Grazie all’originale e sempre interessante rassegna stampa
“Cogito,
ergo sum - idee e riflessioni contemporanee” a cura
della Fondazione Roberto Franceschi,
ogni domenica
si ha la possibilità di leggere su svariati campi
del nostro vivere quotidiano più articoli utili a
tener vivo
il pensiero e libera l’azione.
Questa volta attira l’attenzione un intervento in
campo politico
di Luciano
Gallino “Uno Tsipras per l’Italia”
uscito il 16 scorso
su “la Repubblica”.
Scrive Gallino:
“Tra coloro che hanno partecipato alle
dimostrazioni
per
lo sciopero di venerdì 12 dicembre si contano forse numerosi elettori
potenziali per lo sviluppo di una nuova ampia formazione politica,
in
grado di opporsi alle catastrofiche politiche di austerità imposte
da
Bruxelles e supinamente applicate dal nostro governo. Non si tratta
di
fare un esercizio astratto sul futuro del nostro sistema politico.
Se
una simile forza di opposizione non si sviluppa, quello che ci attende
è un
ulteriore degrado dell’economia e del tessuto sociale, seguito da rivolte
popolari dagli esiti imprevedibili. Il governo è seduto su un vulcano,
e
intanto gioca a far “riforme” che peggiorano la situazione”.
E, per la realizzazione di un fronte di
opposizione severa
e convincente all’ottusa austerità dell’Europa,
invita
a osservare/seguire i movimenti di
opposizione politica
nati, e cresciuti rapidamente, sia pure con
modalità differenti,
in Grecia e in Spagna, Syriza e Podemos,
i cui programmi
“appaiono
essere più solidamente social-democratici, concreti
e adeguati alla situazione
attuale della Ue e alle sue cause di quanto
qualsiasi altro partito europeo
abbia finora saputo esprimere”.
E si chiede: “Al lume delle esperienze di Syriza
e Podemos, come
si
presenta la situazione italiana? Sulle prime si potrebbe pensare
che
quanto rimane di Sel, di Rifondazione, dei Comunisti Italiani,
insieme con
qualche transfuga del Pd, potrebbe dar origine a una coalizione
simile a quella
di Syriza. Purtroppo la storia della nostra sinistra è costellata
da
una tal dose di litigiosità, e da un inesausto desiderio di procedere
comunque
a una scissione anche quando si è rimasti in quattro,
da
non fare bene sperare sul vigore e la durata della nuova formazione.
Si
può solo sperare che la drammaticità della situazione spinga in futuro
a
comportamenti meno miopi, ma per farlo bisogna davvero credere
nell’impossibile”. E, alquanto scettico, quasi riducendo il
discorso
a una questione di leader, conclude: “In ogni caso
non
si vede, al momento, da dove potrebbe arrivare la figura di un leader
simile a Tsipras o a Turrión, colto, agguerrito sui temi europei, capace
di
farsi capire e convincere, esponendo al pubblico in modo accessibile
dei
temi complessi”.
Indubbiamente il “leader” (sia singolo/monocratico
sia duale,
in coppia, un uomo e una donna -è solo un
auspicio per il futuro!-)
ha sempre una sua funzione da svolgere, anche
di facilitatore
di comprensione di “temi complessi”, ma per un’opposizione intransigente,
e nuova, e di
sinistra, e socialdemocratica, non può essere
più l’abile “comunicatore/decisore” da spendere nel mercato
del voto per
conquistare/rastrellare consensi grazie soprattutto
ai “suoi”, del leader, modi/carattere/linguaggio/cultura.
Un leader
carismatico non è bastante, per opporsi, a dovere,
al fine di un cambiamento di regole e
azioni in Europa,
senza il coinvolgimento diretto e partecipe
e sofferente
di una comunità viva di “persone alla pari” in empatia.
Al contrario, il leader carismatico è solo l’ultima opportunità
per il neoriformismo di restaurazione di imporre dall’alto,
a scapito del dibattito democratico
diffuso, le sue scelte
contro i diritti delle persone.
Se una speranza s’apre per un’opposizione forte,
capace
di indicare le vie per il miglioramento
delle condizioni
economiche di tutti, definendo i limiti per
una sostenibile diseguaglianza,
non è per l’apparizione di un leader,
ma è grazie alla diffusione, nella Grecia
della crisi
e della miseria, di nuove comunità di solidarietà;
ed è grazie alla diffusione, nella Spagna
degli indignados,
dei circoli di Podemos dove si sperimenta dal vivo
la pratica del protagonismo popolare, in contrasto netto
con altri luoghi della politica italiana dove
prevale
il continuo scontro tra rari elettori al
seguito di un “capo”.
Gli indignados
e i syriziani non sono dei “seguaci”
di un leader, sono persone autoliberatesi, per la durezza della crisi,
dai giochi della “casta politica” e hanno voglia e forza,
con una partecipazione in
piena trasparenza, di trasformare la semplice
sovranità elettorale di un voto rituale per un leader,
(un voto spesso non “uguale”: la corsa infatti verso sistemi elettorali
extramaggioritari
per la riduzione degli spazi della democrazia
è il progetto più pericoloso del neoriformismo di restaurazione),
in una più radicata, paritaria, senza
condizionamenti economici,
sovranità conviviale. Che è la vera modalità
della democrazia.
Ora anche in Italia, leader o non leader, per
fortuna sono tantissime
le persone autoliberatesi, sia “tra coloro che hanno partecipato
alle dimostrazioni per lo sciopero di
venerdì 12 dicembre” sia tra
coloro
che non hanno partecipato al voto in Emilia
e Calabria, e hanno tanta
voglia di fare democrazia, cioè di esercitare, insieme,
“ la capacità di decidere tra tutti ciò che
é di tutti”.
O no?
Severo Laleo
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