stampa attenta alla ricerca della "verità" possibile, dovrebbero oggi essere alleati nel chiedere le dimissioni di questo governo.



martedì 7 marzo 2023

Otto marzo 2023: quest'anno le mimose al pacifismo femminista (Vera Brittain)

 Vera Brittain, da donna, scrive soprattutto alle donne, e il suo pacifismo, da "conversione personale", vuole diventi coscienza critica operativa di pace, appunto soprattutto tra le donne.

Ecco le sue parole:

"Nell’agosto 1914 ero poco più che una bambina, giovane negli anni e ancor più nella mente e nell’esperienza. A scuola il patriottismo ci era stato presentato come una sorta di religione. La frase dulce et decorum est pro patria mori aveva ai nostri occhi un valore supremo riferito ai padri, ai fratelli, ai fidanzati. Fremevamo di eccitazione indiretta di “mere” donne di fronte alla stupidità sacrificale del “non chiedersi il perché, ma agire e morire”, quella esortazione suicida rivolta a esseri umani ragionevoli affinché ripudiassero la loro capacità di pensiero solo per coprire i grossolani errori degli alti comandi o per portare avanti i progetti interessati dei profittatori politici e commerciali. Quando scoppiò la guerra noi la considerammo “un atto di Dio”, una catastrofe in cui il nostro primo dovere era difendere o sostenere il nostro paese, afflitto e senza colpa. Con una fede commovente nella onniscienza olimpica degli uomini che reggevano i nostri destini dalla Presidenza del Consiglio o dal Ministero della guerra, salutavamo i soldati in partenza agitando eroicamente le braccia ed avevamo l’impressione che la società sarebbe stata in qualche modo santificata dal sacrificio dei suoi uomini migliori. Non sospettavamo assolutamente che il 1914 avrebbe significato la bancarotta della politica e delle sue risorse e il crollo della saggezza umana nelle alte sfere....

Quando ho letto in un articolo di fondo del “Times” a proposito del progetto della nuova aviazione l’espressione oggettiva “il suo potenziale di distruzione sarebbe certamente elevato”, ho iniziato a mettere in discussione il mio diritto e quello di qualsiasi altra donna di mettere al mondo esseri umani che potrebbero essere esposti a sofferenze ancora più terribili di quelle che avevo visto due decenni prima. È il destino di mio figlio, da qui a dieci anni, quello di essere parte di questa “distruzione” dell’aviazione – frammento senza valore, gettato nel mucchio degli scarti delle vittime avvelenate e mutilate della prossima guerra? Deve essere questa la fine dell’amore, delle cure, delle premure materne?

...Con altruismo convenzionale [ogni madre] tenta di procurare un ambiente ideale per i suoi bambini e non fa assolutamente nulla per impedire che questi e le loro camerette siano ridotte in frantumi nel prossimo decennio. Poiché le minacce di guerra sono quotidianamente sbattute nei titoli di prima pagina dei giornali più diffusi, questa incoscienza irresponsabile è sorprendente. Non sembra sia dovuta ad apatia – infatti quale madre potrebbe essere indifferente alla prospettiva che il proprio bambino sia messo a morte attraverso la tortura? – quanto a incapacità mentale di comprendere. L’abitudine all’accettazione acritica, coltivata fin dall’infanzia da genitori e insegnanti, in tutte, tranne che nelle più giovani generazioni di donne, penso offra la vera spiegazione. Alla maggior parte delle donne oltre i trent’anni e a molte al di sotto di questa età, in gioventù il mondo è stato presentato come organizzato e diretto dagli uomini, ed il tempo che è trascorso dal 1928 non è stato sufficiente per abituare la donna che vota all’idea che essa non ha soltanto un’opportunità, ma il dovere di fare la sua parte nell’indirizzare la politica del proprio paese. La risposta rabbiosa che tanto spesso le madri danno ai galoppini elettorali: “Non andrò a votare, lascio tutto questo a mio marito” non è soltanto una risposta esasperata dovuta all’eccesso di lavoro o al fatto di essere state interrotte; dimostra l’incapacità di riconoscere una responsabilità che ovunque è la caratteristica delle ristrette preoccupazioni della casalinga. Mentre si addensano nere nubi nel cielo della politica da molti focolai di tempesta, lei non si preoccupa dell’esito della guerra civile spagnola finché c’è abbastanza detersivo nella credenza. Le minacce di Hitler, le parole rabbiose di Mussolini la lasciano indifferente se trova una nuova ricetta per l’insalata di pomodori. Non la sfiora il dubbio che l’obbligo morale, per quanto forte, di tenere la casa pulita e i bambini in ordine è infinitamente inferiore all’obbligo morale di comprendere il futuro e di cogliere le sue terribili possibilità....

Ci siamo lasciati trascinare nell’ultima guerra perché la maggior parte della popolazione era troppo strettamente rinchiusa all’interno della piccola cerchia dei propri interessi personali per rendersi conto della direzione degli eventi mondiali prima che fosse troppo tardi. Deve accadere ancora la stessa cosa? Le donne che nel 1914 non avevano il suffragio, ma che ora sono cittadine che esercitano il diritto di voto non faranno niente per impedire questa follia mortifera? Se le madri relativamente istruite che dispongono del tempo per pensare e studiare non protestano, cosa ci possiamo aspettare da quelle povere, sopraffatte dal lavoro e dalla denutrizione? Mai prima d’ora è stato altrettanto chiaro che il raggiungimento della pace dipende da un drastico mutamento dei valori in quegli individui che sono destinati a soffrire per primi delle conseguenze della guerra.

... La guerra, o la preparazione alla guerra, non è una politica, è una confessione di bancarotta delle risorse della mente umana."

Forse un'iniziativa forte, autonoma, libera dell'altra metà del mondo, potrebbe scuotere più nel profondo le coscienze di tutte/i.

O no?

Severo Laleo

Vera Brittain, Perché sono pacifista (1937) traduzione e cura di Bruna Bianchi Qui  il testo integrale.

lunedì 6 marzo 2023

Le parole di Harriet Taylor ora nel messaggio di Pedro Sanchez dopo più di 150 anni da L'emancipazione delle donne

 Il giorno 4 marzo sul giornale online Open esce questa notizia, di seguito il testo: "Se le donne rappresentano la metà della società, la metà del potere politico ed economico deve appartenere alle donne»: con queste parole il premier spagnolo Pedro Sánchez ha annunciato un’importante novità in tema di diritti civili. Martedì prossimo, infatti, il Consiglio dei Ministri approverà una legge sulla rappresentanza paritaria nei centri decisionali che non ha precedenti in Spagna. L’innovazione toccherà diversi fronti, dalla politica all’economia...."

L'affermazione "Se le donne rappresentano la metà della società, la metà del potere politico ed economico deve appartenere alle donne" era già un principio chiaro e evidente al pensiero femminista nei suoi primi atti pubblici.

Più di cento cinquanta anni fa!

E tornano alla memoria le lucidissime parole scritte da Harriet Taylor, appunto a sintesi del documento finale della Women's Rights Convention del 23/24 Ottobre 1850 a Worcester, nella lotta delle donne per raggiungere: 

"A coequal share in the formation and administration of laws,—municipal, state, and national—through legislative assemblies, courts, and executive offices."

Una parità assoluta, "coequal", in una parola, a ogni livello.

È vero, non è mai troppo tardi (soprattutto per gli uomini).

O no?

Severo Laleo 

P. S.

Il femminismo, in ogni sua declinazione, ha ottenuto e continua a ottenere importanti risultati, almeno nel mondo occidentale, a livello di diritti sociali, civili e politici, ma non pare abbia riflettuto ancora abbastanza sull' impronta maschilista/patriarcale insita nelle strutture di potere, nelle tante forme storiche delle istituzioni. Esiste un femminismo disposto, attraverso un'analisi nel profondo, a  slegare le attuali "forme istituzionali" dai legami storici, una volta scoperti, con la cultura maschile dominante? Ad esempio, il monocratismo, l'idea di "un" uomo solo al comando (vale anche se l' "un" è donna!) in tantissime strutture di potere decisionale, è "forma universale" o semplicemente storico/culturale, dovuta alla predominanza di un pensiero, specie in zona/potere, tutto in mano agli uomini? Può il bicratismo essere una via di uscita? Mah!