martedì 12 aprile 2011

Nove Aprile: ma siete sicure/i? Il posto fisso?


Care/i precarie/i,
il Nove Aprile ha chiuso un’epoca. E ha chiarito un equivoco.
Le piazze colorate e festose hanno gridato:
precario è bello, è giovane, è interessante, è vario, è moderno!
E ha svelato finalmente l’invidia dei genitori nei confronti dei figli,
dei genitori imbalsamati contro figli giramondo,
dei genitori monogami contro figli a legami deboli,
dei genitori fissi contro figli flessibili,
dei genitori senza “vita” contro figli pieni di “vita”.
Non ne posso più. Ho bisogno di aprirmi, di raccontare,
dall’alto del mio posto fisso.
Il peso mi opprime. E’ tempo di liberarsi.
Sì, sono un “privilegiato”, e me ne vergogno.
Non ho idea dell’essere precario. Con gran mio dispiacere.
Non posso comprendere a pieno il vostro “disagio”.
Ora esploso improvviso, per chiedere il posto fisso!
Appartengo a un altro mondo, io:
al mondo dei “privilegi” del posto fisso,
un vecchio mondo ammuffito, senza aria di montagna,
miope, privo di Ryanair, in timido balbettio con Facebook,
che non ha goduto della modernità della viva flessibilità,
che non ha goduto della disponibilità fresca a cambiare,
che non ha goduto della prestazione gratuita,
senza i limiti frenanti di un diritto improduttivo.
La mia vita è stata chiusa da troppi privilegi,
nascosti dappertutto,
nella polvere delle graduatorie di una burocrazia lenta,
stupida e guercia, e imbrogliona,
nelle spire di un assistenzialismo irrespirabile di Stato,
nelle leggi irrispettose di vincoli di bilancio,
nelle lotte delle variabili indipendenti del sindacato,
nelle tutele a senso unico del sindacalismo prepotente,
nelle norme pensionistiche ad personam,
nell’abbraccio a morsa della folla dei fannulloni;
a ventidue anni, bloccato a vita da un contratto a tempo indeterminato,
con un progetto di vita senza speranze del nuovo,
a venticinque, sveglio di notte con moglie al pianto di un bimbo,
a ventisette, con mutuo infinito per una villa a schiera,
tra amici per caso, fuori città,
a trenta, con aumento di stipendio per carriera senza stimoli d’esami,
a trentacinque, dirigente per concorso riservato, aumm aumm,
e a sessant’anni, colpa i quaranta di servizio,
buttato via in pensione, al 70%, abbandonato per strada all’inutilità.
Una vita da posto fisso, una vita in un binario, una vita da garantito.
Viva il precariato!
O no?
Severo Laleo

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