Ormai, per due volte di seguito, prima nella
tornata referendaria del 2011
le persone cioè in carne ed ossa, hanno
dimostrato di essere più avanti
della classe politica tutta, e dei suoi interpreti, giovani e non giovani.
Eppure il cambiamento, chiesto a gran voce
dalle persone partecipi della vita
della nostra democrazia, a partire
dall’esercizio del voto, non riesce
a giungere ai responsabili delle decisioni
dell’agire politico.
Ancora adesso. Anche se un cambiamento è già
in atto, ed è addirittura
epocale: per la prima volta un Governo sarà
chiamato a dare, prima di tutto,
risposte precise alle richieste reali di
una maggioranza attiva del corpo elettorale,
rappresentata, anche in queste ore, dal M5S
e dall’area del centrosinistra.
La stessa narrazione del Paese finalmente
non ruoterà più intorno
al “bunga bunga”, cioè intorno alle vicende,
private e pubbliche,
d’ogni tipo, di UNA persona, ma intorno
alle esigenze di TUTTO un Paese, innanzitutto in tema di riforma della
politica, perché è diventato chiaro a tutti
che più profonda e estesa è la pratica
della democrazia, più si riducono le forme di povertà materiale e di schiavitù mentale.
Si rifletta bene: non era mai successo.
Da domani (Bersani, guardando avanti, pare abbia già scelto la strada giusta
-ho letto i suoi Otto Punti di programma: mi sembra un sussulto del ’68 nel ricordo di E. Berlinguer-), da
domani, ripeto, tutto avverrà alla luce del sole.
Senza inciuci, nei quali un totalmente
sconfitto centrodestra, imperante Berlusconi, continua a sperare. Perché da noi
i riti di Palazzo sono nella storia
della gestione del potere.
Al contrario, tutto si svolgerà secondo una
giusta e corretta interpretazione
della procedura costituzionale. Senza
dubbio un grazie è da rivolgere soprattutto a chi nell’urna ha deciso di dare
un segnale di cambiamento con il voto al M5S.
E molti di questi voti, so per diretta esperienza, giungono anche da persone
silenziose e senza grilli per la testa.
Un PD/SEL
al 36%, vittorioso e allegro avrebbe mai prodotto, non scalfite
le antiche immutabili logiche italiche, gli
Otto Punti? Si sarebbe già agli inciuci, pur seri, preoccupati,
competenti e, in qualche caso, in buona fede, ma sempre inciuci, con Monti. La vittoria bella prima di una
brutta fine.
In questa situazione di gran fermento e assoluta
novità elettorale, ancora non tutti riescono a cogliere l’ineludibile spinta elettorale
al cambiamento, e spesso farfugliano fuori tema, con o senza un personale
interesse. Ad esempio:
1.Berlusconi
ha tutto l’interesse a imporre il ritornello della sconfitta del PD/SEL, perché sa di aver subito una
sconfitta definitiva: il centro destra, per la prima volta dal 1948, è
minoranza nel paese; e questa volta non riuscirà a deviare l’attenzione di gran
parte dell’informazione sui suoi problemi: per la prima volta, anche le sue
vicende giudiziarie, rientreranno nella cronaca dei tribunali, sebbene tenterà
ancora una volta, con una manifestazione di piazza contro un ordine
costituzionale, di vestire con la parola “politica” la sua semplice personale situazione
di imputato;
2.Veltroni,
in una così perigliosa e fertile occasione di collaborazione, insensatamente, partecipa
al dibattito ricordando, orgoglioso, il “suo” 34% del 2008, ma dimentica di non
aver vinto le elezioni, anzi di aver regalato a Berlusconi il record dei
consensi, causa esclusiva delle sue dimissioni;
3.Renzi, non incline a “pugnalare alle spalle” (e di questo, vista l’onestà intellettuale
del giovane Sindaco il giorno dopo le Primarie, siamo certi), ha tutto
l’interesse (si fa per dire!) a ribadire, senza “giri di parole”: “abbiamo
perso”, ripetendo, purtroppo, il ritornello di Berlusconi, e non vuole afferrare, che la partita, per usare il suo linguaggio, è
stata vinta, a prescindere dal risultato, e conquistati tutti i punti in palio.
E purtroppo non vuole afferrare che 1. la proposta di Bersani non è un inseguire Grillo
(il discorso di Bersani è rivolto a
tutti i parlamentari, con un’attenzione istituzionalmente corretta alle elette
e agli eletti del M5S); 2. l’attribuzione delle Presidenze di Camera
e Senato non seguono le norme del “baratto”, ma, anche qui, della corretta
gestione istituzionale.
Una lezione, a margine, per il futuro forse
resta: anche in campagna elettorale gli aspiranti statisti convien tengano alto
il senso del limite, soprattutto nei giudizi
su persone.
O no?
Severo Laleo
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