Personalmente non
ho dubbi. Almeno per polemica. Il ddl la BuonaScuola
è stato scritto da “imbroglioni”, insensibili e indifferenti, chiaramente,
per stile di scrittura e per passione etico-politica, alle “finalità” del fare scuola.
è stato scritto da “imbroglioni”, insensibili e indifferenti, chiaramente,
per stile di scrittura e per passione etico-politica, alle “finalità” del fare scuola.
Sì, “imbroglioni”, perché in realtà agli
estensori del ddl non importa
assolutamente nulla della possibilità di
civilizzazione della società attraverso
la scuola, soprattutto quale luogo dove
la modalità di sperimentare la
relazione
tra persone nei differenti ruoli sia già un esempio/modello
di civiltà, al contrario,
agli estensori del ddl importa solo
acciarpare un testo (in questo senso linguistico,
“imbroglioni”) per ubbidire a
un orientamento politico di semplificazione
e
di accentramento del processo delle decisioni, con l’esclusivo compito
di
trasformare una struttura istituzionale, oggi, nonostante ambiguità e difetti,
a
carattere partecipativo, collegiale e a corresponsabilità forte, in una
struttura,
domani, “privata”, a
carattere piramidale, secondo gerarchia, con rinforzo
premio/castigo. Estensori
“imbroglioni”, perché spacciano per
moderno e nuovo
un ritorno secco, data la centralità del dirigente scolastico, agli anni prima
del sessantotto (i nuovi governanti del settore scuola, a
partire da Gelmini,
hanno un odio iroso
per il ’68), quando era nei poteri del Preside,
attraverso le note di qualifica, da Insufficiente a Ottimo, bloccare o anticipare
gli scatti biennali di stipendio.
Eppure la ministra,
Stefania Giannini, è convinta di difendere una “riforma
culturale rivoluzionaria”», e, con
una gentilezza oltre misura, dichiara:
“quando
la riforma sarà capita fino in fondo [grazie!] da tutti, ci sarà
un'accettazione ma soprattutto una partecipazione ancora più ampia”. Mah!
Forse la Ministra confonde partecipazione con “supinazione”, dal momento
che proprio la
sua riforma cancella a scuola l’idea di comunità tra pari
in responsabile e libera
collaborazione/partecipazione, e “rafforza”, anche
tra i banchi e
nelle aule l’antico, degli italiani, per ricordare Gobetti,
“animo di schiavo”.
Estensori “imbroglioni”, perché il ddl recante
disposizioni per la Riforma
del
sistema nazionale di istruzione, e si sottolinea Riforma del sistema nazionale
di istruzione, nel suo Capo I, ha quali Finalità il nulla. E il vestito del
nulla,
integrale, è il seguente: “Art 1. (Oggetto e finalità). Il disegno di
legge intende
disciplinare l’autonomia delle istituzioni scolastiche dotando le
scuole
delle
necessarie risorse umane, materiali e finanziarie e degli strumenti
necessari a
realizzare le proprie scelte formative ed organizzative.
Le
disposizioni in oggetto sono volte a garantire la massima flessibilità,
diversificazione, efficienza ed efficacia del sistema scolastico attraverso
un uso
ottimale delle risorse e delle strutture e all’introduzione di
tecnologie
innovative in raccordo con le esigenze del territorio. A tal fine
le singole
istituzioni scolastiche definiscono il proprio fabbisogno attraverso
la predisposizione di un piano triennale dell’offerta formativa volto a
potenziare
e valorizzare le conoscenze e le competenze degli
studenti e l’apertura
della comunità scolastica al territorio.
Solo all’art. 2, il Capo Finalità trova minima la sua chiave.
E quel “disciplinare
l’autonomia” diventa un semplice rafforzamento
dell’”autonomia scolastica prevista dal regolamento di cui al decreto
del
Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275”. Un testo d’altri tempi,
dunque. E qual è il suo “rafforzamento”? Qual è, a dire con Giannini,
la rivoluzione? Semplicemente la cancellazione subdola del senso
pieno
e socialmente rilevante dell’autonomia del ’99,
soprattutto quando ribadisce
principi di cultura pedagogica. Le finalità nel testo del Regolamento
dell’Autonomia
sono chiare: “Art 1. Natura e scopi.
L'autonomia
delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà
di insegnamento e di pluralismo
culturale e si sostanzia
nella progettazione e nella realizzazione di interventi
di educazione,
formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana,
adeguati ai
diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle
caratteristiche
specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il
successo formativo,
coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del
sistema di istruzione
e con l'esigenza di migliorare l'efficacia del processo
di insegnamento
e di apprendimento... Art. 4 Autonomia didattica. Le istituzioni scolastiche,
nel rispetto della
libertà di insegnamento,
della libertà di scelta educativa
delle famiglie e delle finalità
generali del sistema … concretizzano gli obiettivi
nazionali in percorsi
formativi funzionali alla realizzazione del diritto
ad apprendere e alla crescita
educativa di tutti gli alunni, riconoscono
e valorizzano le diversità, promuovono le potenzialità di ciascuno adottando
tutte le iniziative
utili al raggiungimento del successo formativo”.
Ma con il ddl la BuonaScuola diventa “rivoluzione” il superare ogni
riferimento
al raggiungimento del successo formativo, ogni riferimento al
pluralismo
culturale, al pieno sviluppo della persona umana, al diritto ad apprendere
e alla crescita
educativa di tutti gli alunni, alla libertà
di insegnamento,
una libertà ancora così cara
nel testo del ’99 da essere preservata
con un articolo ad hoc, il 15: “Competenze escluse. Sono escluse dall'attribuzione
alle istituzioni
scolastiche le seguenti funzioni in materia di personale
il cui esercizio è
legato ad un ambito territoriale più ampio di quello
di competenza della
singola istituzione, ovvero richiede
garanzie particolari
in relazione alla tutela della libertà di insegnamento: a) la formazione
delle graduatorie permanenti riferite ad ambiti territoriali più vasti di
quelli
della singola istituzione scolastica; b) reclutamento del personale docente,
amministrativo, tecnico e ausiliario con
rapporto di lavoro a tempo
indeterminato; c) mobilità esterna alle istituzioni scolastiche e utilizzazione
del personale eccedente l'organico funzionale di istituto; d) autorizzazioni
per utilizzazioni ed esoneri per i quali sia previsto un
contingente nazionale;
comandi, utilizzazioni e collocamenti fuori ruolo …”.
Ma i nuovi governanti non hanno la preoccupazione di attivare "garanzie
particolari in relazione alla tutela della libertà di insegnamento".
La preoccupazione dei nuovi governanti, al contrario, è tutta nel controllare
la “buona scuola”, attraverso il “nuovo centrale” Dirigente Scolastico,
una figura tuttofare, debole in verità, di controllore
controllato (dovrebbero
guardare lontano e scendere in piazza, insieme a
tutte le altre componenti,
i dirigenti scolastici a difendere la libertà di insegnamento, l’autonomia didattica,
la collegialità, la corresponsabilità pedagogica dell’intera comunità scolastica).
Il ddl la BuonaScuola non ha altre novità oltre “il potenziamento
e la
valorizzazione delle funzioni del dirigente scolastico”.
Le novità, anzi, tutte di ordine manageriale, in
assenza di una visione moderna
di cura per la persona in età di apprendimento fino a 18 anni, discendono
esclusivamente dalla centralità del ruolo del dirigente:
“Il dirigente scolastico assume un
ruolo centrale per la determinazione
del fabbisogno e della migliore offerta formativa dell’istituzione scolastica
e la sua
funzione è rafforzata, al fine di garantire una gestione immediata
ed
efficiente delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche e materiali”.
E torna il ritornello avvilente della gestione immediata e efficiente, a nascondere
l’obiettivo dell’impoverimento della
libertà pedagogica e didattica della comunità
scuola a favore dell’odiato, a parole, potere della burocrazia manageriale.
Persino il curriculum
dello studente non è immaginato per l’esercizio della libertà
di apprendimento, a
prescindere, oltre la logica strumentale di rendita futura,
quanto, al contrario, per il controllo di
utilità da parte di altri: specie se datore
di lavoro. Il grido di minaccia del Premier nel proclamare il
suo incredibile
“la scuola è
delle famiglie”, dopo il volgare suo ridere per la protesta del mondo
della
scuola, dà un’idea terribilmente chiara della caduta culturale (e istituzionale)
dei nostri governanti. E fatto più grave, non suscita reazioni di rigetto
immediato
nel suo Partito. E tra gli intellettuali. Inimmaginabile. Ora diventa
anche chiaro,
conseguentemente, il perché del rifiuto di questi governanti di confrontarsi
con il testo della LIP, preparato
non da “imbroglioni”, ma da quanti,
in ogni componente della comunità scolastica, hanno a cuore
il “diritto all’educazione,
all’istruzione e alla formazione” nel rispetto
dei “principi di pluralismo e di laicità”.
La meglio scuola è la scuola della
libertà di insegnamento e di apprendimento,
è la scuola della promozione della persona fino all’età
di 18 anni, sempre,
senza ipotesi di insuccesso e di espulsione per demerito (il
diritto
alla formazione ha con sé implicitamente il diritto al successo,
il
diritto alla promozione, intendendo per promozione non tanto il passaggio,
spesso
ipocrita, per scrutinio, da una classe all’altra, quanto il percorso di reale
avanzamento lungo la linea di una continua crescita culturale e umana),
la meglio
scuola è la scuola bottega, la scuola cooperativa e dialogante,
dove la relazione docente/studente non è più chiusa nel trinomio
lezione-interrogazione-voto, ma è aperta nella
ricerca continua da un legame
di empatia, intorno a un comune tavolo di lavoro
di trasmissione
e produzione di saperi.
La meglio scuola è la LIP, perché è la
scuola nata da un ampio e diffuso dibattito
per iniziativa popolare, e non
è certo la scuola del Governo, tramite il Ministero,
tramite il
Dirigente Scolastico. Quella, è solo la “Buona Scuola”.
O no?
Severo Laleo
Nessun commento:
Posta un commento