Oggi i giornali, e non solo in Italia, sono pieni
della violenza
a sfregio dei black
bloc. Una violenza da evento. Ripetibile. Prevedibile.
Controllabile. E debellabile,
almeno in una società conviviale a democrazia
piena e paritaria. E con un
sistema scolastico a “promozione” d’obbligo,
senza espulsioni.
I media,
abituati a descrivere/definire, parlano di violenza ribelle,
di vandalismo antagonista, di rabbia di stampo
anarchico
(e, per pigrizia, non s’accorgono di offendere l’idea
di anarchia),
dimenticando di marcare la caratterizzazione più evidente,
più semplice, più “normale”: i black bloc sono quasi tutti maschi
in tuta nera. Nell’atto di un’esplosione “naturale” di “sfogo”.
A danno di “cose”.
E l’informazione a volte entra anche nel merito e qua
e là punge.
Eppure, mentre si riserva ai black bloc un
esagerato spazio,
altre notizie di violenza sono dimenticate. E si
tratta di violenza
contro “persone”.
Senza fuochi e fiamme. Violenza contro minori.
Sessuale. Lontano da noi. Nella Repubblica
Centrafricana.
Una violenza da situazione. Ripetibile.
Prevedibile. Controllabile.
E debellabile, almeno in una società conviviale a
democrazia piena
e paritaria. E con un sistema scolastico a “promozione” d’obbligo,
senza espulsioni.
E succede sempre a uomini in tuta. Questa volta mimetica.
E con casco blu. Si parla di abusi sessuali, di comportamenti
turpi, frequenti, di violenza
sessuale in cambio di cibo e soldi.
E l’informazione ancora una volta non coglie il
punto nodale.
La caratterizzazione è comune, sempre la stessa: sono
quasi tutti maschi.
Nell’atto di un’esplosione “naturale” di “sfogo”.
A danno di “minori”.
Nonostante l’impegno dei media, presenti e assenti,
nel tentare una comprensione delle
origini/cause, la questione della violenza
di “rabbia e
sfogo” non pare sia politica o militare.
Forse è solo una questione maschile. E forse per
una soluzione
c’è bisogno di un’altra lettura. E altra “cura”.
O no?
Severo Laleo
Nessun commento:
Posta un commento