Grillo a Genova per il terzo V-day
attacca a morte i partiti, tutti i partiti,
anzi
l’idea stessa di Partito. E la conclusione senza appello di un
percorso
dell’antipolitica.
Purtroppo non ha tutti i torti; i partiti (si fa per dire, perché
partiti
più non sono) hanno dato di sé una prova pessima, a ogni latitudine
di
schieramento. Soprattutto i partiti con padrone e con il suo seguito di
casta.
Senza
pudori. Quando attraverso gli scontrini di cassa non si riconosce
più
la differenza tra l’azione politica pubblica e l’agire privato, quando il
senso
dell’onore
costituzionale di un rappresentante delle istituzioni affoga
nella Nutella,
la crisi è totale. Senza speranze. E dà fiato a nuovi populismi
rigeneratori. Di
ogni tipo.
Urge,
al contrario, una riflessione pubblica.
Grillo non ha bisogno di riflettere, anzi sbotta
minacciando:
"Politici
vigliacchi, ora estrema unzione".
Bene
(insomma!). Ma l’ ”estrema unzione” non è una cura, è il
commiato
definitivo
per l’altro mondo, a tutti ignoto. Sicuramente diverso,
fino
all’inesistenza. Appunto
l’inesistenza.
In realtà a Grillo non interessa la “comunità
vivente”,
a Grillo interessa
solo fare piazza pulita, e deserta, perché Grillo non
conosce
il
valore politico della “convivialità”, dell’empatia, del viver bene
insieme agli altri;
la
sua meta politica è sempre la stessa, di tutti i suoi predecessori:
la sovranità
elettorale.
E per
incrementare i suoi voti, e diventar “sovrano”, partecipa con
forza
e
determinazione, anche con i Vaffa, al mercato del
voto, al pari dei Bossi,
dei Berlusconi,
dei Di Pietro, dei Fini, degli Ingroia,
dei Casini, dei Monti,
dei Vendola,
dei Renzi. Tutti leader, tutti maschi, e per giunta spesso tifosi
di calcio
(e
qui diventa visibile tutta la nostra miseria sociale e culturale).
Tutti
a imitare Berlusconi.
E i
grillini nelle istituzioni, ubbidienti, ancora dormono i sonni beati del
grillismo.
Eppure,
in questo marasma dell’antipolitica, se Barca ha cercato,
inutilmente,
almeno
per ora, di trovare una risposta corretta alla crisi dei partiti
nella
“mobilitazione cognitiva”, solo SEL aveva
scoperto il senso
della
“sovranità conviviale”, per costruire una società pienamente
democratica
e non competitiva: “Sinistra ecologia e libertà guarda
alla rivoluzione più grande, che ribalta il sistema dei valori oggi
dominante: dallo spirito della guerra alla cooperazione e all’empatia;
dalla
competizione alla convivialità, dal primato dei beni materiali
alla
conoscenza, alla cultura, all’arte…. Il nostro orizzonte è un mondo
futuro non dominato dalla forma di merce, nel quale il buon vivere
sarà una funzione della conoscenza, della
sicurezza, della bellezza,
della convivialità; un mondo che metta in equilibrio città e campagna,
ponendo un
limite secco all’ipertrofia del cemento e della chimica…”.
Purtroppo
le persone di Sel non tutte leggono a fondo i Manifesti e
non tutte
riescono
sempre a praticare al proprio interno quella convivialità immaginata
per
la società del futuro, e non poche, purtroppo, devastate
inconsapevolmente
da
un berlusconismo diffuso e subdolo, inseguono il potere al par degli
altri.
Non
si costruisce sovranità conviviale con gli stessi riti
di sempre,
con
una burocrazia congressuale ferrea, senza sperimentare nuove regole
(bicratismo
di genere, sorteggio), e soprattutto senza mobilitare affetti e
passioni.
O no?
Severo
Laleo
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