La laudatio è un costume italico molto diffuso, e colpisce un po' tutti
(sono sempre maschi), giornalisti, politici, accademici.
Sboccia all'improvviso, specie quando la gioia del laudator
è piena, pienamente soddisfatta, e quasi desidera ardentemente
aprire la strada, prima del tempo, a un'esaltazione generale,
sulla semplice base di un innamoramento personale.
E ciascuno si propone con il suo stile.
Partiamo da Minzolini
Scriveva Minzolini, da cronista interessato, su La Stampa
del 9 Aprile 2009, a proposito di Silvio Berlusconi
in visita a L’Aquila: “…Snocciola un numero infinito di cifre
Silvio Berlusconi...Fa previsioni sui tempi necessari
per stimare i danni e per tirare su il morale dei presenti
di fronte alla disgrazia e alla morte che ha colpito
questo pezzo d'Italia si concede una battuta:
«Sono 44 ore che non dormo. Un record di resistenza
per uno che ha 35 anni».
Indossa un maglione blu e ha il piglio deciso del direttore
dei lavori, del comandante dei pompieri, del capo militare,
ma anche la comprensione del prete. Silvio Berlusconi
nelle emergenze si esalta. La sua attitudine e' la politica
del «fare». .... Quando e' alle prese con problemi pratici
il premier si intriga. ... Dalla sua bocca escono idee su idee...
ha lanciato una miriade di proposte. La politica del fare.
All'Aquila come a Napoli. Sfoggia il consueto «pragmatismo»....
il Cavaliere e' un tipo che bada al sodo...Gioca sulla velocità
delle decisioni....c'è il premier-ingegnere…
c'è il premier-generale…Il premier-prete...E il premier-psicologo ....”
Non c'è male: questo è il giornalismo!
A seguire, il Ministro Franceschini, osservatore privilegiato,
a proposito del suo Presidente del Consiglio, dichiarava:
"Uomo forte, nel senso di uomo
che decide. Questo è Renzi. Se un altro di noi fosse stato
al suo posto, me compreso, si sarebbe fermato
sulla legge elettorale per non rompere il Pd
o sulla riforma per evitare la frattura con Forza Italia,
o sul Jobs Act per tenere dentro la Cgil,
sulla scuola per non rompere con gli insegnanti
e sulle unioni civili per non litigare con la Chiesa.
Devo continuare?".
No, no, basta così: questa è la politica!
Infine, ancora su La Stampa, ecco Recalcati,
in vena di confronti tra leader:
“Draghi si profila come un paradossale erede di Berlinguer.
...Anche il carattere degli uomini appare simile.
Solo che in Berlinguer la parola preservava ancora la sua forza
profetica capace di adunare il suo popolo. Draghi sceglie invece
la via composta e rigorosa del silenzio. Entrambi non amano apparire,
non amano la seduzione dell'immagine. Ma mentre Berlinguer
resta un leader profondamente immerso nella storia del Novecento
quella di Draghi appare una figura ideologicamente desensibilizzata.
In primo piano non è una chiara spinta ideale ma un ascetismo
di matrice weberiana: laboriosità, dedizione, rispetto delle istituzioni
e della propria parola. Egli incarna il resto del padre spogliato
da ogni involucro ideologico...La critica alla politica che egli
ha dichiarato di non voler provocare deriva, in realtà,
fatalmente dalla sua postura: la verbosità parolaia
del politico in cerca di consenso immediato deve lasciare il posto
al silenzio nobile della prassi. ... La Legge del padre che i figli volevano
seppellire ritorna così al centro della scena. Il pericolo è che questo
accadesse con il ritorno del bastone e della reazione. Ma il draghismo
non opera affatto in direzione del nazionalismo sovranista,
essendone piuttosto la diga che ne contiene la spinta.
Sebbene ogni padre sia condannato a portare con sé il sospetto
dell'abuso di potere e del dispotismo, lo stile di Draghi appare alternativo
ad ogni fanatismo, compreso quello paternalista. Nel suo stile soggettivo
non emerge alcuna vocazione autoritaria, ma quello spirito di servizio
di cui spesso la politica dà prova di mancare”.
Non manca proprio niente: questa è la scienza!
O no?
Severo Laleo
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