In questo Blog di parole per una “cultura del limite” non può mancare questo “Manifesto del
convivialismo” con la sua critica senz'appello nei confronti della “dismisura a livello morale, ecologico ed economico”.
Forse solo con il
rifiuto della “dismisura”, sarà possibile costruire una “sovranità conviviale”.
O no?
Severo Laleo
Un manifesto del convivialismo
Pubblicato: 13/08/2013 12:25 su Huffington
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Sì, del convivialismo... In effetti il titolo non è
dei più immediati, ma si sa che i manifesti circolano, almeno inizialmente, in
ambiti ristretti. Si tratta di un breve documento scritto originariamente in
francese, ma ora disponibile anche in italiano grazie all'edizione curata da
Francesco Fistetti, e parzialmente consultabile on-line nell'edizione originale
sul sito http://lesconvivialistes.fr
Il manifesto vuole
essenzialmente mettere le basi teoriche per un nuovo impegno politico fondato
sulla cooperazione, ma offre anche qualche indicazione più pratica sulle
questioni prioritarie da affrontare dopo la fase dell'indignazione che ha
segnato gli ultimi anni della nostra storia politica e sociale. L'obiettivo
generale è quello di individuare i valori e i temi condivisi intorno ai quali
costruire un'idea di società alternativa a quella attuale: una riflessione di
fondo che ci permetta di uscire dalle secche della politica contemporanea,
sempre più stretta tra una gestione del quotidiano tendenzialmente
rinunciataria e un'insofferenza urlata, più distruttiva che costruttiva.
Il manifesto prova a riunire anime diverse di critica
all'attuale sistema produttivo globale e di proposta di un'alternativa. Tra i
firmatari troviamo, infatti, accanto a personaggi storici del movimento
altermondialista come Susan George, esponenti delle varie correnti a favore della
decrescita come Serge Latouche, filosofi
come Edgar
Morin e molti altri ancora.
Dopo decenni in cui i
manifesti servivano essenzialmente a delimitare i confini della purezza di ogni
piccolo (sempre più spesso microscopico) movimento politico o sociale, ecco un
documento che si propone fin dalle prime parole di trovare un denominatore
comune tra linee di pensiero diverse per cercare di trasformare la diversità e
la conflittualità in un motore positivo e non distruttivo, "in una forza
di vita e non di morte".
L'obiettivo è quindi
quello di un nuovo "universalismo", anzi per dirla con gli autori, un
"pluriversalismo", un "universalismo a più voci" nel quale
siano rivendicati uguali diritti per tutti, ma siano anche riconosciute le
diversità culturali alla base dei diversi modelli di società che si sono
sviluppati in tutto il mondo.
Uno degli elementi che pare più rilevante -
soprattutto dal punto di vista di un'associazione come Mani Tese che
da decenni lavora sulla lotta alla fame e il cambiamento degli stili di vita -
è la critica della dismisura a livello morale, ecologico ed economico.
Riprendendo alcune tematiche del movimento per la decrescita, il manifesto
parte dal presupposto che questo sistema economico è possibile solo perché la
gran parte della popolazione mondiale non consuma quanto i paesi ricchi,
altrimenti la crisi ecologica avrebbe già consumato il pianeta.
L'unica strada per
uscire da questa contraddizione è ipotizzare una "prosperità senza
crescita". È possibile, in sintesi, stare meglio senza continuare a
consumare di più? Più facile a dirsi che a farsi, probabilmente, ma certamente
alcune idee e alcune pratiche sono già in atto e vale la pena di dedicarci un
po' di attenzione.
La questione chiave è
quella della condivisione: è possibile evitare che ogni persona disponga
privatamente di tutto ciò di cui ha bisogno, anche raramente, e invece
organizzarsi in modo che alcuni oggetti, spazi o servizi siano condivisi?
In fondo in molte città
europee troviamo già sistemi di condivisione dei mezzi di trasporto (biciclette
e auto) e viene promosso il recupero e l'uso condiviso di spazi marginali o
abbandonati (i jardins partagés francesi per fare un esempio, ma anche i
progetti di riuso temporaneo del Comune di Milano). Internet, d'altra parte, ci
mostra ogni giorno le potenzialità di una società della condivisione in termini
di progresso delle conoscenze e circolazione delle informazioni.
Queste potenzialità
della condivisione come strategia di uscita vera dalla crisi e di costruzione
di una società più equa e, perché no, più avanzata non sembrano però essere
state ancora colte fino in fondo dalla società contemporanea. Questo manifesto
prova invece a metterle al centro della riflessione e dell'iniziativa politica.
Alla base di questa
società della condivisione stanno le relazioni sociali, di qui l'accento del
manifesto sulla "convivialità": se la società dei consumi è
essenzialmente fatta di soggetti solitari che comprano tutto ciò di cui hanno
bisogno, il modello di società proposto dal manifesto si fonda sulla
cooperazione tra le persone, sulla riscoperta che "nulla si fa da soli e
che tutti dipendiamo gli uni dagli altri". Bellissimo il sottotitolo del
manifesto: "dichiarazione di interdipendenza".
Cooperazione,
condivisione, interdipendenza, convivialità sono le parole chiave di un
movimento culturale e politico che non ha la pretesa di costituirsi
nell'ennesimo micro-soggetto formalizzato, ma "semplicemente" provare
a influenzare lo scenario politico e "inventare altri modi di vivere,
produrre, giocare, amare, pensare e insegnare. Convivialmente. Confrontandosi
senza odiarsi e senza distruggersi". Forse può essere utile.
Valerio Bini
Presidente di Mani Tese
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