martedì 13 agosto 2013

Per una sovranità conviviale

In questo Blog di parole per una “cultura del limite” non può mancare questo “Manifesto del convivialismo” con la sua critica senz'appello nei confronti della  “dismisura a livello morale, ecologico ed economico”.
Forse solo con il rifiuto della “dismisura”, sarà possibile costruire una “sovranità conviviale”.
O no?
Severo Laleo


Un manifesto del convivialismo
Pubblicato: 13/08/2013 12:25 su Huffington Post
Sì, del convivialismo... In effetti il titolo non è dei più immediati, ma si sa che i manifesti circolano, almeno inizialmente, in ambiti ristretti. Si tratta di un breve documento scritto originariamente in francese, ma ora disponibile anche in italiano grazie all'edizione curata da Francesco Fistetti, e parzialmente consultabile on-line nell'edizione originale sul sito http://lesconvivialistes.fr
Il manifesto vuole essenzialmente mettere le basi teoriche per un nuovo impegno politico fondato sulla cooperazione, ma offre anche qualche indicazione più pratica sulle questioni prioritarie da affrontare dopo la fase dell'indignazione che ha segnato gli ultimi anni della nostra storia politica e sociale. L'obiettivo generale è quello di individuare i valori e i temi condivisi intorno ai quali costruire un'idea di società alternativa a quella attuale: una riflessione di fondo che ci permetta di uscire dalle secche della politica contemporanea, sempre più stretta tra una gestione del quotidiano tendenzialmente rinunciataria e un'insofferenza urlata, più distruttiva che costruttiva.
Il manifesto prova a riunire anime diverse di critica all'attuale sistema produttivo globale e di proposta di un'alternativa. Tra i firmatari troviamo, infatti, accanto a personaggi storici del movimento altermondialista come Susan George, esponenti delle varie correnti a favore della decrescita come Serge Latouche, filosofi come Edgar Morin e molti altri ancora.
Dopo decenni in cui i manifesti servivano essenzialmente a delimitare i confini della purezza di ogni piccolo (sempre più spesso microscopico) movimento politico o sociale, ecco un documento che si propone fin dalle prime parole di trovare un denominatore comune tra linee di pensiero diverse per cercare di trasformare la diversità e la conflittualità in un motore positivo e non distruttivo, "in una forza di vita e non di morte".
L'obiettivo è quindi quello di un nuovo "universalismo", anzi per dirla con gli autori, un "pluriversalismo", un "universalismo a più voci" nel quale siano rivendicati uguali diritti per tutti, ma siano anche riconosciute le diversità culturali alla base dei diversi modelli di società che si sono sviluppati in tutto il mondo.
Uno degli elementi che pare più rilevante - soprattutto dal punto di vista di un'associazione come Mani Tese che da decenni lavora sulla lotta alla fame e il cambiamento degli stili di vita - è la critica della dismisura a livello morale, ecologico ed economico. Riprendendo alcune tematiche del movimento per la decrescita, il manifesto parte dal presupposto che questo sistema economico è possibile solo perché la gran parte della popolazione mondiale non consuma quanto i paesi ricchi, altrimenti la crisi ecologica avrebbe già consumato il pianeta.
L'unica strada per uscire da questa contraddizione è ipotizzare una "prosperità senza crescita". È possibile, in sintesi, stare meglio senza continuare a consumare di più? Più facile a dirsi che a farsi, probabilmente, ma certamente alcune idee e alcune pratiche sono già in atto e vale la pena di dedicarci un po' di attenzione.
La questione chiave è quella della condivisione: è possibile evitare che ogni persona disponga privatamente di tutto ciò di cui ha bisogno, anche raramente, e invece organizzarsi in modo che alcuni oggetti, spazi o servizi siano condivisi?
In fondo in molte città europee troviamo già sistemi di condivisione dei mezzi di trasporto (biciclette e auto) e viene promosso il recupero e l'uso condiviso di spazi marginali o abbandonati (i jardins partagés francesi per fare un esempio, ma anche i progetti di riuso temporaneo del Comune di Milano). Internet, d'altra parte, ci mostra ogni giorno le potenzialità di una società della condivisione in termini di progresso delle conoscenze e circolazione delle informazioni.
Queste potenzialità della condivisione come strategia di uscita vera dalla crisi e di costruzione di una società più equa e, perché no, più avanzata non sembrano però essere state ancora colte fino in fondo dalla società contemporanea. Questo manifesto prova invece a metterle al centro della riflessione e dell'iniziativa politica.
Alla base di questa società della condivisione stanno le relazioni sociali, di qui l'accento del manifesto sulla "convivialità": se la società dei consumi è essenzialmente fatta di soggetti solitari che comprano tutto ciò di cui hanno bisogno, il modello di società proposto dal manifesto si fonda sulla cooperazione tra le persone, sulla riscoperta che "nulla si fa da soli e che tutti dipendiamo gli uni dagli altri". Bellissimo il sottotitolo del manifesto: "dichiarazione di interdipendenza".
Cooperazione, condivisione, interdipendenza, convivialità sono le parole chiave di un movimento culturale e politico che non ha la pretesa di costituirsi nell'ennesimo micro-soggetto formalizzato, ma "semplicemente" provare a influenzare lo scenario politico e "inventare altri modi di vivere, produrre, giocare, amare, pensare e insegnare. Convivialmente. Confrontandosi senza odiarsi e senza distruggersi". Forse può essere utile.
Valerio Bini

Presidente di Mani Tese

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