giovedì 10 aprile 2025

Ma è la violenza/guerra un'eterna condanna?

 Caro Scapece,

hai letto su Domani di Sabato, 5 Aprile, il bell'articolo di Raffaele Simone, come al solito chiaro e stimolante, dal titolo "Cercare le origini della conflittualità. Soltanto così capiremo questo tempo"? Se sì, perché non me ne hai parlato subito? Tu sai quanto sia sentito il mio interesse a capire "le origini della conflittualità", e quindi della guerra! Vabbè, ti perdono, ma ti infliggerò, a mo' di penitenza, questa mia rapida lettura/riflessione.

Sai, nel suo articolo, Simone, dopo aver sottolineato la diffusione, in questi tempi di "riarmo", di una "mentalità guerriera", e cita a proposito il "rozzo" Hegseth, analizza due "importanti" libri, "animati da un esplicito spirito hobbesiano [<Homo homini lupus>]". Per dirti in breve, la tesi di fondo del libro di Gianluca Sadun Bordoni, "La guerra e la natura umana", è che la guerra "è comunque sempre con noi" e che la pace è "un'invenzione moderna"; e anche per Alfio Mastropaolo, autore del libro "Fare la guerra con altri mezzi", un'analisi "serrata" e "fittissima -scrive sempre Simone- di riferimenti storici e dottrinali", la guerra, alla fin fine, si conferma "permanente".

Come vedi, caro Scapece, mi tocca per forza aggiungere questi altri due libri all'elenco dei libri da leggere, sia perché è giusto capire meglio le ragioni delle tesi dei due autori, sia per controllare se è stata presa in considerazione l'idea (se può esistere) che la guerra in realtà sia un'invenzione culturale solo maschile (non dirmi niente, tanto conosci la mia fissazione!).

Ebbene, chiusa l'analisi dei libri, Simone osserva la presenza, accanto alle guerre "in grande", delle guerre "in piccolo", quelle tra "persone e gruppi: baby gang, coltelli o armi in tasca, challenge e provocazioni, giochi pericolosi, stupri di gruppo, bravate criminali... Se le guerre in grande derivano dallo scontro dei macrosistemi analizzati da Mastropaolo, quelle in piccolo crescono e si nutrono nel malsano brodo di violenza creato dalla fusione del mondo mediatico col mondo reale". Simone, continuando nella sua osservazione, conferma (e sottolinea?) l'esistenza di una "maschiosfera" in quel mondo culturale di "guerra permanente"; e alla fine s'interroga: "Come non sospettare che le guerre in grande siano la versione ingigantita e mortifera di quelle in piccolo loro base comune sia la propensione umana alla violenza?"
Il sospetto è condivisibile, anche se forse è possibile sostituire l'aggettivo "umana" , accanto a "propensione", con l'aggettivo "maschile".
O no?
Stammi bene Scapece, e sempre buone cose,
il tuo Severo.

1 commento:

  1. Condivido l'inevitabile richiamo alla guerra come una costante della storia e dell'istinto prevaricatore che conosce fasi alterne, ma è costantemente in agguato. Opportuna la correzione di "umana" con "maschile", dovuta al potere esercitato da tempi immemorabili da uomini, fino ai nostri giorni.
    Corretta l'interpretazione della guerra riferita alla molteplicità di comportamenti che investono il quotidiano incontrarsi/scontrarsi tra persone, e ciò porta all'inevitabile chiusura del sillogismo: se tali sono le premesse, la conclusione non può che essere contrasti, discordie, guerre tra gruppi, nazioni, coalizioni. Quali i possibili correttivi: provare a ricondurre la persona e le comunità a propositi di tolleranza, confronto,
    ricerca di ragionevoli compromessi. Di rispetto per gli altri; ancora meglio se il rispetto si colora di amore.

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