Antonino, sant’Antonino, uomo di chiesa, arcivescovo di
Firenze (1446-1459)
e fondatore del Convento di San
Marco, Pierozzi di cognome,
scrive nel 1450 un opuscolo (un
trattatello) “La nave spirituale”,
indirizzato alle “donne di
Annalena”, una Malatesta quest’ultima,
Anna Elena, orfana da tenera età,
cresciuta in casa di Cosimo dei Medici,
vedova giovanissima di Baldaccio
d’Anghiari e madre addolorata
per la morte del suo unico figlio ancora
bambino.
E perché Antonino scrive questa
Nave? Per conforto e guida
proprio della piccola comunità
femminile
(le donne di Annalena, appunto)
raccoltasi, per fuggire un mondo
non benevolo, nel Palazzo di Annalena,
fuori Porta Romana,
successivamente trasformato in
monastero.
Con il passar degli anni, “le donne
di Annalena” furono ammesse
all’abito delle suore domenicane sotto
la regola del terz’ordine
nel 1454, in tutto dodici compagne.
Il nostro Antonino ebbe, nella
sua vita di studi morali e di teologia,
di pastore fiorentino, di guida
spirituale di anime
un’attenzione non sporadica per “il
mondo delle donne della società
napoletana e fiorentina.”
E non solo, indubbiamente. La fama di
pastore infaticabile e saggio,
disponibile a intervenire con consigli
ponderati nella soluzione delle questioni
della sua arcidiocesi e attento ai
poveri vergognosi con l’istituzione
per sua volontà dei Buonomini di San
Martino, gli valse il titolo familiare
di Antonino dei consigli.
In questa veste di pastore dai buoni
consigli, e di dotto teologo, per richiesta
esplicita, con tanta affezione,
di Annalena, si
presta a scrivere,
quasi a dispense, semplici e essenziali
ammaestramenti (esortazione)
per consolidare nella fede, e nella
pratica religiosa,
appunto le donne di Annalena.
La Nave, con tutte le sue parti
(timone, albero, vele, etc.), è la metafora
del viaggio di una giovane donna, scelta
dal Signore tra il popolo,
verso il porto dove incontrerà il suo
fidanzato e celebrerà le nozze,
se avrà saputo mantenere la sua
promessa di fedeltà fino in fondo.
E’ perché il viaggio raggiunga il suo
porto, servono tutte le necessarie
accortezze durante la retta navigazione:
l’Obbedienza (timone), l’Amore/Timore
(i “bracci” del timone), l’Albero
(amore di Dio), il Bordone (carità verso
il prossimo), le Corde (tentazioni), la Vela
(speranza), la Gabbia (fede),
la Lettura santa e devota (carta dei naviganti), l’Orazione
(bussola che guarda
alla tramontana), la Confessione (sentina), l’Umiltà
(castello della nave),
la Perseveranza (àncora), il Dispregio dei sensi (sirena).
(Quanto sopra scritto è tutto ricavato
dalle pagine di presentazione/introduzione al libro
“La nave spirituale” di S. Antonino Pierozzi domenicano, Arcivescovo di Firenze” a cura
di Giacinto D’Urso
o.p., edito da Giampiero Pagnini, Firenze, 1998.)
Ebbene, la domanda qui, senza nulla
togliere al valore spirituale e religioso
del testo antoniniano e al suo scopo
educativo/esortativo, è semplicemente
questa: qual è, nel 1450, se è possibile
cogliere, la “visione” di un uomo,
sia pure di Chiesa, nei confronti della donna?
Ecco solo qualche rapida osservazione.
Un popolo di maschi e femmine
Racconta Antonino che
il popolo, liberato, dal Signore, dalla schiavitù
del
peccato, gli corre incontro per onorarlo e
ringraziarlo; tutto il popolo
gli corre incontro, scrive Antonino, “tutti,
maschi e femmine”, senza differenza
alcuna. Ora, solo in questo brano il popolo
per Antonino è l’insieme
di maschi e femmine, forse strumentalmente specificato,
perché tra quel popolo
il Signore sceglie “una giovane, figliuola d’un
povero uomo e molto mal vestita,
e gli piacque tanto che s’innammorò di lei”.
L’esortazione a ben vivere, scritta
per le donne di Annalena, è
rivolta anche
al
popolo intero. “In
questo nostro breve cammino, questo poco e breve
tempo che dobbiamo starci”,
tutte/i dobbiamo “ingegnarci a spenderlo sempre
in buone opere”; e bisogna
“avere pazienza” durante il cammino, senza mai
perdersi “nelle lusinghe e piaceri che ci
porge questo mondo fallace
e ingannatore”.
In verità per tutto il testo il termine
“uomo” è usato per indicare il “genere
umano”, eppure, in qualche caso, quando è
importante sottolineare la totalità
del genere umano, Antonino usa il termine “persona”
(l’amore per il prossimo
è l’amore verso “ogni persona”) o ancora
l’espressione “ogn’uomo
e ogni femmina” (tutte/i
bisogna saper leggere l’insegnamento d’amore
di Cristo).
Ma quando parla di resistere alle tentazioni, vien fuori
spontaneamente
l’avverbio “virilmente” (torna più volte l’avverbio, sempre associato alla
forza
di resistenza contro le tentazioni), per dire la straordinarietà della forza
da usare per non cedere, forza attribuita proprio all’uomo in
quanto “uomo”.
Anzi invita le donne stesse di Annalena a “resistere
virilmente” alle tentazioni,
quasi a negare alle donne una propria forza.
Le nozze
Al di là della metafora, appare
evidente che il destino di una donna
-si
confermino con Antonino i
costumi di un’epoca ancora legata
alla tradizione-, l’andare in isposa a un uomo, al quale promettere
e
offrire fedeltà
totale.
E’
Antonino comunque un uomo del suo tempo, se ancora conferma,
in passaggio a volo,
“la perfidia de’ giudei o de’ pagani”!
I gaudi
di Maria
Eppure, almeno in un passaggio,
Antonino, dopo aver riempito la sua
esortazione di esempi provenienti solo da padri,
santi e beati, invita
le sue figliuole
dilette a meditare “qualche cosa devota dell’infanzia
di Cristo,
dei gaudi che doveva avere la sua gloriosa Madre nella infanzia di Lui,
quando
l’allattava, quando lo teneva in braccio, quando da lui si vedeva
servire,
sapendo lei che egli era il vero Figliuolo di Dio.”
Non più quindi solo il richiamo alla
lotta virile contro ogni tentazione
di deviazione dalla retta via, ma anche un
suggerimento, per il buon esito
dell’orazione, a meditare sui “gaudi” di
Maria.
E a Maria dedica pagine intense.
Scrive, in un passaggio, Antonino:
“E san Bernardo dice:
‘Perché tu, uomo, non eri degno di ricevere
il Figliuolo di
Dio, fu dato a Maria, acciò che per lei e da lei ricevessi
ciò di cui avevi bisogno.’ Rimane Maria sempre un tramite tra Dio
e l’uomo, ma che tramite!
Il rispetto per Annalena
Nella Lettera di indirizzo ad
Annalena e compagne è chiaro comunque
il profondo rispetto con sincera stima di Antonino per
Annalena;
ecco le sue parole a testimonianza: “Questo mio piccolo e rozzo
trattatello
lo indirizzo a voi, Venerabile Madre. Non che io lo scriva a voi, poiché io
vi conosco come tale che sareste più capacevoi ad istru ire me, che io voi;
ma
l’indirizzo a voi, affinché prima lo leggiate voi, e, se vi pare che ci sia
qualche cosa
utile a sostenere le vostre figliuole, allora lo presentiate loro
per parte nostra. Ma se conosceste che non facesse per loro, vi do licenza
che lo stracciate, a patto che voi
preghiate per me.”
Non pare solo un esclusivo tributo
all’umiltà.
La
sirena
Nell’ultima
parte del trattatello Antonino
affronta il problema del resistere
alla “sirena”, ostacolo finale al raggiungimento del
porto. Mai ascoltare
le sirene -ammonisce il
saggio Antonino-,
perché portano alla morte.
E qui,
a rappresentare le “sirene”,
Antonino
introduce “alcune secolari
adornate”; in breve, donne
pericolose per altre donne! Ma leggiamo
direttamente per un lungo brano le parole di
Antonino in quanto molto
significative al nostro fine.
"Bisogna,
dunque, essere molto vigilanti, stare attenti e non voler dare occhi
né consentimento a nessun pensiero carnale e sensuale, che il nostro
avversario
ci mette nella mente, ma scacciarlo subito; e sempre far
buona resistenza
al principio dei pensieri, di non riceverli né dar
loro luogo nella mente,
ma scacciarli subito, perché chi non è così
sollecito a fare, è inevitabile che si diletti.
Il quale pensiero
con detta dilettazione genera consenso e, dopo il consenso,
si passa
all'azione. E la consuetudine fa necessità, la quale genera
scurrilità
e sensazione, e detta scurrilità genera ostinazione, e
dall'ostinazione viene
disperazione, e la disperazione alla fine
genera morte eterna. Sicché vedete,
mie, che cosa è non
resistere da principio ai pensieri e non voler turarsi gli orecchi
della mente e non dargli udienza. Similmente, figliuole mie, molto vi
incoraggio
ad avere buona cura dei vostri sensi e massimamente del
vedere; quando vedete
venire al monastero alcune secolari adornate,
turatevi gli occhi, perché esse sono
a voi tutte sirene e vasi pieni
di tentazioni. Fuggitele, figliuole mie, come se esse
fossero dragoni
e non v'acostate loro, eziandio se fossero vere vostre parenti.
Pensate bene allo stato vostro e considerate che se siete spose di
Dio, non vi è lecito
avere familiarità con loro, eccetto quando
venisse qualche donna secolare con vestimenti
onesti, che avesse lo
spirito che avete voi, cioè persone che non vi rechino novelle
mondane, ma che si dilettino di parlare di Dio. Tali donne vi
conforto bene
a conversare con loro e consolarvi, perché molte
maritate sono al mondo vestite
con panni secolari, ma che sono in
vita religiosa e fuggono molte volte le conversazioni
e le
tempeste che porge loro a ogni ora questo tempestoso mare di questo
misero
e ingannevole mondo, e vengono a voi, che siete nel porto
sicuro e quieto della religione,
per respirare e confortare un poco
le anime loro fracassate dalle tempeste del mondo.
Queste simili
ricevetele con grande riverenza, perché Dio fa miracoli per loro,
ché le fa ardere del suo amore nelle acque del pelago di questo
pericoloso mondo.
Leggete loro e dite qualche buon esempio, e
industriatevi di rimandarle cariche
di legna spirituali, acciò che
con esse possano mantenere il santo fuoco di Gesù Cristo.
Le altre
che conoscete che abbiano spirito mondano, come dissi e di nuovo vi
dico,
fuggitele e siate con loro ben aspre, acciò che non vi tornino
più, perché esse sono
sirene pericolose alle
anime vostre. Siatevi care e pensate che siete spose di Dio
e che
avete uno Sposo geloso, che non vuole che amiate né conversiate se
non
con la famiglia sua, cioè con quelle che Egli ha dato dello
Sposo suo."
Altro
non è da aggiungere. Resta ammirevole la sincerità di Antonino
quale maestro rigoroso e insieme comprensivo, una guida spirituale
di
grande affidabilità.