lunedì 6 novembre 2023

Ernesto Galli della Loggia, la guerra, la saggezza greca e la democrazia

 

E così alla fine è stato necessario tutto il coraggio, anche se da “seduto 

alla scrivania del proprio studio”, di Ernesto Galli della Loggia 

dalle colonne del Corriere per guidare il confuso e astorico e pavido (?) 

mondo pacifista, o semplicemente tutte quelle persone sconvolte 

dall’inesorabile susseguirsi dei “crimini di guerra” dei nostri giorni, 

verso la “saggezza greca”, perché si capisca una volta per tutte 

quanto sia importante/fondamentale la guerra, con tutto il suo seguito 

di morte, anche dei “civili innocenti”, senza distinzioni di “donne, 

vecchi e bambini”, per il successo glorioso della democrazia.

Chi è tanto temerario da contestare una verità così profondamente 

scritta nel Libro Universale della Storia dell’Umanità?

Eppure qualcosa non torna, soprattutto perché il nostro Uomo 

della Realtà della Storia e della Democrazia separa, da combattente 

in piena guerra, nettamente, senza possibilità di analisi critica, 

il discorso di “cosa è stato”dal discorso di “cosa potrà essere” nella Storia. 

E in base a questa separazione, apoditticamente, tessendo un maschio elogio 

della guerra/violenzasenzalimiti/distruzione/morte, sostiene/conferma: 

esiste una sola Realtà, esiste una sola storia degli Uomini,

esiste una sola Democrazia.

Ma è davvero così? E’ vero, la guerra devasta il mondo da sempre,

dal primo ferino duello, tra fratelli incapaci di parlarsi e di accogliersi,

ma sarà pur figlia, la guerra, di una sua specifica cultura?

E si può ritenere essere questa cultura una cultura maschilista, 

di uomini per uomini, tutta fondata sulla sola struttura mentale del dominio, 

dell’eliminazione dell’Altro? E la democrazia (così, a caso?) è o non è 

ancora una “forma” di gestione del potere tutta incardinata 

sul sistema maschile del “Capo” (anche quando il Capo è una donna) 

e dei suoi seguaci?

A chi si acquieta, senza provar (tanto non serve!) pietà per chi soffre e muore, 

dell’inesorabile gioco, a eliminazione, dell’”uccidere per uccidere”

milioni e milioni di persone, ancora oggi silenziose, possono oppore, 

e oppongono, un nuovo attivismo almeno per aprire una strada al rispetto 

delle convenzioni internazionali e degli appelli dell’ONU, e non solo, 

e perché si evitino i “crimini”. I crimini!

E forse si potrà evitare anche il pericolo di una fine del mondo, eh sì, 

perché EgdL non ricorda l’effetto, tragico ieri, delle “prime” bombe atomiche, 

inutili, sul Giappone, e non calcola gli effetti, finali oggi, di una guerra totale; 

e qualcuno potrebbe conseguentemente aggiungere, perché spaventarsi 

se da una guerra totale/finale potrà nascere una nuova definitiva Democrazia?

Eppure esiste un’altra cultura, un altro modo di vedere e gestire e trattare 

a parole ogni conflitto. E’ la cultura alimentata dal pensiero dei femminismi 

antiguerra.

La storia -si chiede Lea Melandri- può cambiare? Mi verrebbe da dire 

che la storia è già cambiata dal momento che ha portato allo scoperto 

il dominio maschile, gli orrori della “virilità guerriera”, i legami tra sessismo, 

razzismo, classismo, nazionalismo, ecc. “Pace” oggi per me, 

come per molte altre femministe, vuol dire porsi “su un altro piano”, 

andare alle radici di quel primo atto di guerra che è stata la sottomissione 

delle donne, considerate “natura inferiore”, animalità”, il loro asservimento 

al sesso vincitore.

E’ da questa guerra mai dichiarata, e perciò più subdola, invisibile

perché coperta dalla sua “naturalità”, che nasce il perverso connubio

tra distruzione e salvezza, tra guerra e umanitarismo, guerra e religione.

Se, come ho scritto più volte, “gli orrori hanno un genere”,

è da questo fondamentale retroterra che dobbiamo partire per dar modo

al pensiero e all’immaginazione di scoprire nuovi modi per uscire

dalla barbarie che abbiamo ereditato.” (Il Riformista, 16 marzo 2022)

E' d'obbligo provare.

O no?

Severo Laleo






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