venerdì 26 ottobre 2012

C’è un giudice a … L’Aquila




E’ davvero insopportabile, e insieme avvilente, assistere, in silenzio,
noi comuni cittadini, e persone di buon senso, d’Abruzzo e non,
alle grida, sorprese e sdegnose, di tanti, troppi, intellettuali,
anche di fama mediatica, contro la sentenza di condanna dei membri,
scienziati ed esperti, della Commissione Grandi Rischi,
e insopportabile appare, e incomprensibile, e priva di meritoria protesta,
anche la scelta delle dimissioni, per solidarietà con i condannati,
da parte dell’attuale Commissione G.R., dimissioni, per ora,
non accolte dal Governo, che, a sua volta, italianamente,
per il tramite del Ministro Clini, altro esperto e “tecnico”, ha espresso,
senza motivo documentabile, “solidarietà alla comunità scientifica”.

Solidarietà perché? Solidarietà di che?

Tutti sappiamo che la Scienza in sé non è in discussione.
Solo i nostri offesi e permalosi intellettuali di grido continuano a costruirsi
un falso bersaglio per colpire il mestiere, questo sì onesto, e responsabile,
di un giudice solo. Nessuno in Italia crede, e può mai credere,
che il giudice Billi abbia voluto condannare la Scienza, Galileo,
perché tutti sappiamo che a essere condannati sono solo i Galileo,
se lecito è il paragone per l’occasione, con sedia nella Commissione G.R.
Ma, si sa, grazie agli astuti deputati della destra berlusconiana,
siamo il paese della “nipote di Mubarack”. E continuiamo ad esserlo,
se, per  seguire gli astuti intellettuali di casta, crediamo ancora
all’invenzione comoda della condanna della Scienza e di Galileo.

Sembra impossibile, ma siamo costretti, noi cittadini, a ripetere,
a intellettuali accomodanti e a un Ministro distratto, che a meritare
la solidarietà non è la comunità scientifica, ma la comunità aquilana.
Sembra impossibile, ma siamo costretti, noi cittadini, a ripetere,
a intellettuali accomodanti e a un Ministro distratto, che non è la “Scienza
a subire una severa condanna, ma il comportamento
di “coscienza” degli scienziati, così proni e disponibili a rafforzare,
pur da un alto pulpito, la logica tutta italiana dell’”accomodamento”, 
a scapito di quella imperativa ”serietà” che è sempre consapevole 
delle proprie responsabilità. 

Se corretta è l’interpretazione delle intercettazioni, la scienza, invece,
quella piccola, piccola  della Commissione Grande Rischi, ubbidisce, 
servile, alla richiesta, sollecitata da un meschino, e onnipotente,
e malato potere politico, di rinunciare proprio al suo dovere/mestiere
di Scienza, e così risponde: “Non ti preoccupare sai che il nostro
è un atteggiamento estremamente collaborativo. Facciamo 
un comunicato stampa che prima sottoponiamo alla tua attenzione”. 
Qual è la natura di una scienza "estremamente collaborativa"?
Qual è la natura di una scienza che si sottopone all'attenzione di un governo?
In altre parole, dopo quello frastornato di Schettino, un altro “Vabbuò, ja”,
questa volta lucido e complice della scienza della CGR.
Così è (era) abituata a navigare l’Italia dei sotto…boschi.

Il Giudice Billi, da solo, semplicemente, chiama i "potenti", e i decisori,
di turno, scienziati e responsabili di un pubblico servizio, al dovere morale
e politico dell'attenzione, vigile, corretta, e responsabile, verso le persone.
Sempre e comunque, senza genuflessa disponibilità verso i potenti.
A subire una severa condanna, si spera definitiva, è, quindi,
il nostro pressappochismo, la nostra sciatteria, la nostra approssimazione,
la nostra imprecisione, il nostro facile annuire al cenno di un capo,
la nostra incapacità, pigra ed egoistica, di spenderci per il bene pubblico,
e di usare, con intransigenza, direi gobettiana, l’“onestà” della ragione.

Ma, forse, anche a L’Aquila, finalmente, s’è trovato un giudice.
O no?
Severo Laleo


lunedì 22 ottobre 2012

A L’Aquila nasce un Paese nuovo




Con la condanna della Commissione Grandi Rischi (attenzione non parlo
della condanna delle persone, ognuna rispettabile e in buona fede,
almeno così voglio credere), in Italia ha luogo un importante cambiamento,
significativo, per il comune sentire, e quasi disegna un civile spartiacque.
Un cambiamento, si spera, fecondo di nuovi comportamenti di etica sociale,
soprattutto nelle nuove generazioni, le quali, nel loro agire pubblico,
non potranno più dimenticare, domani, il dolore della gente d’Abruzzo.
E giunge severa la condanna, e carica di senso, e di speranza,
proprio in un momento, così deflagrante, di degrado generale della vita pubblica,
esito di un decennio e più di “distrazioni” diffuse in ogni campo d’azione,
specie per il “fare”, allegro, delle classi dirigenti al potere, spesso inette.
Unfit, comunque.

La sentenza del Giudice Unico Marco Billi, con il suo rigore nell'analisi
della sequenza dei fatti, con la sua determinazione “nel capire i fatti”,
condanna, insieme alla colpevole faciloneria, anche, ad esempio,
l’incapacità di un Governo, sebbene tecnico e nato persino con l'ambizione
(esagerata) di modificare la "mentalitàdegli italiani, di varare una legge 
anti-corruzione moderna, efficace, giusta, in sé dissuasiva di reati, 
solo perché ancora schiavo dell'arte nostra di "arrangiare" accordi al ribasso, 
per non urtare questa o l’altra sensibilità (si fa per dire!) di una già sfiduciata 
classe politica, confermando, così, ancora una volta, la logica tutta italiana 
dell’”accomodamento”, sempre a scapito della ”serietà” consapevole 
delle proprie responsabilità. Laddove il Governo dei Professori ha fallito, 
e ancora fallisce sulla legge anticorruzione,
un Giudice, da solo, è riuscito a richiamare, all'obbligo morale dell'attenzione 
verso le persone, i "potenti", i decisori, di turno.

A L’Aquila muore il nostro pressappochismo, la nostra sciatteria, 
la nostra approssimazione, la nostra imprecisione, la nostra incapacità 
pigra ed egoistica di spenderci per il bene pubblico, e di usare, 
con intransigenza,  l’“onestà” della ragione
(mentre più attenti e generosi diventiamo quando si toccano i sentimenti).
Forse la civilizzazione del nostro Paese partirà da L’Aquila.
O no?
Severo Laleo





Mi manca tanto Berlinguer




La tenacia, nel procedere “inesorabilmente” per il trionfo della verità,
virtù di Davide Serra, amico di Renzi, anch’egli con un tirocinio da scout,
che non paga, legittimamente, le tasse in Italia,
ma che in Italia interviene a discutere, legittimamente, di politica,
(non siamo forse cittadini del mondo!),
e “l’ambizione di non porsi limiti”, virtù di Renzi sine qua non
si diventa suo sostenitore/collaboratore, esprimono le nuove doti operative 
(forse sono virtù di scout), per l’affermazione del ,
nella finanza e nella politica. E marcano le nuove sfide per il futuro.
Soprattutto dei giovani. Ma per aver contezza di queste nuove doti,
leggiamo le parole di Serra della sua Lettera a Bersani,
e ascoltiamo la sua retorica, con un occhio al suo bersaglio
e un orecchio alla storia: “Essere stato definito “bandito” da lei mi offende
personalmente, offende la mia famiglia e i miei figli, e delegittima il lavoro pulito
e trasparente che ho portato avanti in 20 anni di attività. Vede caro Onorevole,
mi sono laureato molto presto e, come tanti italiani, ho molto lavorato,
termine non notissimo ai tanti che parlano, per arrivare, poco o tanto,
dove sono arrivato … Vede Onorevole Bersani, tutto quello che faccio lo faccio
(voce del verbo fare e non parlare) con l’obbiettivo di migliorare il mio Paese
di nascita, ma gli attacchi subiti, sul niente, da lei e dai suoi accoliti
che fingono di avercela con me, ma di fatto vogliono delegittimare Matteo Renzi,
mi danno la conferma che il lavoro da fare è lungo e duro. Ma non bisogna mollare
Non scendo nei particolari delle nefandezze e delle offese che mi ha rivolto,
a questo ci penseranno i miei legali italiani e inglesi che chiameranno i giudici
a decidere sulle sue parole. Mi dicono che in Italia lei è … immune!!!
ma prima o poi non lo sarà più e io procederò inesorabilmente,
ho molto tempo e voglio che la verità venga ristabilita”.
Indubbiamente Serra ha la tenacia limpida di un uomo del fare.
E uomo del fare è anche Renzi con la sua “ambizione di non porsi limiti”.
Leggiamo le sue parole a conclusione del Capitole 12 delle “Idee
Ciò che importa fin d'ora è che tutti quelli che contribuiranno a questo percorso 
condividano l’ambizione di non porsi limiti”. 
E' solo una briciola del nuovo all'orizzonte, e sembra significativa.
Mi manca tanto Berlinguer.
O no?
Severo Laleo



domenica 21 ottobre 2012

Il “criterio certo” di Goffredo Bettini: un’apertura alla mitezza




Trovo in rete, e voglio qui riportare, perché sono condivisibili,
delle parole di Goffredo Bettini, a proposito di lotta politica.
Il riferimento è questa volta alle primarie del PD.
Ma il discorso è estensibile alla politica tutta.
Indicano, a mio avviso, le sue parole, una modalità di discutere
e di decidere corretta e, insieme, aperta, all’interno di un Partito,
e individuano, anche nel più duro degli scontri sulle idee,
un limite preciso nel rispetto della persona, anche attraverso il linguaggio.
Sebbene qualche puntura, indiretta, sfugga persino al nostro.
Scrive Bettini, a proposito, è chiaro, di rottamazione:
''Nessuno ha il diritto di tagliare, con la lama delle sue ambizioni 
personali e di potere, la testa di chi, nel bene e nel male, 
rappresenta un patrimonio e una ricchezza di un'intera comunità''.
Le teste di riferimento, in questo caso, sono di Veltroni e D’Alema.
E , ispirandosi a "un criterio certo", suggerisce, per le candidature:
tutti i segretari dei due partiti che hanno nelle loro successive
modificazioni dato vita al Pd, e solo loro, siano presenti in Parlamento.
Sono gli indiscutibili protagonisti di una vicenda non priva di ombre
e di errori che tuttavia ci ha portato fin qui: a essere il perno 
fondamentale per un difficile ma urgente riscatto della Repubblica”.
Al di là delle persone in discussione, e senza entrare nel merito,
la proposta in sé apre a un ragionamento mite, capace di spezzare
la violenza della lotta politica ad personam, in quanto determina
i confini oltre i quali, una volta concordati, non è ad alcuno lecito andare.
E la proposta, con il suo metodo di individuare un “criterio certo”,
supera anche le buone intenzioni delle regole statutarie esistenti,
spesso derogabili ad libitum, e quindi senza “limiti” certi.
E, quindi, irrispettose nei confronti degli innovatori.
Esiste un ''disagio'' - continua Bettini - derivante  ''dalla sensazione
che nel modo villano, propagandistico, strumentale
con il quale si sta ponendo la sacrosanta, e purtroppo non compresa 
in tempo, esigenza di rinnovamento delle persone e delle forme 
della rappresentanza politica e dei partiti anche di sinistra, 
ci sia in realtà il disprezzo della storia e delle radici di un'intera 
comunità. La comunità democratica e di sinistra.
E, invece, proprio quando si tenta un salto sostanziale 
verso il cambiamento, si devono riconoscere i percorsi 
che ti hanno permesso di arrivare sul ciglio delle nuove sfide''.
E’ indubbiamente il tentativo corretto di trovare una misura.
La ricerca del “criterio certo” e l’idea del rinnovamento, nel rispetto
delle persone, sono la dimensione fondamentale della democrazia moderna,
e della sua essenziale caratterizzazione: la trasparenza assoluta.
E’ attuale un esempio in tema di certezza del criterio.
Il ministro Ornaghi nomina Melandri Presidente del MAXXI.
E’ nel suo potere, così stabilisce la legge.
Eppure suscita una marea di critiche. Ma il problema non è se Melandri
il problema è l’assenza del criterio certo, l’assenza della trasparenza assoluta,
della conoscenza pubblica delle vie attraverso le quali si giunge alla decisione.
La certezza del criterio è dentro la cultura del limite, e non può non segnare
la democrazia del futuro. Ma il futuro, tranne qualche “giovane” o “comico”
o “altro” egoistico tentativo di diffondere un’ultima illusione,
non è ancora in vista. Almeno così sembra.
La pratica della democrazia, purtroppo, s’apprende per generazioni.
E senza una cultura del limite,  senza una cultura “personalista”,
senza la certezza dei criteri, è facile aprire il fuoco compiaciuto
della violenza verbale, anche solo a fini mediatici
(e poi dicono che il medium non trasforma le persone!),
con conseguenze gravi, se non altro, per i più fragili di mente.
O no?
Severo Laleo

sabato 20 ottobre 2012

Signora




Per un “plebeo” dato a un agente, un Ministro in Inghilterra
è stato costretto, in qualche modo, a rassegnare le dimissioni.
Per una reazione immediata del sentire comune.

Per un “signora” dato a una donna Prefetta da parte di un prete*
in Italia scatta l’ira di un  maschio Prefetto, il quale inveisce:
Lei ci offende. Non può chiamarci signori”.

E forse è proprio vero.
O no?
Severo Laleo
* il prete anticamorra, don Maurizio Patriciello

Plebeo




Pare che il Ministro britannico per i Rapporti con il Parlamento, A. Mitchell,
abbia dato del "plebeo" a un agente di guardia a Downing Street,
perché gli aveva impedito di accedere alla residenza del Primo Ministro.
Oggi, quel Ministro, già condannato dal sentire comune per aver offeso
un tutore dell’ordine pubblico, è stato costretto alle dimissioni.
E il Primo Ministro ha accolto immediatamente le sue dimissioni.
Ah, questi Inglesi, sempre a giocare a “gentleman”,
e puntano i piedi per un controverso “plebeo” buttato via per ira
a un solo agente, al quale pur ha presentato, accolte, il Ministro
le sue scuse?

Da noi, al contrario, se un Ministro dà del “fannullone
a tutti i dipendenti pubblici, apre un benemerito fronte di guerra,
e dimostra un coraggio da vendere contro sindacati complici;
da noi, se una Ministra dà dello “scroccone” a un’intera popolazione meridionale,
alla quale pur ha chiesto una generosità di valutazione in sede concorsuale,
sul campo diventa la paladina intrepida della nordità leghista;
da noi, se un Ministro ... lasciamo perdere, è Bossi;
da noi, se un Primo Ministro dà del “matto”, e di “affetto da turbe psichiche
a tutti i giudici, trova i suoi tanti “servi liberi”, e non solo,  pronti all’applauso.

Forse le dimissioni di Ministri, colpevoli di aver sbagliato a usare
un linguaggio non consono all'alta funzione coperta, sono una pratica d’obbligo
solo nella civile, e non più perfida, Albione.
O no?
Severo Laleo





venerdì 19 ottobre 2012

Accattonaggio a Firenze




Firenze, “piccola e povera città”, grazie a un’unanime, o quasi, mozione
del Consiglio Comunale, s’è impegnata, nelle persone del Sindaco Renzi
e della sua Giunta, a cancellare i poveri dai semafori,
a combattere, cioè, nel rispetto della legge, per il decoro della città,
per la sicurezza stradale, l’accattonaggio, sì, la richiesta di libere donazioni
(elemosina) agli incroci (crocicchi) da parte di poveri.

Perché un’operazione finanziaria di raccolta fondi, libera
e legittima per tutti, diventa insopportabile, e da vietare, nei poveri?
Perché raccogliere fondi, tramite donazioni, contribuzioni volontarie,
è “fundraising”, e chiedere contribuzione volontaria per strada 
è “accattonaggio”?
Perché chiedere finanziamenti, a porte chiuse, a ricchi sceltissimi,
è “raccolta fondi” per la campagna elettorale,
mentre raccogliere spiccioli, apertamente, a persone di passaggio,
è un “mendicare”, per giunta, molesto?

Se per un fundraiser è importante apprendere, attraverso un master,
ogni valida tecnica per gestire la migliore relazione con i donatori,
perché si nega a un accattone la possibilità di seguire un corso gratuito,
a carico del Comune, perché apprenda a gestire, senza molestia, con educazione,
e nel rispetto della sicurezza stradale, la sua relazione con i donatori di passaggio?
Perché un Paese civile, civili non rende anche i suoi poveri?

Forse perché tra ricchi e poveri esiste ancora un’insopportabile disuguaglianza.
O no?
Severo Laleo




mercoledì 17 ottobre 2012

Pacta servanda sunt…e Monti e Profumo non sono esentati



Con un “Forse c’è una spia nel palazzo, al servizio di Monti 
e del suo governo!” mi ha salutato oggi per le scale il mio pacato condomino 
del primo piano, pensionato in cravatta a milleseicento euro mensili, 
con rata del quinto, e ritenuta sindacale da sempre, per una vita d’esempio
per professionalità e cultura nella scuola italiana, un vero “maestro”.
(Un volta la scuola … ma Profumo, che ne sa questo Profumo del lavoro
e dell’impegno a scuola, che ne sa Profumo, quest’epigono gelminiano
della disgregazione per sfinimento della scuola pubblica, dell’ora di lezione:
nessun docente, domani, nella scuola così ridotta, potrà dirsi “maestro”,
nessun discente, domani,  nella scuola così ridotta, potrà dirsi “alunno”,
insieme saranno, da ora, nella scuola così ridotta, prigionieri in carcere.
Roba da tecnico senz'anima).

 “Ma ch’è successo? Perché parla così?

Lei non ci crederà, ma Monti, per la stabilità di bilancio,
per salvare l’Italia, la sua Italia, l’Italia dei suoi pari,
ha guardato, con accanimento, non so usare altra parola,
al bilancio familiare di mia figlia. Sembra una spiata.
E ha colpito in pieno, senza scampo, quasi a dispetto,
e senza rispettare i patti in vigore, già firmati.
Il Primo Ministro tecnico! Un’ipocrisia, la sua, tecnica, ma di classe.
Non riesce a guardare da un’altra parte, questo Monti.
Sempre dalla stessa parte…ah! ai miei tempi, nel ’68…
i sindacati… Signor Luigi, mi creda, Monti ha una spia nel palazzo, 
forse il signor nostro professionista, l’evasore del terzo piano, 
ci siam capiti…tra lor signori…”

Forse ha ragione il pacato, ora non più, mio condomino del primo piano.
E capisco la sua preoccupazione di padre e nonno. E di uomo di scuola,
così attento alla legalità, alla coesione sociale, alla civilizzazione.
La sua figlia, da qualche anno, per caso, con un lavoro stabile,
finalmente ha comprato la prima casa con un mutuo, e facendo i conti con rigore
(ma Monti, che ne sa Monti del rigore delle famiglie!),
avrà calcolato, per definire i limiti massimi dell’indebitamento con la banca,
anche i benefici fiscali previsti dalla legge in vigore sia per le spese
per l'intermediazione immobiliare sull'acquisto dell'abitazione principale,
sia le detrazioni degli interessi sul mutuo per la prima casa,
sia le detrazioni per le spese per l'asilo nido.
E ora Monti, senza alcun rispetto, senza un corretto interloquire, 
entra nella sua casa e le scombina i piani, punto per punto, 
stravolgendo il rigore familiare. Qualcuno in Europa gli dirà “bravo” e, 
da noi non richiesto, alla sua personale soddisfazione 
darà il nome dell’Italia, con arroganza tecnica e bonaria.

Forse, in un sussulto di umana comprensione, e di civile educazione,
a Monti pur attribuibili, il Presidente tecnico dovrebbe chiedere scusa 
alla figlia del “maestro”, e volgere sguardo e spie in altri Palazzi. 
Almeno per ritrovare un'anima.
O no?
Severo Laleo

domenica 14 ottobre 2012

“Street Control” una tecnologia d’avanguardia a metà



Firenze non è una “piccola e povera città”. E’ una città all'avanguardia.
Insieme a tante altre. Almeno per strada, dalla primavera 2012,
da quando è in funzione “Street Control”, il sistema della multa
veloce e senza tregua, a tecnologia spinta, ma avara.

La sicurezza stradale, garantire la sicurezza stradale,
è un principio di civiltà, irrinunciabile. Tutti d’accordo.
E la tecnologia, al servizio della sicurezza stradale, è un tratto
della modernità, fondamentale. Tutti d’accordo.
Ma perché la tecnologia, a servizio sì della sicurezza,
non è anche al servizio dei cittadini,
anzi, amplia soltanto la burocrazia del Comune,
il profitto delle Poste, a spesa, e a spreco di tempo, del sanzionato?

Il Vigile di una volta, stanco e accaldato nella calura fiorentina,
con la sua penna, e un moderno modulario, scriveva,
a cappello alto e svogliato sulla fronte, le sue annotazioni, e lasciava, infine,
al parabrezza dell’auto in divieto di sosta, un foglietto rosa
con tutte le indicazioni per un pagamento rapido, e senza altre spese.
Un’azione semplice, ma di pieno rispetto per tutti.
La scelta, se pagare con o senza spese accessorie,
se pagare € 39 o € 57, era lasciata al sanzionato. 

Ora con l’avanzare della tecnologia, dall’ambiente climatizzato
di un’auto della Polizia Municipale, il Vigile, non più accaldato,
scatta una foto/video e sanziona, immediatamente,
senza lasciare traccia della multa sul parabrezza,
ma inviando, con ingiusta (e illegittima?) spesa accessoria, d'obbligo,
il verbale tradizionale all’indirizzo del proprietario.

Perché il Vigile di "Street Control" non è dotato, oltre a una penna
e a un modulario, di un hardware d'avanguardia per stampare immediatamente
un foglietto rosa, a volo, per il parabrezza dell’auto in divieto di sosta,
rendendo un corretto servizio per la sicurezza stradale
e nel rispetto di ogni cittadino?

La tecnologia all’avanguardia va bene, ma se è un vantaggio per tutti.
O no?
Severo Laleo

sabato 13 ottobre 2012

E’ tempo adesso di politicamente corretto


E’ stata oggi pubblicata la Carta d’Intenti della Coalizione di Centro-Sinistra.
Un documento, per ora, solo di “intenti”, ma pur chiaro nella sua volontà
di rinnovamento della democrazia. Ecco un solo passaggio, per avere un’idea
della direzione del rinnovamento:
L'autonomia, la responsabilità e la libertà femminile sono una leva 
per la crescita e una risposta alla crisi democratica. C'è un nesso 
strettissimo tra il maschilismo e l'offesa alla dignità delle donne 
incarnati in questi anni dal berlusconismo e il degrado 
delle istituzioni democratiche. Il riconoscimento della soggettività 
femminile e l’attuazione del principio della democrazia paritaria 
sono oggi condizioni essenziali per la ricostruzione del Paese.

Eppure, uno dei candidati del Pd alle primarie, Matteo Renzi,  ha emesso già,
adesso, subito, il suo verdetto, netto, e senz’appello: “La carta di intenti
del centrosinistra è un documento molto generico e generale 
che non crea nessun tipo di problema. Poi ciascuno lo riempirà 
dei propri contenuti... Se quel documento ha un problema 
è che è fin troppo generico”.

Appare un giudizio affrettato e ingeneroso, da avversario a tutti i costi,
e soprattutto incomprensibile, specie se giunge da un candidato
che, mentre chiede alla Rete (a chiunque di noi)  di collaborare 
al “suo” programma per renderlo migliore, non riesce poi a trovare, 
in un documento così importante, del “suo” Centro-Sinistra, niente 
che possa essere ascoltato e recepito; per Renzi la Carta di Intenti è inutilizzabile, 
perché fin troppo generica,
al punto da poter essere riempita, a piacere di ognuno, anche di Renzi,
dai “propri contenuti”. E no, non è questa un’operazione
politicamente corretta, anzi, il semplice annunciarla segna il trionfo
della vecchia politica degli inganni.  
Se si ha la pazienza di confrontare il testo del candidato Renzi
a proposito di democrazia “Ritrovare la democrazia”
la differenza, in termini di chi propone un reale rinnovamento,
è significativa e notevole. Leggere per credere.

Infine, il capitolo 12  e ultimo delle “Idee” si chiude con queste parole:
Il programma di Matteo Renzi sarà presentato alla Stazione Leopolda 
di Firenze, due settimane prima del voto delle primarie. 
Ciò che importa fin d'ora è che tutti quelli che contribuiranno 
a questo percorso condividano l’ambizione di non porsi limiti. 
Come dice il saggio, anche un viaggio di mille chilometri
 inizia con un singolo passo.”
E no, “l’ambizione di non porsi limiti” stride con qualunque idea di saggezza,
ed è pericolosa, specie se è la cosa "più importante". 
E’ pur vero che “il cammino s’apre camminando”, ed è giusto che ognuno
abbia la possibilità di avviare un “suo”cammino, ma senza una meta definita,
senza un traguardo trasparente, senza la misura dei passi, 
senza il tracciato di strada, senza il senso del limite, 
si rischia di cadere nel burrone.
O no?
Severo Laleo



domenica 7 ottobre 2012

Le parole "nuove" del cambiamento: “buon numero” e “vincere”



Dichiara Renzi:
Ho messo un buon numero di donne in giunta…”.
La lungimiranza e la generosità octroyée dei nostri leader maschi
è senza pari in Europa; ed è l'offerta viva di una modernità
travolgente e “nuova”, per incentivo di rottamazione.

Aggiunge Renzi:
"c'è chi ha bisogno di dire cose di sinistra
per farsi una verginità: il punto vero è che io voglio una sinistra
che vinca. Troppo spesso, però c'è una sinistra in Parlamento
che si accontenta di partecipare. Io se voglio votare qualcuno
che vuole solo partecipare, voto De Coubertin. Io voglio vincere".
E tornano alla memoria, noi non più giovani, altre “nuove” parole:
La parola d'ordine è una sola, categorica e imperativa per tutti...
vincere”.

Forse l’Italia delle persone, degli uomini e delle donne, chiede altro.
O no?
Severo Laleo

sabato 6 ottobre 2012

Elezioni in Sicilia: la novità di una candidatura di "coppia"


La Sicilia è terra di sorprese, e spesso, in politica, di "novità",
anche se non sempre da imitare. E a volte offre situazioni strane
(qualcuno ricorderà il milazzismo), alleanze/lacerazioni, incontri/scontri,
ora tra partiti, ora all’interno dei partiti, ora tra gli elettori,
così ingarbugliati e ambigui, persino nelle primarie,
da rendere inesplicabili le interpretazioni e ardua la comprensione.
E un qualche ruolo nel confondere le acque avrà pure la mafia.
Ma questa volta, sebbene gli analisti di politica non l’abbiano ancora colta,
una "novità" dalla Sicilia giunge, assoluta, per ora, sicuramente,
e, forse, se avrà successo, potrà rivelarsi dirompente nel futuro,
perché è novità civile, moderna, imitabile, trasferibile.
Ecco la "novità". In Sicilia, grazie a un ritardo nella richiesta di residenza,
il candidato alla Presidenza della Regione, per LiberaSicilia,
non è più Claudio Fava, cofondatore di SEL, ma Giovanna Marano,
segretaria regionale della Fiom Cgil.
Un (felice) complotto dalle conseguenze imprevedibili?
In realtà, la corsa nella battaglia elettorale, nella situazione di fatto,
non è più di un uomo solo, del "leader", ma diventa la corsa di una "coppia",
di un uomo e di una donna, negazione in re del leaderismo.
Per un caso strano la Sicilia rottama l'idea della vecchia politica 
dell'"uomo solo al comando", ancora in auge presso tanti giovani.
Un colpo durissimo per la visione della mafia, senza dubbio.
E non è più, l’uomo solo, come troppo spesso accade ed è accaduto,
costretto a dimostrar facondia d’eloquio, irresistibilità di promessa,
perizia di disgregazione nel campo avverso, abilità di comando,
e soprattutto garanzia di distribuzione premiante,
ma sono, la donna e l’uomo, costretti, insieme, a ragionar di politica,
a misurar le parole, a comprendere e rispettar le differenze,
a illustrare il programma e a raccogliere bisogni,
ad agire per il bene pubblico, mitigando le spinte dell’ambizione.
La Sicilia offre l’occasione per abbattere finalmente, dopo infiniti guasti,
a volte anche a sinistra, il mito del leader solo al comando, e “salvatore”,
così diffuso, negli anni a impronta berlusconiana, anche tra i sindaci
di piccole realtà locali, e tra i clan di qualsiasi forma e qualità,
quasi un’ubriacatura generale, a marchio maschilista.
La coppia uomo/donna spezza l’illusione maschile del monocratismo
e apre al bicratismo perfetto e mite, con la parità piena nelle assemblee,
nelle giunte, nelle commissioni, in ogni sede decisionale.
Certamente non avremo ancora alla Presidenza una coppia uomo/donna,
ma il corpo elettorale, nei fatti, può sfruttare quest’occasione
per sperimentare una guida politica a due della Regione.
Il futuro della democrazia di genere è nelle mani delle siciliane
e dei siciliani. Chi vota in Sicilia non può sprecare quest’occasione.
O no?
Severo Laleo

martedì 2 ottobre 2012

La tutela dell’ambiente attraversa il bel Gargano



Sabato, 6 Ottobre, a Manfredonia, in Puglia, alle porte del bel Gargano,
una manifestazione gioiosa, di uomini e donne, tante donne,
riempirà l’Area Mercatale e Piazzale Ferri per difendere l’ambiente,
ora nel mare intorno al Parco Marino delle Tremiti,
domani in ogni parte del mondo, perché la difesa dell’ambiente
è anche la difesa della democrazia e della civiltà.
A mobilitarsi contro le piattaforme petrolifere nell’Adriatico è la Rete
di Associazioni “NO TRIV”, con un solo rammarico, di non avere tra i manifestanti
il Presidente della Regione Puglia, Vendola, impegnato a Ercolano
per il lancio della sua candidatura alle primarie di centrosinistra.
Ma in qualche modo giungerà il suo politico sostegno.
Anche il Touring ha dato la sua adesione, convinto della necessità
di dover tutelare un patrimonio prezioso, regalo della natura,
e  negare quindi il via libera al progetto per le trivellazioni,
perché “la terra e il mare, da consegnare integri alle generazioni future,
sono un bene pubblico che deve essere rispettato e  protetto, in primis dallo Stato”.
E questo è il punto: se l’ambiente è un bene pubblico, può la sua tutela
essere realizzata senza il consenso/partecipazione della popolazione?
A Manfredonia la popolazione questa partecipazione chiede e va in piazza
1. a gridare il suo diritto a dire «no» alle trivelle petrolifere nel Mare Adriatico;
2. a chiedere l’annullamento dell’autorizzazione rilasciata 
dal Ministero dell'Ambiente alla Petroceltic di avviare le prospezioni geo-sismiche 
al largo delle Isole Tremiti alla ricerca di tracce di idrocarburi. 
E soprattutto a difendere l’integrità dell’ambiente e insieme all'ambiente 
un'idea culturale di "limite" e un'idea politica di democrazia delle persone.

Severo Laleo

P.S. E’ di oggi la notizia della irregolarità dell’autorizzazione concessa dal Ministero per l’Ambiente
alla Petroceltic Italia srl per la ricerca di petrolio a largo delle Isole Tremiti e, quindi,
del suo annullamento per decisione del Tar del Lazio.

C’è fermento in SEL, e meno male



C’è fermento in Sinistra Ecologia e Libertà. E non per un’esternazione
critica di un qualche nazional dirigente nei confronti di Vendola,
ma per le voci corali di un’assemblea di persone di SeL, e non,
autoconvocate il 30 settembre a Roma dopo aver firmato il documento
dall’esplicito titolo:  “Non affoghiamo nella vecchia politica
le speranze sollevate da SEL”.

Un’assemblea non di “dissidenti”, ma di un insieme di persone
dal sentire comune nei confronti di un modo vecchio di far politica,
e dal comune sperare nella possibilità di un modo nuovo di far politica,
in controtendenza forte con quanto si agita nel resto dei partiti,
tutti ancora alla ricerca di un leader dal carisma, spesso ciarliero,
con o senza primarie. Un’assemblea di resistenti nella speranza
di trasformare il diffuso “disagio” militante in un nuovo “modo di essere
e di organizzarsi” e in “proposta” politica: una novità di questi tempi.
Non a caso le persone dell’assemblea di Roma sono spesso le persone
le quali hanno corroborato la propria passione politica nell’impegno
nell’ultima tornata referendaria e hanno condiviso, insieme all’acqua,
un paniere di “beni comuni” con al centro il bene comune “democrazia”.

A Roma si è discusso di Monti e di Monti bis, del senso della candidatura
di Vendola alle primarie, di alleanze, di alternativa, di referendum sul lavoro,
di diritti civili, di “beni comuni”, di forme della politica, con una proposta
di “procedure trasparenti sulla decisione delle candidature”.
Ma “il nodo cruciale” dell’appuntamento di Roma sembra essere il discorso
intorno alla democrazia, alle sue forme, a partire dalla forma partito,
ai suoi rapporti con la società, senza alcuna “nostalgia 
del modello tradizionale di partito gerarchico e burocratico”, 
anzi con la convinzione che “la qualità della vita democratica
e della partecipazione va ben oltre SEL”.

E a proposito di nuove regole per un nuovo modo di far politica,
nei partiti, prima, e nelle istituzioni e nella società, poi, c’è chi, in rete, propone:
l'introduzione di una legge sui partiti capace di fissare regole di vita/gestione 
democratica nel rispetto dei principi della Costituzione;
l’introduzione del bicratismo perfetto: non più, cioè, un leader monocratico, 
dal livello locale al nazionale, ma una coppia uomo/donna 
a rappresentare/coordinare il partito con funzioni temporalmente definite;
la scelta della parità perfetta di genere, non delle quote
in ogni istanza decisionale di partito, e a rappresentare il partito nelle istituzioni;
l’esclusività del finanziamento ai partiti solo da parte di “persone” iscritte;
l’opzione del sorteggio per scegliere il 50% delle persone negli organismi dirigenti 
dei partiti al fine di evitare sclerotizzazioni di corrente e per liberare energie 
senza condizionamenti di cordate;
trasparenza non discrezionale, ma assoluta, a ogni livello di presenza del partito 
con ogni utile forma, anche attraverso la rete.

Se il fermento dell’assemblea di Roma riuscirà a “rivoluzionare
il modo di far politica con la responsabile partecipazione delle persone
a ogni fase della decisione politica, forse  più chiaro apparirà l’inganno
del monocratismo dei Grillo con il “vaffa” contro tutti,
e dei Renzi con la “rottamazione” contro il “vecchio” Pd (con l’aiuto del Pdl),
e forse la “partita” tra i big sarà sospesa per un’invasione democratica del campo.
O no?
Severo Laleo