Quando la scuola perde la sua autonomia di
comunità collegiale, democratica
e deliberante, quando un “Capo d’Istituto” è “governativo”,
oppure
è in soggezione del Governo perché
le sue prerogative di libertà nei confronti
del Potere sono indebolite e offuscate, quando pressioni d’ogni tipo
si
esercitano sui professori perché cambino idea, o non abbiano possibilità
di
avere un’idea (ai Governi d’ogni tempo non manca la creatività
della intimidazione e ai deboli d’ogni tempo la
pigrizia dell’ubbidir piegandosi),
quando il progetto politico di un
cambiamento da parte di un solo Partito
verso nuovi orizzonti
di efficienza decisionale naufraga miseramente
nel ritorno insensato e astorico a un già visto, un intero Paese è già morto.
Alla libertà.
La storia, è vero, non si ripete, ma lascia
qualche segno del suo passaggio,
a mo’ di avviso, discreto, per i naviganti del Futuro. Anche in mutate situazioni.
Esemplare
al riguardo il “processo”
a Giancarlo Paietta, un ragazzo liceale
di 16 anni contrario al Governo Legittimo di allora, nato dalle elezioni
del 1924, grazie alla Legge Acerbo.
L’anno era il 1927. Il giovane democratico
antifascista Paietta
(comunista, sarà contrario anche alla
trasformazione del Pci in Pds),
un combattente da sempre per la libertà, aveva
distribuito nel suo Liceo,
a Torino, il D’Azeglio,
manifesti di propaganda comunista. I
l Preside, dopo un’indagine, interroga il giovane
studente democratico Paietta
e si
convince della sua colpevolezza e scrive al suo Superiore Gerarchico
“con
l’animo profondamente addolorato per il contegno di questo studente
che
divulgando tra i nostri
giovani i velenosi opuscoli della propaganda
dei senza patria [oggi, Gufi] mirava a turbare la bella armonia di cuori
che regna nelle nostre
scuole quando si tratta dell’avvenire e della grandezza
della patria
[oggi, Speranza del Futuro].
Ma il Consiglio dei Docenti, dopo lunga e ampia
discussione, durata più
di quattro ore, non intende, ancora in piena autonomia,
ancora comunità
educante, a larga maggioranza, condannare il “ragazzo
rosso” e revoca
la sospensione. Ma in alto la decisione in autonomia del Consiglio
dispiace.
Anzi dà fastidio. E, intervenuto il Ministero, chiarita
la norma, “additata”
la pena, dedotta
la gravità della colpa, agita la giusta pressione da Potere,
il risultato
cambia.
Trovo nel sito del Liceo
D’Azeglio il verbale di quel 1927. E’ da leggere.
Perché la scuola non
perda mai la sua memoria. E perché non rinunci mai
alla sua autonomia di
comunità educante, libera e democratica. Ecco il testo
del verbale. “Alle
ore 16,30 si trovano adunati, nella solita sala dei professori
del liceo, i
professori del R. Liceo-Ginnasio in seduta plenaria.
( …)
Presiede il Preside. Funge da segretario il prof. Augusto Monti.
L’ordine del
giorno porta: “Punizione disciplinare”. Prima di entrare
in
argomento, il Preside fa ai presenti caldissima raccomandazione
di mantenere
il segreto di ufficio e ricorda a tutti l’impegno assunto
all’atto del
giuramento. Deve ripresentare al Consiglio il caso
dell’alunno
Giancarlo Paietta della
seconda liceale B, accusato di propaganda comunista
tra gli alunni di questo
Liceo. Quando la questione fu trattata nella seduta
del 7 febbraio 1927, parve
ad alcuni professori desiderabile
che i fatti
fossero sottoposti all’esame dell’autorità giudiziaria mentre
in alcuni
altri sorse il dubbio circa la competenza del Consiglio stesso.
Questi due ostacoli ad una deliberazione
definitiva ora sono rimossi
perché è pervenuta alla Presidenza, per via
gerarchica, una lettera
di S. E. il Ministro della P.
Istruzione, dalla quale risulta appunto che sulla
gravità
dei fatti attribuiti al Paietta si è pronunciata la suprema
autorità scolastica,
e che la competenza del Consiglio è fuori
discussione.
Il Preside
dà lettura a questo punto della lettera di S. E. il Ministro
della P. Istruzione. In essa, così commenta il Preside,
anzitutto
il Ministro
valuta i risultati delle indagini condotte dal Preside Steiner
e
dall’Ispettore Arnaldo Monti e li riconosce concludenti; in secondo luogo
addita quale potrebbe essere la pena
adeguata alla mancanza,
e cioè la espulsione da tutti gli istituti
del Regno; dalla quale indicazione
emerge la gravità della mancanza stessa. Ne
consegue che il Consiglio
può deliberare tranquillamente e liberamente sulla punizione da infliggersi
all’alunno Paietta. Il
prof. Fulcheri è del parere che la votazione debba
avvenire
a scrutinio segreto. Il Preside non accede alla proposta
Fulcheri.
Il prof. Luzzi domanda che si sottopongano al Consiglio le
risultanze
delle indagini e della inchiesta, giacché
egli fu assente dalla seduta precedente
e non ha alcun elemento di giudizio. Il
Preside risponde che non ha documenti
da produrre e che i professori, che si
trovano nella condizione del prof. Luzzi,
potranno, se credono, astenersi dalla
votazione. Ritiene che non ci sia luogo
a discussione, e propone formalmente che l’alunno
Paietta Giancarlo
della seconda liceale B sia allontanato da tutti gli Istituti
del Regno.
Si procede
alla votazione per appello nominale. Il Preside precisa: chi voterà
sì
approverà la sua proposta; chi voterà no la respingerà. ( …)
I risultati
della votazione sono i seguenti: presenti 35;
hanno votato sì ( …) 25.
Ha votato no il
professor Predella. Si sono astenuti
( …) 9.
Il Consiglio
delibera quindi l’espulsione dell’alunno Giancarlo Paietta
da tutti gli
Istituti del Regno."
La storia, è vero, non si ripete, ma lascia
qualche segno del suo passaggio,
a mo’ di avviso, discreto, per i naviganti
del Futuro. E ora, a noi, parla soprattutto dell’Italicum.
O no?
Severo Laleo
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