mercoledì 8 maggio 2013

Uscire dall’Aula del racconto della storia: Andreotti e Ambrosoli




Andreotti e Ambrosoli sono la storia d’Italia.

L’Italia di Andreotti. L’Italia di tutti noi, clienti senza memoria,
e sempre alla ricerca di un uomo della Provvidenza,
capace di guidare e distribuire i giochi della Politica.
Da Mussolini a Grillo, da Bossi a Berlusconi,
e, forse, a un nuovo capo, scalpitante, in un lato, a sinistra,
di una panchina, a bordo campo.
L’Italia, per dirla ancora con Piero Gobetti,
dove  tutti “hanno bene animo di schiavi”.
E dove i potenti non smettono mai di essere potenti.
Dovunque siano collocati: a destra, al centro, a sinistra.
Perché è mancata, e ancora manca, la regola fondamentale
della democrazia reale: il limite di durata nelle cariche istituzionali, a qualsiasi livello, centrale e periferico.
Non si può essere dentro gli spazi della decisione politica
per tutta la vita: il potere se non logora, corrompe. Sempre.
Perché più che il Potere a corrompere è la continuità al Potere.
E così, noi Italiani, per abitudine, e con l’amore degli assistiti,
ci attacchiamo per sempre al nostro benefattore.
Oscurità a parte.

L’Italia di Ambrosoli. L’Italia di tutti noi, persone vigili
e libere, sempre a testa alta, pronte a rispettare le leggi
e a servire le istituzioni, senza legami con i giochi del Potere.
E soprattutto senza paura di “andarcela a cercare”. Altrimenti
è solo silenzio complice e acquiescenza vile.
L’Italia dove chi è chiamato ad un compito pubblico,
sia pure per una strana occasione dei tempi,
e sia pure per una sola volta, risponde con rettitudine.
E coraggio. E rigore. E gentilezza.
L’Italia, per dirla ancora con Piero Gobetti, dove l’impegno
culturale e morale vive nella “serietà e intensità al lavoro”.
Una luce per tutti.

Andreotti: pace all’anima sua.
Ambrosoli: un esempio per un’Italia unita in civiltà.

O no?
Severo Laleo

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