E’
successo qualcosa di grave, forse una crepa profonda,
nelle
fondamenta della cultura del nostro Paese, se anche le parole
(e
quindi i valori/comportamenti conseguenti) sono stravolte
a
piacimento da chiunque “possiede” la
parola; ed è successo, forse,
qualcosa di ancora più grave, se le parole così stravolte
troppo spesso
sono accolte dai molti che ascoltano senza un minimo
di reazione.
E va bene in campo politico, ma non si coinvolga l’etica.
Quando si perde il
senso della relazione etica, si rischia
di
perdere il senso dell’Altro.
Purtroppo
stravolgere il senso delle parole, quasi a sostegno ognuno
del proprio sentire,
è un segno di questi tempi
di
individualismo esasperato, di corsa all’apparire e al successo,
per l’affermazione
di sé; è quasi un desiderio di uscire
dalla
condizione di “normale” umanità verso
una condizione
di “superiore” umanità. In ogni campo. Ma alla
fine i “vincenti”
(altra parola d’uso
frequente e forte dei nostri tempi) hanno tutti qualcosa
in comune, in ogni
settore, sia se praticano la buonavita sia se praticano
la malavita: la logica della
supremazia.
Stravolgere
le parole è capitato ora anche al nostro Premier
se è
vera la frase riportata dalla stampa, pronunciata da Renzi,
il Premier
d’Italia, davanti agli studenti della Scuola Sant'Anna
di
Pisa: "Vi auguro di essere inquieti e arroganti,
nel
senso latino del termine, cioè di avere delle ambizioni, pretendere
delle cose,
puntare in alto".
Arroganti? Nel senso latino del termine?
No,
dai! Anche per i dizionari di latino più diffusi tra i banchi
di
liceo “adrogans” indica solo e sempre l’arrogante, il borioso,
il presuntuoso,
l’ insolente.
Quale
bisogno c’è, per contribuire alla crescita culturale
di un
Paese, di invitare giovani studenti a essere arroganti,
sia
pure nel senso di avere ambizioni, successo e altro?
L’arrogante
è sempre un violento, perché non ha un limite
nel pretendere di raggiungere il suo
obiettivo; e per questo
diventa
insolente e
aggressivo, infagottato, presumendo troppo
di sé, in una sprezzante superiorità; in una parola, diventa tracotante,
capace appunto di andare
oltre; l’oltraggio è nel suo
orizzonte.
L’arrogante è ben il
contrario del mite.
L’elogio dell’arroganza cancellerà l’elogio della mitezza?
No! Noi si vuole continuare
testardi a difendere, contro l’arroganza,
al di là del latino del Premier, la mitezza, non quindi il senso pieno di
sé,
ma la cura degli altri, e non inseguendo il “merito” (il merito è ambiguo
ed è sempre sub iudice), ma riconoscendo i bisogni
a prescindere;
perché solo i bisognosi “meritano”
sempre la nostra cura.
Se qualcuno dei miei dodici
lettori per un caso avrà il “possesso”
della parola nei confronti di minori (dovere, ad esempio, tipico
di docente), non sia arrogante, se vuole puntare in alto,
anzi sappia essere mite nel senso pieno della parola,
in latino e in italiano,
perché solo il mite riconosce la
priorità dell’Altro
nella sua pienezza di persona.
L’arrogante “sa” da sempre, il mite sempre “cerca”;
l’arrogante insegue gli “eccellenti”; il mite sceglie gli “ultimi”;
l’arrogante è per la conquista, il mite è per il dono.
L’arrogante, che ha ambizioni, che pretende, che punta in alto,
è sempre preso/chiuso in
sé stesso, nel suo egoismo. Sa fortemente solo
di dover “arrivare”. E’ duro l’arrogante.
Eppure raggiungere il
traguardo forse non è mestiere solo
degli “arroganti”.
O no?
Severo Laleo
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