A leggere le chiacchiere morte del gossip
politico,
i Franceschini,
i Menichini, i Donini, e i tanti Birichini,
ora,
nel momento della più grave crisi politica
della Repubblica,
dal 1948 a oggi, una crisi partorita dal
compiacente servilismo,
maledizione di una nazione, di un’intera classe
dirigente di destra
nei confronti del suo
“leader”, carismatico sì, ma per il
suo danaro,
s’agitano alla ricerca di una strategia (si
fa per dire!) per aprire
la strada a Renzi, cioè a un altro “leader”,
carismatico sì,
ma per il suo piglio/appeal mediatico, e
continuare, così,
a tenere la politica nelle mani di un solo uomo, potente
in attrazione elettorale, abile a trasformare
le persone in carne
ed ossa, al di là di tutti i reali problemi
di vita, in semplice
e passivo “consenso elettorale”.
In questo contesto Renzi, l’uomo politico, non la persona
(per la persona esiste sempre la
possibilità di cambiamento;
anzi, per produrre il cambiamento negli
altri è bene imparare
a cambiare sé stessi insieme agli altri,
non fuori dagli altri),
è solo un ignaro epigono del berlusconismo,
nella sua versione
allegra e sorridente della “Ruota della Fortuna”.
Ma si può?
Anche Vendola,
a leggere ieri Maria Teresa Meli, ha con
Renzi
“ottimi
rapporti”. E, oggi, aggiunge: “Mi
sento vicino a Renzi”.
Embè?
Evidentemente questa classe politica,
ovunque collocata,
ancora non ha capito che non di nuovi nomi di “leader”
ha bisogno il Paese (eppure sono davanti
agli occhi
di tutti i loro disastri!), ma di una viva democrazia
di persone,
di una democrazia
tra pari, di uomini e donne, pienamente partecipata,
fondata su partiti a struttura democratica e trasparente,
per vincolo di legge, magari a vocazione referendaria,
a struttura dirigenziale
possibilmente bicratica, cioè non più con la figura
di un leader
monocratico quasi sempre maschio (l’uomo
della provvidenza capace di vincere le
elezioni, a prescindere,
raccogliendo comunque voti, è la nuova versione
del qualunquismo/populismo), ma con una coppia, un uomo
e una donna, a dirigere, in spirito di
servizio.
Utopia?
Mah!, sembra una necessità nel
processo di civilizzazione di una società.
O no?
Severo Laleo
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