Grazie a Lavrov, il ministro degli Esteri della Russia, veniamo a sapere che il sistema elettorale col quale viene scelto il presidente americano è "probabilmente il più arcaico" e "distorce significativamente la volontà della popolazione" (sic!); forse sarà per questa arcaicità del sistema e per i suoi effetti distorsivi che Putin, così attento alle garanzie dei sistemi elettorali (mmm!) e così rispettoso delle pratiche della democrazia liberale (mmm!), non riesce ancora a congratularsi con Biden, in attesa dei risultati “ufficiali”. In verità la ragione è un’altra, anche al di là di differenze di visione politica, è che i maschi non evoluti, per natura ancora prepotenti, sempre in agguato per predare e avere potere, sono solidali tra loro. Ed eccolo il trio macho dell’attesa dei dati ufficiali: Trump, Putin, Bolsonaro. Per non dire di Kim. Ma il futuro è oltre il monocratismo maschilista. Quale? Ebbene, il sistema elettorale/costituzionale americano, pur arcaico, dà la possibilità al popolo votante di scegliere contemporaneamente, con voto appunto popolare, il Presidente e il suo Vice, in pratica di scegliere, a guida dell’intero Paese, una “coppia”. Quest’anno, nella lotta elettorale (più di quanto capitò a Hillary Clinton e Tim Kaine nel 2016, quando pur ottennero la maggioranza dei voti popolari), la “coppia” ha assunto, a colpo d’occhio, un ruolo importante, forse decisivo per la vittoria; da una parte Trump da solo, con Pence silenzioso/muto al seguito, dall’altra una “coppia”, Biden e Harris, ognuno con un proprio ruolo. Trump ha mobilitato tutti i suoi, proponendo sé stesso, grazie soprattutto alla sua roboante e chiassosa personalità (si fa per dire!), Biden/Harris, al contrario, hanno voluto offrire all’America, con il linguaggio della politica e con le loro storie personali, il volto “normale” della democrazia. Infine l’America ha scelto, e il popolo tra il Presidente monocratico Trump e la “coppia” Biden/Harris ha scavato un solco significativo di oltre cinque milioni di voti. Tanti. Avrà contribuito a scavare questo solco di milioni di voti la differenza eclatante tra la dinamicità della “coppia” Biden/Harris e la staticità monocorde dell’uomo solo al comando Trump? Forse sì, e non pochi, dentro e fuori i Democrats, hanno riconosciuto la grande, convinta mobilitazione/partecipazione al voto delle donne di colore, determinante per la vittoria finale; e per il leader dei giovani democrats le donne nere sono addirittura il “pilastro del partito”. Kamala Harris senza dubbio ha dato un notevole impulso alla mobilitazione delle donne e ora si trova a guidare la Grande America insieme al suo Presidente Biden; le prime prove della “coppia” già parlano di una nuova, attiva e, felice a vedersi, collaborazione. Grazie a un mix di persone aperte e norme lungimiranti l'America avrà una "coppia" di un uomo e una donna al potere*.
Ora in Italia ci si lamenta della scarsa presenza delle donne nelle istituzioni e si chiede, con l’invito soprattutto alla sinistra, di avviare una battaglia perché anche in Italia possano trovare reale spazio politico fino alle più alte cariche le nostre tante Kamala. Nadia Urbinati ha ragione: “L’Italia ha un record straordinario, che i partiti che afferiscono al campo della sinistra (tradizionali fari di emancipazione) poco o nulla hanno fatto per correggerlo: le istituzioni democraticamente elette, dai sindaci delle medio-grandi città ai presidenti delle Regioni, sono incredibilmente mono-genere”. E ha ragione anche Elisabetta Gualmini: “L’uguaglianza di genere è una delle bandiere più sventolate nel mondo della sinistra, ma meno praticate (...) Eppure, tutte le ricerche ci dicono in modo inequivocabile che laddove le donne sono più presenti, la spinta a introdurre politiche a favore delle famiglie, dei bambini e degli adolescenti, di un welfare moderno è molto più forte. Nella fase attuale poi, in cui dopo la pandemia, i servizi alla persona andranno smontati e rimontati abbiamo bisogno di donne al comando”. Ma può bastare una lamentela con invito per cambiare le cose? O serve altro, a livello istituzionale, per un'uguaglianza di genere? Può la lotta ancora essere per raggiungere il "comando" in solitudine? E qui è il punto: la solitudine del comando al vertice, costruita nei secoli con l’istituzione di un potere monocratico, è l' esito esclusivo di una lotta tra soli maschi, sino al duello finale, è figlia di una storia politica tutta al maschile, nei pregi e nei difetti. Il posto delle donne era altrove. Che fare? Riprodurre, complice una battaglia di segno femminista (mah!), nuovamente una solitudine di “comando” o innovare, donne e uomini insieme, sul piano istituzionale aprendo a un potere duale, di coppia, di un uomo e una donna insieme? Perché le assemblee elettive non possono essere costituite in pari numero da uomini e donne sempre? Perché ai vertici delle istituzioni non è possibile prevedere una presenza duale, il bicratismo contro il monocratismo? Quali sono gli argomenti per rifiutare con ragione la formazione di assemblee elettive di pari numero tra uomini e donne? E vertici/presidenze duali, con un uomo e una donna? Nell’attesa di risposte convincenti a sostegno dei rifiuti, intanto per quattro anni sperimenteremo, molto probabilmente, o almeno si spera, pregi e difetti di una guida duale (o quasi) proprio nella democrazia più potente del mondo. Un uomo e una donna al vertice. E tutto, grazie a un sistema elettorale/costituzionale arcaico e vetusto. O no? Severo Laleo
*Anche in Francia pare affacciarsi/realizzarsi, sia pure solo in una grande città,
l’idea di una guida aperta, collegiale, duale; ad esempio, la sindaca di Marsiglia
Michèle Rubirola ha già dato dei segnali originali in questa direzione
alla sua esperienza di “capo” dell’amministrazione della città, avviando un lavoro
comune, in continua stretta collaborazione (guida duale?) con il suo vice Benoît Payan.
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