mercoledì 20 novembre 2024

Femminismo, patriarcato e bicratismo

 In un utile e condivisibile intervento di chiarimento, oggi, 20 Novembre, su Domani, Giorgia Serughetti, a proposito della "fine del patriarcato", declarato, almeno a partire dal nuovo diritto di famiglia del 1975, dal ministro Valditara, in un videomessaggio tra l'altro irricevibile, data, a maggior ragione, l'occasione (la presentazione della Fondazione intitolata a Giulia Cecchettin), così scrive: "La critica essenziale a questo concetto - che ispira anche il discorso di Valditara- è che non possa chiamarsi patriarcato un regime di formale uguaglianza, dove le donne hanno conquistato parità di diritti e quote di potere sociale, dove addirittura una donna siede alla presidenza del Consiglio dei ministri. Questo però significa fraintendere - più o meno consapevolmente - ciò che il femminismo ha inteso parlando di patriarcato: un millenario ordine materiale e simbolico fondato sul dominio degli uomini e sull'oppressione delle donne. Un ordine che dà forma alla divisione e organizzazione del lavoro produttivo e riproduttivo, determina la distribuzione diseguale delle risorse, condiziona i ruoli che sono attribuiti a donne e uomini, e inoltre modella il linguaggio, l'immaginario, le rappresentazioni. Pensare che questa struttura possa essere sradicata in un paio di generazioni per il solo effetto dell'innovazione giuridica è illusorio. Il cambiamento richiede impegno costante sul tempo lungo. Mentre negarne la persistenza, solo perché la superficie della rappresentazione pubblica restituisce una maggiore parità tra i generi, rappresenta un'ottima giustificazione per non agire."

D'accordo, ma perché non si osa riflettere anche sulla dimensione istituzionale di quell'"ordine"? Quel "millenario ordine materiale e simbolico fondato sul dominio degli uomini e sull'oppressione delle donne" ha prodotto una sua struttura decisionale di potere fondata sul monocratismo, sul dominio dell'uno maschile: a "comandare/dirigere/ guidare/decidere" è una figura solitaria, da sempre (e ancora oggi prepotentemente) maschile, perché così ha concepito/istituito il potere il dominio maschile. E l'idea che il "potere" sia/debba essere nelle mani degli "uomini" è ancora cosi diffusa e interiorizzata da impedire la sua "divisione" con l'altro mondo, il mondo delle donne.

E così il destino del mondo, in questi nostri terribili tempi, è tutto nelle mani "maschie" (nel senso originario e forte del termine) di Putin, Biden, Trump, Zelensky, Netanyahu, nell'assenza totale della "parola" di donna!

Forse il femminismo ha da riflettere su un'ipotesi di nuovo assetto istituzionale, almeno per le democrazie liberali, sconvolgendo il vecchio assetto scaturito dal dominio maschile, magari proponendo/realizzando sia la parità assoluta uomini/donne nelle sedi di dibattito e decisione sia il bicratismo, la "guida" cioè duale nelle sedi di governo, manifestando chiaramente al "mondo", e alle nuove generazioni, l'uguaglianza uomini/donne, con tutte le conseguenze (si immaginano collaborative e non violente) sul piano delle relazioni tra uomini e donne. 

O no?

Severo Laleo


sabato 16 novembre 2024

Israele/Palestina: donne insieme contro la guerra

 La guerra è sempre abominevole distruzione. 

La guerra è sempre tragica morte di persone, combattenti e non combattenti, di ogni condizione (soprattutto, se non esclusivamente, di "povera gente": chi può sa sottrarsi!), di ogni età (insopportabilmente impietosa la morte di tante/tanti bambine/i).

La guerra amplia sempre la ferocia, in nome della "vittoria", fino all'eliminazione dell'altro.

La guerra trasforma sempre pensieri e parole in sempre nuovi escogitabili propositi di violenza.

La guerra alimenta sempre l'odio e coinvolge nell'abbrutimento totale i combattenti e nel mutismo complice gli alleati.

La guerra incrementa sempre la ricchezza di chi investe in armi, una ricchezza difficile da sostituire/riconvertire.

La guerra è sempre una spirale di violenze senza fine, e ritorna sempre dopo fasi di pace tra guerre.

La guerra è sempre un disastro imprevedibile, e può portare a totale distruzione.

La guerra è tutto questo e tanto altro di peggio, e resta ancora oggi, a partire dal suo nascere, da quel primordiale uccidersi tra fratelli, una questione tutta di maschi tra maschi. 

È la guerra appannaggio totale di una cultura/visionedivita maschile. E cmq tutte le strutture di potere, in ogni luogo/tempo e di ogni tipo, sono state dominate dalla cultura di vittoriafinoallamorte degli uomini; tutte le guerre sono state decise da uomini. 

Ancora oggi, sia nelle democrazie sia nelle "dittature" di qualsiasi forma, le decisioni di guerra spettano a strutture politico-istituzionali dominate da uomini, dove la cultura (in genere) pacifista delle donne è del tutto assente, perché è del tutto assente, e non è per caso, la presenza di donne nelle strutture decisionali. Dove dovrebbe essere "naturalmente" paritaria!

Eppure la cultura femminista ha trovato parole di grande saggezza contro le guerre (ma inascoltate e nascoste, perfino nelle scuole, dalla cultura dominante maschile), eppure voci di donne nella società esistono, anche in Israele e in Palestina. (Ed esistono anche uomini di pace!) 

Si tratta di donne "costruttrici di pace". "Sono le donne di Women Wage Peace, fondata in Israele nel 2014, e di Women of the Sun, nata nel 2021 in Palestina. Due realtà che lavorano insieme per non cedere all'odio e creare consapevolezza, cercando di aprire alle donne una strada nell'arena politica e nei negoziati. Donne che raccolgono i pezzi di ciò che rimane dalla distruzione che travolge ogni cosa attorno a loro. Creano legami, dentro e fuori dalle loro comunità, cercano di ricomporre, ricucire, ricostruire." Così scrive Sara del Dot su Domani del 14 Ottobre.

Forse la guerra sarà bandita definitivamente dalla storia dell'umanità, quando all'"ascia" di guerra del maschio, pronta a uccidere/eliminare l'altro maschio, si sostituirà la "parola" di pace della donna nel coro generale e paritario di tutte le "parole".

O no?

Severo Laleo



mercoledì 13 novembre 2024

Grazie prof. Ferrarotti

 Caro Scapece,

hai saputo certamente, un altro grande maestro dei nostri anni universitari ha lasciato questo, terribile oggi, mondo: è morto il prof. Franco Ferrarotti

Ricordi ancora le nostre discussioni di quei lontani tempi, sul finire degli anni sessanta, quando, studiando io a Roma, raccontavo a te, studente di lettere dell'Università di Napoli, il mio entusiasmo per la sociologia? E tu, tutto preso da latino e greco, seguivi con qualche perplessità le mie "deviazioni" fuori campo! Ricordi, sì?

Erano anni di lotta e di contestazione viva, soprattutto a Roma, molto partecipata, ma erano anche anni di approfondimento delle questioni sociali attraverso gli studi. Senza il prof. Ferrarotti non avrei mai capito, con conoscenza critica, le dinamiche sociali, i problemi della società, le organizzazioni sociali, i sistemi di potere.

Furono studi illuminanti per me; il suo testo, La sociologia, era diventato fondamentale per la mia formazione, nonostante fossi solo un giovane studente di lettere (a quei tempi l'esame di sociologia era a scelta tra i "complementari"!)

Studiare la sociologia sembrava, appunto, anche per te, un uscire fuori dai binari degli studi letterari, eppure, proprio quegli studi di sociologia, contribuirono a rendere più ricchi e vivi anche gli studi di letteratura, di linguistica, di estetica. E, ricorderai, scelsi il professor Franco Ferrarotti anche come correlatore per la mia tesi di Estetica su Luigi Stefanini

Durante l'esame di laurea ebbi una prova ulteriore della sua generosità di maestro, attento e disponibile. Fui sorpreso dalla sua argomentazione, da correlatore, nell'esprimere un giudizio così favorevole e appassionato sul mio povero lavoro di tesi, mostrandolo ai miei lietissimi occhi diverso e migliore; ma non ebbi da subito dubbio alcuno: era solo un dono della sua generosità. (Grazie, ora per allora, professor Ferrarotti!)

Caro Scapece, forse anche la mia indipendenza di giudizio, lungo tutta la mia carriera di uomo di scuola, e lungo la mia vita di padre e di nonno, in parte deriva dal suo esempio.

Stammi bene, amico di una vita.

Severo

martedì 12 novembre 2024

Una sguaiataggine dagli Usa: il caso Musk. E Mattarella

 Una sguaiataggine anche dall'estero, dagli Usa. Eh, sì, mancava una sguaiataggine proveniente da fuori dei nostri confini italiani!

Eppure bisogna non preoccuparsi noi in Italia, perché in Italia a governare sono tanti patrioti (e patriote, of course!) impegnati a difendere i nostri confini. 

Infatti se un tal Musk, entrando a gamba tesa nei nostri confini, gridasse dai social di allontanare quei giudici italiani colpevoli di applicare le leggi quando si tratta di diritti dei migranti, magari sostenuti da sentenze a livello europeo, troverebbe all'istante un'adeguata risposta corale, e soprattutto da parte di Salvini, l'uomo dei confini, del nostro governo di patrioti di una nazione orgogliosa! 

O no?

Severo Laleo

P.S. Per fortuna oggi, 13 Novembre, dato il silenzio (di soggezione?) di Nordio e Meloni, è intervenuto sulla questione il Presidente della Repubblica, Mattarella, con una dichiarazione nobile, per il presente e il futuro.

Eccola di seguito:

L’Italia è un grande Paese democratico e devo ribadire, con le parole adoperate in altra occasione, il 7 ottobre 2022, che “sa badare a sé stessa nel rispetto della sua Costituzione”.

Chiunque, particolarmente se, come annunziato, in procinto di assumere un importante ruolo di governo in un Paese amico e alleato, deve rispettarne la sovranità e non può attribuirsi il compito di impartirle prescrizioni.

 Roma, 13/11/2024 (II mandato)

Grazie, Presidente!


giovedì 7 novembre 2024

Promemoria per l'estensione della democrazia

 Un governo di (centro)-sinistra, 

se ha a cuore, e deve avere a cuore, 

l'estensione della democrazia, 

ha il dovere di investire fortemente, 

in continuità, a 360°, 

sul sistema istruzione, 

scolastico e oltre la scuola, 

perché ogni persona, a prescindere dall'età, 

possa raggiungere il più alto grado 

di formazione culturale e di libertà di giudizio

(oltre naturalmente alla lotta alle disuguaglianze). 

O no?

Severo Laleo

In Usa con Trump domina il maschilismo. Per un'ultima volta

 Lo so, i commentatori politici hanno già scritto e detto tutto su queste elezioni americane, davvero tutto, a ogni livello, politico, economico, sociale, elettorale. E ognuno ha cercato di capire/delineare i motivi della vittoria di Trump e i perché della sconfitta di Harris

Qui si farà una riflessione completamente diversa. E riguarda, con l'occhio dell'osservatore comune, la cultura di fondo, incidente su comportamenti e scelte, dell'elettorato americano. Ascoltando i discorsi (si fa per dire!) di Trump, esaminando il suo linguaggio nei termini e nei toni, considerando i suoi particolari tratti personali nel condurre la sua vita di relazione sociale e con l'universo femminile, guardando il palco del vincente, nella sua prima uscita a conteggi in corso, con tutta la sua "gente", seguendo le presentazioni dei suoi collaboratori, invitati a esprimere un saluto, osservando la presenza delle donne su quel palco appunto, vien voglia di buttare là una riflessione immediata di sintesi: la vittoria di Trump negli Stati Uniti è la vittoria, anzi il trionfo, del maschilismo. Il cerchio di Trump, la nuova stella Musk, i seguaci di Trump, molta parte dell'elettorato repubblicano trumpiano, sono tutti insieme invischiati in un "sentimento" culturale derivante da una visione maschilista della vita. 

C'è da esser contenti, perché, dopo questo successo forte dei maschi, Il futuro sarà diverso. E svelerà la povertà di una monocultura maschile. Definitivamente. (Si fa per esagerare in speranza!)

Kamala ha perso non avendo avuto il sostegno pieno, esteso e convinto dell'elettorato femminile, chissà, forse anche perché molte donne d'America sono ancora dominate da una cultura maschilista.

Eppure per i maschi forti e puri questa è l'ultima volta.

O no?

Severo Laleo

P.S. Forse sarà AOC a regalare ai dem una prossima presidenza, quando sconfiggerà, con la sua visione politica, sociale e femminista (spero), la (sotto)cultura maschilista con il coinvolgimento ampio di donne libere e determinate. (Esprimere un auspicio è sempre lecito. O no?)