In
questo blog di “parole per una cultura
del limite”, la lettera di Bersani
a
“la Repubblica” trova una sua
naturale collocazione.
Con
prosa scarna e limpida, quasi un’anomalia in un paese
di
chiacchieroni e imbonitori, spesso populisti, Bersani pone
un
limite:
sia a
quel “puntiglio” rimproveratogli dai
suoi detrattori,
con
un “io ci sono, se sono utile. Non
intendo certo essere di intralcio”;
sia
ad altre proposte che non siano di cambiamento,
con un
“ci vuole un governo, certamente. Ma…non un governo che viva
di equilibrismi,
di precarie composizioni di forze contrastanti,
di un cabotaggio giocato solo
nel circuito politico-mediatico”.
E
insieme pone un limite definitivo –si spera- ai giochi e giochini della
politica
riservata ai pochi in incontri non pubblici; la diretta streaming
dell’incontro
con il M5S è una dimostrazione della sicurezza politica (che in
altri
–lo stesso M5S- s’è dimostrata strumentale) di Bersani – e torna a suo onore -
nel discutere con chiunque alla
luce del sole.
Ecco
il testo della lettera:
Caro direttore,
nell'articolo domenicale di Eugenio Scalfari, insieme con tante
considerazioni che mi trovano d'accordo, c'è un passaggio che mi offre
l'occasione di una precisazione. Scalfari
scrive: "Non condivido la tenacia con cui Bersani ripropone la sua candidatura". L'osservazione è
inserita, al solito, in un contesto amichevole e rispettoso di cui ringrazio Scalfari. Devo registrare tuttavia che
una valutazione simile si fa sentire anche in contesti ben meno amichevoli.
Nelle critiche aggressive e talvolta oltraggiose di questi giorni, nelle
inesauribili e stupefacenti dietrologie, e perfino nelle analisi psicologiche
di chi si è avventurosamente inoltrato nei miei stati d'animo, non è mai
mancata la denuncia verso una sorta di puntiglio bersaniano.
Ecco dunque l'occasione per precisare. La
proposta che ho avanzato assieme al mio partito (governo di cambiamento,
convenzione per le riforme) non è proprietà di Bersani. Ripeto quello che ho sempre detto: io ci sono, se sono
utile. Non intendo certo essere di intralcio. Esistono altre proposte che, in
un Paese in tumulto, non contraddicano l'esigenza di cambiamento e che
prescindano dalla mia persona? Nessuna difficoltà a sostenerle! Me lo si lasci
dire: per chi crede nella dignità della politica e conserva un minimo di
autostima, queste sono ovvietà! È forse meno ovvio ribadire una mia convinzione
profonda, cui farei fatica a rinunciare. Il nostro Paese è davvero nei guai. Si
moltiplicano le condizioni di disagio estremo e si aggrava una radicale caduta
di fiducia. Ci vuole un governo, certamente. Ma un governo che possa agire
univocamente, che possa rischiare qualcosa, che possa farsi percepire nella
dimensione reale, nella vita comune dei cittadini. Non un governo che viva di
equilibrismi, di precarie composizioni di forze contrastanti, di un cabotaggio
giocato solo nel circuito politico-mediatico. In questo caso, predisporremmo solo
il calendario di giorni peggiori.
Credo
si possa dire con tranquillità che tutte le persone oneste
e
libere e riflessive di questo Paese non possano non accogliere
con
favore le parole di Bersani.
Purtroppo
intorno alle idee chiare di Bersani
ruotano, anche nel
suo partito,
idee non altrettanto chiare, anzi ambigue, perché spesso dettate o
dalla vecchia
politica degli accordi di Palazzo, attenta solo agli interessi di
pochi, a dispetto
dell’evidentissimo messaggio elettorale (per la prima volta nella
storia
repubblicana, il
centrodestra è minoranza nel Paese e quindi all’opposizione),
o
dalle ambizioni personali di qualche novello leader, incapace, almeno per ora,
di inserirsi nella “comunità politica” del
cambiamento, ma pronto, al contrario,
a
perpetuare la dannosissima,
per la democrazia, via del potere leaderistisco.
Oggi Bersani, segretario di un partito a
struttura democratica –l’unico, in verità-,
non solo, ma scelto a guidare il
governo attraverso non forte consenso
elettorale nel turno –anche questo democratico
davvero- delle primarie,
rappresenta la punta più avanzata del “cambiamento” e,
forse, per questo
è diventato, agli
occhi e per le carriere di molti, inviso e pericoloso.
Se
nel Partito, alla lealtà promessa a parole dai tanti –un giorno sarà più chiaro
l’errore di chi chiede fretta-, fosse davvero seguita la lealtà praticata nei
fatti,
oggi il Pd sarebbe un punto di
riferimento prezioso per questo caro Paese
allo sbando. Ma, si sa, la sinistra …
O no?
Severo
Laleo
Nessun commento:
Posta un commento