lunedì 20 aprile 2015

La meglio scuola e gli “imbroglioni” del ddl la BuonaScuola



Personalmente non ho dubbi. Almeno per polemica. Il ddl la BuonaScuola 
è stato scritto da “imbroglioni”, insensibili e indifferenti, chiaramente, 
per stile di scrittura e per passione etico-politica, alle “finalità” del fare scuola. 
Sì, “imbroglioni”, perché in realtà agli estensori del ddl non importa 
assolutamente nulla della possibilità di civilizzazione della società attraverso 
la scuola, soprattutto quale luogo dove la modalità di sperimentare la relazione 
tra persone nei differenti ruoli sia già un esempio/modello di civiltà, al contrario, 
agli estensori del ddl importa solo acciarpare un testo (in questo senso linguistico, 
imbroglioni”) per  ubbidire a un orientamento politico di semplificazione 
e di accentramento del processo delle decisioni, con l’esclusivo compito 
di trasformare una struttura istituzionale, oggi, nonostante ambiguità e difetti, 
a carattere partecipativo, collegiale e a corresponsabilità forte, in una struttura, 
domani, “privata”, a carattere piramidale,  secondo gerarchia, con rinforzo 
premio/castigo. Estensori “imbroglioni”, perché spacciano per moderno e nuovo 
un ritorno secco, data la centralità del dirigente scolastico, agli anni prima 
del sessantotto (i nuovi governanti del settore scuola, a partire da Gelmini
hanno un odio iroso per il  ’68), quando era nei poteri del Preside, 
attraverso le note di qualifica, da Insufficiente a Ottimo, bloccare o anticipare 
gli scatti biennali di stipendio. 
Eppure la ministra, Stefania Giannini, è convinta di difendere una “riforma 
culturale rivoluzionaria”», e, con una gentilezza oltre misura, dichiara: 
quando la riforma sarà capita fino in fondo [grazie!] da tutti, ci sarà 
un'accettazione ma soprattutto una partecipazione ancora più ampia”. Mah! 
Forse la Ministra confonde partecipazione con “supinazione”, dal momento 
che proprio la sua riforma cancella a scuola l’idea di comunità tra pari 
in responsabile e libera collaborazione/partecipazione, e “rafforza”, anche 
tra i banchi e nelle aule l’antico, degli italiani, per ricordare Gobetti
animo di schiavo”. 
Estensori “imbroglioni”, perché il ddl recante disposizioni per la Riforma 
del sistema nazionale di istruzione, e si sottolinea Riforma del sistema nazionale 
di istruzione, nel suo Capo Iha quali Finalità il nulla. E il vestito del nulla, 
integrale, è il seguente: “Art 1. (Oggetto e finalità). Il disegno di legge intende 
disciplinare l’autonomia delle istituzioni scolastiche dotando le scuole 
delle necessarie risorse umane, materiali e finanziarie e degli strumenti 
necessari a realizzare le proprie scelte formative ed organizzative.
Le disposizioni in oggetto sono volte a garantire la massima flessibilità, 
diversificazione, efficienza ed efficacia del sistema scolastico attraverso 
un uso ottimale delle risorse e delle strutture e all’introduzione di tecnologie 
innovative in raccordo con le esigenze del territorio. A tal fine le singole 
istituzioni scolastiche definiscono il proprio fabbisogno attraverso 
la predisposizione di un piano triennale dell’offerta formativa volto a potenziare 
e valorizzare le conoscenze e le competenze degli studenti e l’apertura 
della comunità scolastica al territorio.
Solo all’art. 2, il Capo Finalità trova minima la sua chiave. 
E quel “disciplinare l’autonomia” diventa un semplice rafforzamento 
dell’”autonomia scolastica prevista dal regolamento di cui al decreto 
del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275”.  Un testo d’altri tempi, 
dunque. E qual è il suo “rafforzamento”? Qual è, a dire con Giannini
la rivoluzioneSemplicemente la cancellazione subdola del senso pieno 
e socialmente rilevante dell’autonomia del ’99, soprattutto quando ribadisce 
principi di cultura pedagogica. Le finalità nel testo del Regolamento 
dell’Autonomia sono chiare: “Art 1. Natura e scopi. L'autonomia 
delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo 
culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi 
di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, 
adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche 
specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo,
coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione 
e con l'esigenza di migliorare l'efficacia del processo di insegnamento 
e di apprendimento... Art. 4 Autonomia didattica. Le istituzioni scolastiche, 
nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa 
delle famiglie e delle finalità generali del sistema … concretizzano gli obiettivi 
nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto 
ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni, riconoscono 
e valorizzano le diversità, promuovono le potenzialità di ciascuno adottando 
tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo”.
Ma con il ddl la BuonaScuola diventa “rivoluzione” il superare ogni riferimento 
al raggiungimento del successo formativo, ogni riferimento al pluralismo 
culturale, al pieno sviluppo della persona umana, al diritto ad apprendere 
e alla crescita educativa di tutti gli alunni, alla libertà di insegnamento
una libertà ancora così cara nel testo del ’99 da essere preservata 
con un articolo ad hoc, il 15: Competenze escluse. Sono escluse dall'attribuzione 
alle istituzioni scolastiche le seguenti funzioni in materia di personale 
il cui esercizio è legato ad un ambito territoriale più ampio di quello 
di competenza della singola istituzione, ovvero richiede garanzie particolari 
in relazione alla tutela della libertà di insegnamentoa) la formazione 
delle graduatorie permanenti riferite ad ambiti territoriali più vasti di quelli 
della singola istituzione scolastica; b) reclutamento del personale docente, 
amministrativo, tecnico e ausiliario con rapporto di lavoro a tempo 
indeterminato; c) mobilità esterna alle istituzioni scolastiche e utilizzazione 
del personale eccedente l'organico funzionale di istituto; d) autorizzazioni 
per utilizzazioni ed esoneri per i quali sia previsto un contingente nazionale; 
comandi, utilizzazioni e collocamenti fuori ruolo …”.
Ma i nuovi governanti non hanno la preoccupazione di attivare "garanzie 
particolari in relazione alla tutela della libertà di insegnamento". 
La preoccupazione dei nuovi governanti, al contrario, è tutta nel controllare 
la “buona scuola”, attraverso il “nuovo centrale” Dirigente Scolastico, 
una figura tuttofare, debole in verità, di controllore controllato (dovrebbero 
guardare lontano e scendere in piazza, insieme a tutte le altre componenti,
i dirigenti scolastici a difendere la libertà di insegnamento, l’autonomia didattica, 
la collegialità, la corresponsabilità pedagogica dell’intera comunità scolastica). 
Il ddl la BuonaScuola non ha altre novità oltre “il potenziamento 
e la valorizzazione delle funzioni del dirigente scolastico”. 
Le novità, anzi, tutte di ordine manageriale, in assenza di una visione moderna 
di cura per la persona in età di apprendimento fino a 18 anni, discendono 
esclusivamente dalla centralità del ruolo del dirigente: 
Il dirigente scolastico assume un ruolo centrale per la determinazione 
del fabbisogno e della migliore offerta formativa dell’istituzione scolastica 
e la sua funzione è rafforzata, al fine di garantire una gestione immediata 
ed efficiente delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche e materiali”. 
E torna il ritornello avvilente della gestione immediata e efficiente, a nascondere 
l’obiettivo dell’impoverimento della libertà pedagogica e didattica della comunità 
scuola a favore dell’odiato, a parole, potere della burocrazia manageriale.
Persino il curriculum dello studente non è immaginato per l’esercizio della libertà 
di apprendimento, a prescindere, oltre la logica strumentale di rendita futura,  
quanto, al contrario, per il controllo di utilità da parte di altri: specie se datore 
di lavoro. Il grido di minaccia del Premier nel proclamare il suo incredibile 
la scuola è delle famiglie”, dopo il volgare suo ridere per la protesta del mondo 
della scuola, dà un’idea terribilmente chiara della caduta culturale (e istituzionale)  
dei nostri governanti. E fatto più grave, non suscita reazioni di rigetto immediato 
nel suo Partito. E tra gli intellettuali. Inimmaginabile. Ora diventa anche chiaro, 
conseguentemente, il perché del rifiuto di questi governanti di confrontarsi 
con il testo della LIP, preparato non da “imbroglioni”, ma da quanti, 
in ogni componente della comunità scolastica, hanno a cuore 
il “diritto all’educazione, all’istruzione e alla formazione  nel rispetto 
dei “principi di pluralismo e di laicità”.
La meglio scuola è la scuola della libertà di insegnamento e di apprendimento, 
è la scuola della promozione della persona fino all’età di 18 anni, sempre, 
senza ipotesi di insuccesso e di espulsione per demerito (il diritto 
alla formazione ha con sé implicitamente il diritto al successo, 
il diritto alla promozione, intendendo per promozione non tanto il passaggio, 
spesso ipocrita, per scrutinio, da una classe all’altra, quanto il percorso di reale 
avanzamento lungo la linea di una continua crescita culturale e umana), 
la meglio scuola è la scuola bottega, la scuola cooperativa e dialogante, 
dove la relazione docente/studente non è più chiusa nel trinomio 
lezione-interrogazione-voto, ma è aperta nella ricerca continua da un legame 
di empatia, intorno a un comune tavolo di lavoro di trasmissione 
e produzione di saperi.
La meglio scuola è la LIP, perché è la scuola nata da un ampio e diffuso dibattito 
per iniziativa popolare, e non è certo la scuola del Governo, tramite il Ministero, 
tramite il Dirigente Scolastico. Quella, è solo la “Buona Scuola”.

O no?
Severo Laleo


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