mercoledì 26 giugno 2013

Essere liberali in Italia è arduo mestiere




L'ex ministro Antonio Martino, uno dei fondatori di Forza Italia, ha così 
straparlato (e noi sottolineiamo) dopo la sentenza di condanna di S. Berlusconi:

"Così non si può più andare avanti. Non penso che serva la piazza, bisogna 
trovare un accordo politico tra le forze della maggioranza per togliere 
la licenza di uccidere a quei mascalzoni che sono diventati magistrati grazie 
a un concorso pubblico e che sono stipendiati, usando i nostri soldi, 
per fare solo i propri interessi. Ora è il momento di riformare la magistratura, 
è folle pensare ancora che i giudici possano essere autonomi".

Una dichiarazione incredibile. E strumentale anche per la sua origine, perché nasce 
da una sentenza di condanna; se la sentenza fosse stata di assoluzione, 
probabilmente Martino non avrebbe aperto bocca. Una dichiarazione ignorante, 
la sua, dei nostri principi democratici e costituzionali. E ancora arrogante, 
nella sua convinzione di poter tentare un “accordo politico” con le forze 
democratiche del centrosinistra per “togliere la licenza di uccidere 
a quei mascalzoni (il maschilismo in questi sedicenti profeti liberali è di natura!) 
che sono diventati magistrati…per fare solo i propri interessi (sic!)”.
Incredibile. Parole inutilmente offensive e senza pudore democratico.
Non sfiora per niente la mente di questo ex uomo delle istituzioni
il senso del limite. Anzi procede con la rabbia di chi è abituato
a “comandare”, anche sui giudici, e non concepisce bilanciamento dei poteri.

Per anni ho sostenuto la necessità di diffondere, anche a partire dalle aule 
scolastiche, in questo nostro paese di furbi e di furbetti, un’educazione liberale 
da radicare nel profondo. E spesso ho suggerito l’esempio di Piero Gobetti
tra i padri nobili della cultura liberale in Italia. 
Ma se Antonio Martino, già ministro degli esteri, e figlio di Gaetano, a sua volta 
già ministro degli esteri, di nome e di fatto liberale, e liberale per storia e cultura 
di famiglia, e sostenitore della rivoluzione liberale a seguito di Berlusconi, 
ha quest’idea di riforma della nostra magistratura, è facile capire perché è tanto 
arduo il compito di diffondere una cultura pienamente liberale
e perché questo nostro Paese non si è ancora liberato dal servaggio del totalitarismo. 

Forse Martino, per usare una citazione di Einaudi ripresa dal magistrato 
Armando Spataro, vorrebbe la magistratura “adorante, come ai tempi 
di Mussolini quando il regime controllava tutto e l’inaugurazione dell’anno
giudiziario avveniva a Palazzo Venezia… e i giudici facevano il saluto romano!”.

O no?
Severo Laleo


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