venerdì 27 febbraio 2015

Hawking, l’aggressività “umana” e la fine del mondo.




In un servizio redazionale de L'Huffington Post,
dove si chiacchiera della fine del mondo o almeno della razza umana 
(sì, proprio così!), si legge: << "La distruzione del mondo? Sarà causata 
dall'aggressività umana". Ne è convinto Stephen Hawking fisico, 
matematico, cosmologo e astrofisico britannico, fra i più importanti
e conosciuti del mondo, noto soprattutto per i suoi studi sui buchi neri 
e l'origine dell'universo. Nella lunga lista delle cause che potrebbero 
portare alla morte e alla distruzione alla razza umana, infatti, Hawking
ha aggiunto quello che considera il difetto peggiore dell'uomo.
"Gli uomini continuano ad essere stupidamente aggressivi",
ha detto, "è la debolezza umana che vorrei fosse corretta.
Potrebbe avere avuto un qualche vantaggio e aver garantito
la sopravvivenza ai tempi delle caverne, quando l'uomo doveva 
procurarsi il cibo, difendere il proprio territorio, riprodursi. 
Ma ora l'aggressività rischia di distruggere tutti noi".
In particolare - sostiene Hawking - l'aggressività combinata
con le capacità nucleari potrebbe significare "la fine della civiltà,
e forse la fine della razza umana" >>.

Bene. Si fa per dire!
Stephen Hawking sarà anche, anzi è, scienziato senza pari,
ma questo suo ridurre la causa di una probabile fine/morte
della razza umana e della civiltà all’aggressività umana
non convince. Per niente.
Hawking, quando parla di aggressività umana in realtà parla
solo dell’aggressività del maschio (e il riferimento alle caverne,
ai tempi cioè della lotta tra maschi per la conquista del cibo
e della femmina, è illuminante), attribuendo al maschio
tutto l’arco/universo dell’umano. Non è così.
Forse è ora, almeno nel guardare al futuro, di considerare
non solo l’aggressività (primordiale) degli uomini,
ma anche la nonaggressività delle donne, non più semplici
prede per la riproduzione.
La civiltà pare seguire un suo percorso di cultura
dove l’aggressività naturale del maschio non potrà più
disporre a suo piacimento della presenza della donna.
Il mondo nuovo e futuro, è certo, non sarà più solo
nelle mani dell’aggressività del maschio.

O no?

Severo Laleo

lunedì 9 febbraio 2015

Panebianco, il maschio Alfa e gli scimpanzè



Scrive, senza peli sulla lingua, con la consueta chiarezza d’ambiguità, 
Angelo Panebianco sul Corriere nel suo editoriale dal titolo 
"Il carro affollato del potere":
 “Nelle tribù umane accade esattamente ciò che avviene nelle tribù
dei nostri parenti più prossimi, gli scimpanzé. Dopo che un membro
del gruppo ha sconfitto i rivali al termine di una dura lotta di potere, 
diventando il maschio alfa, o dominante, si mette subito in moto
un processo di bandwagoning : quasi tutti gli altri membri della tribù 
saltano sul carro del vincitore, corrono a rendergli omaggio. 
C’è però un’importante differenza. Fra gli umani, nel bandwagoning 
è sempre presente una dimensione comica. Perché gli umani sembrano 
obbligati a negare la vera ragione per cui saltano sul carro 
del vincitore, ossia il fatto che, come tutti, tengono famiglia. 
Sono costretti ad inventarsi i più nobili motivi, dichiararsi 
solennemente interessati solo al bene del Paese: 
non lo fo per piacer mio, eccetera.
È da quando Renzi è a capo del governo che, in parte 
per le circostanze e in parte per merito suo, della sua bravura, 
viviamo in un sistema politico praticamente senza più opposizione. 
Le più recenti ondate di bandwagoning , e quelle che seguiranno, 
rafforzano e consolidano questo nuovo carattere della politica
italiana. Ciò porta con sé, oltre ad alcuni innegabili vantaggi, 
anche dei rischi. Rischi che riguardano sia il breve che il medio 
e lungo termine. I rischi di breve termine hanno a che fare 
con le politiche del governo. Renzi ha usato Berlusconi 
finché gli è convenuto per neutralizzare gli ultraconservatori 
della sua parte politica (la Cgil, la sinistra del Pd).”

Ho paura di non aver capito. Ragioniamo insieme. Estrapoliamo
le verità di Panebianco in questo discorso.
1. La dura lotta (politica) per il potere è ancora quella
degli scimpanzé (in verità, nel valutare le umane insidie
di perfidia e violenza, gli scimpanzé potrebbero non essere d’accordo).
2. La dura lotta (politica) per il potere è comunque affare per maschi. 
Vince il maschio Alfa.
3. Agli altri maschi non resta altro se non il bandwagoning 
con conseguente servile omaggio (agli umani politici riesce benissimo, 
specie se già asserviti in altre dure lotte per il Potere).
4. Ma i maschi (politici) umani sono ipocriti, ammantano il salire 
sul carro del vincitore di grandi ideali, mentre semplicemente 
tengono famiglia” da buoni capifamiglia (maschi).
5. Renzi è un maschio Alfa, capace di usare ai suoi fini di potere
gli altri maschi (Berlusconi, il maschio per eccellenza!).
6. La “Cgil e la sinistra del Pd” sono “ultraconservatori” 
(ma se non omaggiano, anzi ostacolano, il carro del vincitore forse
sono più avanti nell’evoluzione bio-politica, perché rifiutano 
comportamenti istintuali “ultraconservatori”).

Non riesco ancora a credere al quadretto di PanebiancoRileggiamo: 
Nelle tribù umane accade esattamente ciò che avviene nelle tribù
dei nostri parenti più prossimi, gli scimpanzé. Dopo che un membro
del gruppo ha sconfitto i rivali al termine di una dura lotta di potere, 
diventando il maschio alfa, o dominante, si mette subito in moto
un processo di bandwagoning : quasi tutti gli altri membri della tribù 
saltano sul carro del vincitore, corrono a rendergli omaggio. .
Non c'è dubbio: nelle tribù umane accade esattamente 
ciò che avviene tra gli scimpanzé.
Ma allora, se l’istinto del maschio scimpanzé nella lotta dura 
del Potere è ancora vivo e vegeto con le sue devastanti 
conseguenze del bandwagoning, se Renzi e Berlusconi
ognuno a suo tempo, sono maschi Alfa, la cultura non potrebbe 
opporre, oggi, a quel selvaggio istinto bestiale la parità di genere 
nel Servizio e Cura del Potere, anche fino a superare 
la forma monocratica, derivante direttamente dagli scimpanzé,  
con una più evoluta, sul piano biologico e politico, forma duale? 
E bicratica?

Forse tutta l’impalcatura istituzionale oggi in discussione,
soprattutto con la nuova legge elettorale, apertamente giustificata
dall’idea forte e maschia di rendere subito visibile
il “vincitore” da omaggiare, s’affida al neoscimpanzismo.
O no?

Severo Laleo

domenica 8 febbraio 2015

Placido Rizzotto Rosso, Stato patriarcale e trasparenza



Non so se il Placido Rizzotto Rosso della Cantina CentoPassi,
l’anima vitivinicola” delle Cooperative Sociali di Libera Terra
-le terre libere dalle mafie-, abbia in sé anche il potere di liberare
da antichi condizionamenti culturali chi abbia la ventura
di gustare il suo bouquet, certo è che l’idea di lasciare,
senza fiato d’opposizione, la definizione di un accordo/patto
per le riforme costituzionali e la legge elettorale a un concistoro
di “patriarchi/capifamiglia”,  a me pare incredibile.
E anche troppo antico il rito, per un paese libero e moderno.

Mentre la famiglia patriarcale di un tempo, grazie al nuovo
(si fa per dire, ora son quarant’anni) diritto di famiglia,
è stata superata dalla famiglia a parità tra i coniugi,
con l’abolizione del “capofamiglia”, il nostro Stato
-ed è questione davvero di Stato quando si tratta di riforme costituzionali 
e di legge elettorale- continua a essere patriarcale
perché restringe la discussione/decisione sui nuovi assetti istituzionali 
a un numero ristrettissimo di “capifamiglia”,
i quali dopo un incontro in “profonda sintonia
danno indicazioni d’obbligo a tutti gli altri, alle donne
e agli uomini del Parlamento, senza alcuna preoccupazione/domanda 
circa il significato reale
di un tale antico modo di procedere. E c’è anche chi apre
al vincolo di mandato, per dare garanzia sicura di buon esito
a ogni tipo di Patto tra “capifamiglia”.

Sarà anche colpa del Placido Rizzotto Rosso, ma questa conduzione 
degli affari di Stato tutto appannaggio
di patriarchi, comunque vecchi, è offensiva per l’intera
nostra società, ormai moderna e pronta a gestire
il Servizio Potere in parità uomini/donne.
Ma il Patto del Nazareno per assioma è solo tra capifamiglia.
E rispetta tutto il suo retaggio culturale. Perché “costituenti
e “saggi” sono solo i “padri”.

Ormai non è più possibile affidare discussioni di portata
così generale e fondamentale a un gruppo di capifamiglia
senza parità di presenza di donne e senza streaming.
Ma qual è dunque l’idea di trasparenza in questo paese,
se anche i fautori a parole della trasparenza si chiudono
in un Patto esclusivo tra Maschi?  La ragione è nota.

Sarà pure cambiata la famiglia, sarà pure data alla donne,
sebbene solo per graziosa concessione, la possibilità
di affiancare gli uomini nelle sedi delle decisioni,
ma gli affari di Stato, soprattutto quando si toccano i cardini
del Potere, sono e restano affari per “capifamiglia”.
E i capifamiglia, si sa, se non sono in sintonia, temono
sempre una deriva autoritaria. Degli altri.
Forse in una democrazia avanzata esistono altre strade
per accordi di grande importanza.
Oltre il concistoro di capifamiglia.
O no?


Severo Laleo

domenica 1 febbraio 2015

"Trasparenza aumm aumm" e cultura




Noi italiani, si sa, abbiamo nel sangue/dna la creatività.
Abbiamo inventato perfino la 'finanza creativa',
sebbene non si siano mai calcolati i meravigliosi esiti
di tanta creatività.
Insomma quanto a creatività siamo diventati famosi
nel mondo. E invidiati. Forse.

E creativi siamo anche nel dare significato alle parole,
perché abbiamo sempre una sfumatura nascosta,
una curvatura speciale, da tirar fuori al momento opportuno,
a volte senza far rumore.
Prendiamo la parola 'trasparenza'. Dagli anni ottanta almeno
e' presente nel dibattito politico, quando ancora non era a tutti
chiara la sua portata di cambiamento. Da qualche parte nasce
anche qualche Assessorato alla 'Trasparenza', e una legge,
a livello amministrativo, pur se boicottata, comunque  riesce
a definire qualche utilissima norma.

Finalmente ai giorni nostri, grazie anche alle benemerite 
degenerazioni della casta, tutti comprendiamo il gran valore 
e il significato della 'trasparenza', almeno così pare, 
e almeno così si affannano a reclamare/praticare i nuovi adepti 
della nuova rivoluzione. Per il popolo, s'intende.
Nasce di conseguenza la richiesta/esigenza di mettere tutto online, 
soprattutto dati, e nasce anche il tentativo d'apertura a tutti
del discorso politico con la diretta streaming (quest'ultima abortita
sul nascere, grazie anche al colpo mortale del Patto del Nazareno, 
inesorabilmente a-streaming).

Infine un governo  di giovani speranze, dalle felici e grandi ambizioni,
ha scelto la trasparenza quale cifra del nuovo 'verso' di governare.
Ma qualcosa non ha funzionato per il verso giusto, se nel passaggio 
dall'impegno alla pratica il significato di 'trasparenza' ha subìto
una creativa torsione. Perché il problema del significato delle parole
non è affar linguistico, non appartiene alla declamazione,
ma è questione di cultura. E la cultura è l'interiorizzazione
del significato delle parole fino a produrre coerenza di comportamento.
In assenza di cultura, le parole si possono torcere a piacere,
ma non incidono nei comportamenti.

Il nostro governo, ad esempio, nel silenzio acquiescente 
di tutti i ministri, dimezzati ormai per rinuncia a dimissioni di dignità
non ha avuto la minima difficoltà a creare, a sentir Scapece
l'amico napoletano, la trasparenza aumm aumm, se all'insaputa 
di tutti i ministri una 'manina' ha inserito in un decreto un 'combinato
(la parola nel suo richiamar diversi significati in questo caso e' giusta)
ad personam. Sempre la stessa, e in buona compagnia bella!

Ma noi italiani bisogna esser contenti. Perché alla fine
la trasparenza ha vinto: sappiamo di chi e' la manina!

O no?
Severo Laleo