Il sintagma “gli scagnozzi di Bersani” è di
proprietà di Reggi Roberto.
Roberto Reggi, già sindaco di Piacenza, è il coordinatore
responsabile
della campagna elettorale di Matteo Renzi, attuale sindaco
di Firenze.
Ma dell'essere sindaco ha dimenticato la qualità di ascolto della realtà.
Reggi e Renzi condividono insieme una forte, e spesso odiosa, vis
polemica,
oggi a tutti chiara, soprattutto contro quanti hanno radici nella storia
del PCI
(D'Alema apre la graduatoria, segue, a breve distanza, tra gli altri, Bersani,
insieme, ora con espressa evidenza, a tutte/i i suoi sostenitori).
E, ignari o consci, continuano la battaglia liberale
(si fa per dire!),
già dei “servi liberi” di Berlusconi, contro i
“comunisti”
inesistenti.
E’ vero, in campagna elettorale i colpi, anche duri, tra
avversari,
non mancano. Servono a occupare/definire posizioni, quanto a
programmi,
a scelte di politica delle alleanze, a riferimenti
etico-culturali.
Ma il Reggi di Renzi è andato oltre, oltre i limiti, ignorando i vincoli etici
di una cultura del limite, viatico a sinistra per una civiltà personalista.
Non ha cercato, il Reggi, un
posizionamento, alla pari tra i candidati,
al contrario, con
violenza verbale, degna di altra storia e di altra memoria,
e per tutti, nel PD, comunque avvilente, ha aggredito le volontarie e i volontari
di Bersani, spesso giovanissime/i, persone, di per sé, a chiunque offrano
il proprio agire volontario, al di sopra di ogni sospetto, e da ammirare
perché con
serietà garantiscono la pratica democratica nel rispetto delle
regole.
Forse contro la violenza odiosa c’è un solo modo per tornare
alla civiltà/mitezza del confronto: diventare “scagnozzi
di Bersani”.
O no?
Severo Laleo
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