La scrivania ha ormai più due secoli. Appare
solida.
Nel dopoguerra ha subìto un importante
intervento
di restauro. Quasi una nuova costituzione.
Anche se purtroppo i tarli, nel profondo
della struttura,
continuano a divorare il legno massello di
sostegno.
E nell’oscurità.
In tanti anni la nonna ha riempito il piano
della scrivania
di libri e fascicoli di studio. E di mille sparsi
appunti,
per discorsi e riflessioni, e per memoria. Completamente.
Ma lento e continuo, con ripensamenti e
andirivieni,
è proceduto il ricambio di libri e fascicoli.
E a peso costante la scrivania ha resistito.
Nonna e scrivania insieme hanno disegnato la sede
degli studi e della meditazione, della
ricerca e del dubbio,
dell’ascolto e del dialogo, della discussione
e della decisione, dell’accordo e del
conflitto.
In responsabilità. Senza applausi e spesso in
solitudine.
Per il bene di tutti.
Eppure i nipoti di casa non tollerano la vecchia
scrivania,
piena e polverosa. E non vogliono sedere a
studiare.
Non serve. Una poltrona, una sedia, un
tavolo bastano
per un Apple. E per googlare. E basta un tweet per
comunicare,
e per dire un sì alle decisioni. Con
l’applauso o il fastidio
di tanti. Meditare, dialogare, tallonare il
dubbio
è perdere tempo. Esprimere solidarietà non
dà profitto,
provare empatia è un lusso. Anzi, in quanto sentimenti residui
di un tempo passato, bloccano l’azione.
Mentre agire è tutto. Avanti. Spavaldi, incuranti.
Intanto per la fretta di tutto movimentare
e trasformare,
per l’ansia di cambiare, i fascicoli, cartacei,
tuttora vivi e vegeti, si accumulano, abbondanti
e pesanti,
giorno dopo giorno, e, là buttati con rumore, giacciono,
senza
soluzione, senza possibilità di ricambio,
sulla vecchia
scrivania tarlata.
Così il peso incontrollato e in continua
rivoluzione dei fascicoli,
tutti aperti e confusi, abbandonati e
ripresi,
preme senza sosta e cresce; mentre i tarli, antichi e
nascosti,
con avida violenza, ampliano gallerie e minano la
stabilità,
con il rischio sicuro di rovina.
Forse per evitare il crollo è tempo di
sentire la nonna.
I nipoti, si sa, non battono il tempo sapiente della cura.
O no?
Severo Laleo
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