L'ex ministro Antonio
Martino, uno dei fondatori di Forza Italia, ha così
straparlato (e noi sottolineiamo) dopo la sentenza di
condanna di S. Berlusconi:
"Così non si può più andare avanti. Non penso
che serva la piazza, bisogna
trovare un accordo politico tra le forze
della maggioranza per togliere
la licenza di uccidere a quei mascalzoni che
sono diventati magistrati grazie
a un concorso pubblico e che sono stipendiati,
usando i nostri soldi,
per fare solo i propri interessi. Ora è il momento di
riformare la magistratura,
è folle pensare ancora che i giudici possano essere
autonomi".
Una dichiarazione incredibile. E
strumentale anche per la sua origine, perché nasce
da una sentenza di condanna;
se la sentenza fosse stata di assoluzione,
probabilmente Martino non avrebbe aperto bocca. Una dichiarazione ignorante,
la
sua, dei nostri principi democratici e costituzionali. E ancora arrogante,
nella sua convinzione di poter tentare un “accordo politico” con le
forze
democratiche del centrosinistra per “togliere la licenza di uccidere
a quei
mascalzoni (il maschilismo in questi sedicenti profeti liberali è
di natura!)
che sono diventati magistrati…per fare solo i propri interessi (sic!)”.
Incredibile. Parole inutilmente offensive e senza pudore
democratico.
Non sfiora per niente la mente di questo ex
uomo delle istituzioni
il senso
del limite. Anzi procede con la rabbia di chi è abituato
a “comandare”, anche sui giudici, e non concepisce bilanciamento dei poteri.
Per anni ho sostenuto la necessità di
diffondere, anche a partire dalle aule
scolastiche, in questo nostro paese di
furbi e di furbetti, un’educazione liberale
da radicare nel profondo. E spesso ho
suggerito l’esempio di Piero Gobetti,
tra i padri nobili della cultura liberale in Italia.
Ma se Antonio
Martino, già ministro degli esteri, e figlio di Gaetano, a sua volta
già ministro degli esteri, di nome e di fatto
liberale, e liberale per storia e cultura
di famiglia, e sostenitore della rivoluzione liberale a seguito di Berlusconi,
ha quest’idea di riforma
della nostra magistratura, è facile capire perché è tanto
arduo il compito di diffondere una cultura
pienamente liberale
e perché questo nostro Paese non si è
ancora liberato dal servaggio del totalitarismo.
Forse Martino,
per usare una citazione di Einaudi
ripresa dal magistrato
Armando Spataro,
vorrebbe la magistratura “adorante, come ai tempi
di Mussolini quando
il regime controllava tutto e l’inaugurazione dell’anno
giudiziario
avveniva a Palazzo Venezia… e i giudici facevano il saluto romano!”.
O no?
Severo Laleo
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