Caro Scapece,
come va? Tutto bene? Sai ho continuato a leggere Annie Ernaux,
questa volta ho letto “La vergogna”.
Lasciami dire subito dell’essenzialità sconcertante della sua scrittura
e della sua principale caratteristica, questa: proprio quando ti sembra
di essere avvolto dal torpore/noia di un ritmo monotono di dettagli qualunque,
ecco d’improvviso una riflessione illumuina la pagina
e t’accorgi di un intenso legame di senso tra il più piccolo dettaglio
e l’evoluzione psicologica personale verso una amara consapevolezza di sé,
segnata dalla “vergogna”.
E così una ragazza di 12 anni, ancora acerba, e a disagio nel suo “corpo”
agli altri inavvertibile, scopre, a partire da un litigio dai toni violenti
tra il padre e la madre (quando “mio padre ha voluto uccidere mia madre”),
il “terrore” e insieme la voglia/forza di raccontare e raccontarsi.
E attraverso il suo personale racconto si svela anche il volto dell’anno 1952
in Francia, in una provincia, in un quartiere, in una scuola, nella chiesa,
in casa, per la strada, nei viaggi (anche fino a Lourdes), alla radio, nei giornali,
nei libri, a cinema, nelle figure di coetanee, parenti e maestre.
Ma, a ben leggere, a dominare é sempre l’analisi delle sue relazioni
con il proprio corpo, il proprio io, i genitori e gli Altri, e per questa via,
lentamente, giunge, attraverso una serie di atti/sguardi degli Altri,
a soffrire la “vergogna” del proprio stato di vita.
E qui, caro Scapece, ho qualcosa da osservare, fuor di letteratura
(si fa per dire), ma solo con l’inopportuno intromettermi nella congerie
dei sentimenti di Annie Ernaux. Anche noi abbiamo vissuto il 1952
in una provincia (è vero, al contrario della Francia del Nord, piena di sole
e da ragazzi!), eppure mai abbiamo incontrato il peso della vergogna, se non,
specialmente tu, bravo chierichetto allora, per qualche peccato speciale.
Semmai, e il ricordo è comune, ricadeva più sugli Altri il peso di gridare
“vergogna” che su di noi il peso di avvertirla. Ma Annie Ernaux a 12 anni
é ragazza sensibile, intelligente, capace di osservare/sentire gli sguardi
degli Altri e comprenderne il senso, e sa capire quindi di aver perso
il posto tra la gente “perbene” proprio a partire da quel momento
di rottura violenta nella sua felicità. “L’aspetto peggiore della vergogna
é che si crede di essere gli unici a provarla” e all’improvviso, di notte,
può assumere il volto di una “madre spettinata, taciturna per via del sonno,
in una camicia da notte stropicciata e macchiata (la si usava per asciugarsi
dopo aver urinato).”
E per finire ti vorrei dire di aver trovato gradevole, con note di comicità
involontaria (il testo subisce sempre l’aggressione del lettore!), il racconto
del viaggio a Lourdes e illuminante, e sempre gradevole, la lettura delle pagine
con l’analisi del “tutti sorvegliavano tutti”. Vabbè già ti ho annoiato abbastanza.
Se vuoi/puoi, leggila Annie Ernaux.
Stammi bene e fatti sentire,
Severo.
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