giovedì 27 febbraio 2014

Con Tsipras per una sovranità conviviale



Ho letto con interesse, e condivisione, la nota di redazione
ConTsipras: non facciamo sciocchezze”. Non si può non essere d’accordo: 
un discorso, e una pratica, di sinistra non potranno reggere tra divisioni 
e frammentazioni insensate. Le solite.
In questa Europa -si legge nella nota- da sottoporre radicalmente 
a critica, è possibile avanzare un programma per un’Europa diversa, 
fondata su un nuovo piano di investimenti pubblici per l’occupazione 
e lo sviluppo, sulla cultura e la ricerca, sul disarmo, sulla lotta 
alle diseguaglianze e alla rapina della speculazione e del profitto illimitato 
di pochi. Con queste convinzioni, noi elettrici ed elettori di sinistra 
guardiamo con speranza all’ipotesi di una lista in sostegno della candidatura 
di Alexis Tsipras alla Presidenza della Commissione Europea:
un tentativo moderno, aperto e neosocialista per indicare
un percorso che faccia vivere anche in Italia un’opzione di critica 
all’austerità credibile, forte e unitario …. Quindi chiediamo,
con ogni forza UNA SOLA LISTA della sinistra, precondizione necessaria, 
anche se non sufficiente, perché questo tentativo abbia una qualche
possibilità di successo”.
Bene. Eppure è giusto chiedersi: 1. l’unità della sinistra è un compito da riservare  
solo al voto, anche nel senso di desiderio, di “elettrici e elettori”? 
2. se “una sola lista della sinistra” è “precondizione necessaria”, 
quali potrebbero essere le condizioni di base perché “un tentativo 
moderno, aperto e neosocialista” possa nascere, svilupparsi, durare, 
e incidere nel profondo? Ecco qualche riflessione.
Negli ultimi vent’anni, in Italia e anche in Europa, insieme alla riduzione progressiva 
del numero dei votanti (da ultimo il dato delle elezioni in Sardegna) si è andata 
consolidando, a destra, senza una netta, purtroppo, opposizione della sinistra, 
un’idea molto semplificata della democrazia, ancora forte e attiva nel nostro 
Paese, tutta fondata sul rapporto diretto tra il popolo degli elettori e il leader, 
rapporto attraverso il quale è stato più agevole alimentare quella 
lotta di classe dall’alto verso il basso”. Ma la sinistra non ha avuto, 
e pare non abbia, se ancora non riesce, muta, a organizzare forti proteste in ogni 
piazza d’Italia, il coraggio di difendere sino in fondo la sola idea giusta –una legge 
elettorale proporzionale senza premio di maggioranza-  per dare una possibilità 
di ripartenza a una nuova democrazia dal basso (“sono buoni i sistemi elettorali 
che danno potere agli elettori, non quelli che aumentano il potere dei partiti e, 
peggio, quelli di alcuni, pochi, capi di partitoG. Pasquino). 
Così, quando ieri, a Firenze, in una Casa del Popolo, memoria del Mutuo Soccorso
Argiris Panagopoulos, giornalista de “Il Manifesto”, dirigente di Syriza 
e promotore della Lista Tsipras in Italia, ha con forza rivendicato 
l’impegno di Syriza, una volta vinte le elezioni pur con il vigente sistema elettorale 
maggioritario, a dare alla Grecia di nuovo una legge elettorale proporzionale,
s’è subito avvertito il cambio di visione politica: se alla democrazia semplificata 
basta comunicare, magari affabulando, dall’alto, il da farsi per chieder/avere 
il consenso degli “elettori”, alla democrazia reale e partecipata è necessaria 
la comunicazione dal basso, tra persone alla pari, per dar voce ai bisogni 
scegliendo la propria rappresentanza. 
Dunque, perché “un tentativo moderno, aperto e neosocialista” possa nascere, 
svilupparsi, durare, e incidere nel profondo non è sufficiente 
la “sovranità elettorale”; la lista unica è, appunto, solo una “precondizione”. 
Serve altro. Serve un partito/comunità, un partito/convivio, un partito/essere 
insieme, un  partito/solidarietà, un partito/mutuosoccorso, un luogo reale”, 
fisico, dove regole nuove e trasparenti rendono possibile una relazione “alla pari
tra le persone, dove la dirigenza sia scelta anche per “sorteggio”, dove uomini 
e donne, in spirito di servizio, siedono in pari numero” nei posti di guida, dove 
non si elegga a “capo” un “singolo”, spesso un maschio, ma una “coppia”, 
un uomo e una donna (si tratta di passare dal monocratismo di sempre 
al “governo duale”, al bicratismo, del futuro), dove il finanziamento sia, 
da una parte, pubblico (la responsabilità, anche economica, della continuità 
democratica è un bene/dovere del Paese), dall’altra, privato, ma possibile 
solo a iscritte e iscritti. Un partito/servizio per il bene comune, intento a svolgere 
tutto un lavoro di studio/proposte, a partire dal proprio territorio/paese/quartiere, 
non solo, ad esempio, per chiedere la riparazione delle buche nell'asfalto 
delle strade, ma soprattutto per chiedere la riparazione delle buche 
nella sofferenza del tessuto sociale, un lavoro profondo per coniugare la libertà 
con la giustizia, e per ricominciare a parlare di libertà dalla miseria, dall'ignoranza, 
dalla precarietà, dalla subalternità.  Un partito/comunicazione  non più 
preoccupato di organizzare/dimostrare la sua forza con “una” manifestazione 
politica, chiusa, in un unico “luogo di raccolta”, sempre centrale, ma disponibile 
a organizzare “tante” manifestazioni, aperte, in ogni “luogo vissuto” 
di lavoro politico, e in contemporanea, e su un tema comune, perché la Politica 
torni a parlare, non solo in TV e da Roma, ma nei mille luoghi del suo esercizio 
reale, nei mille luoghi, cioè, dei gruppi/comunità/circoli dove dibattito politico 
e azione amministrativa si incontrano e si fondono. E magari aprire una discussione 
ampia sulla "cultura del limite", chiedendo, ad esempio, per una giusta 
distribuzione della risorse, di definire un limite alla ricchezza, e un limite 
alla povertà.
Se la sinistra unita, oltre la lista, non avrà regole di democrazia, trasparenti 
e controllabili,  se non avrà un luogo di condivisione delle idee, 
se non sperimenterà, anche dopo aver usato la rete, l’ardire del comprendersi 
guardandosi negli occhi, non potrà mai essere in grado di estendere la democrazia 
e di costruire, oltre la sovranità elettorale, la “sovranità conviviale”.
Altrimenti sarà sempre un giocare una “partita“, con un tifo unto di interessi 
d’egoismo. 
O no?
Severo Laleo


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