E’ più profondo il dolore, più penetrante la commozione,
quando una persona, Jo Cox,
di grande apertura e solidarietà, con parole e opere,
nei confronti dei diseredati della terra,
scompare per la violenza di qualche squilibrato sì,
ma ben allevato dalla nostra indifferenza
comoda e dalla nostra incapacità di sradicare,
con gli strumenti della cultura e della legge,
ogni idea/professione, quasi sempre, bisogna dire,
di timbro/origine maschile, di eliminazione dell’altra/o.
E se si guarda l’immagine di Jo, i suoi occhi dolci, il suo sorriso
sereno e accogliente, cresce la rabbia per l’impotenza
della nostra civiltà nei confronti della perversione dell’odio.
Ha dichiarato Brendan Cox, marito di Jo Cox:
"Una donna che credeva in un mondo migliore e che lottava
a questo scopo ogni giorno della sua vita con energia
e una grinta per la vita che sfiancherebbero la maggior
parte delle persone". E aggiunge: "Ora è il tempo di lottare
contro l'odio che l'ha uccisa. L'odio non ha credo, razza
o religione. L'odio è velenoso".
A questa strategia di lotta all’odio la società civile
e il potere politico hanno da dedicare
tempo, persone e risorse. E’ un dovere della civiltà.
O no?
Severo Laleo
P.S. Trovo sul sito di Azione nonviolenta questo intervento di Jo Cox:
è un’idea forte di una strategia contro l’odio.
Basta armi all’Arabia Saudita, basta massacri di bambini yemeniti. L’ultimo articolo di Jo Cox