In questo blog di parole per una "cultura del
limite",
e per la "sovranità conviviale",
nella direzione di "homo homini cura",
almeno il Compendio del "Manifeste
Convivialiste",
pubblicato in Francia, per i tipi di "Le Bord de L'eau",
nel
Giugno di quest'anno,
non può assolutamente mancare.
Si tratta di una proposta necessaria e urgente.
Se ne consiglia la lettura con un penoso sguardo alle miserie
del presente (in
Italia, in particolare),
ma con una disposizione a produrre il cambiamento
a
partire da noi stessi.
Buona lettura
Compendio del
manifesto convivialista
Dichiarazione
di interdipendenza
Mai come oggi l’umanità ha avuto a disposizione tante risorse
materiali
e competenze tecnico-scientifiche. Considerata nella sua globalità,
essa
è ricca e potente come nessuno nei secoli passati avrebbe potuto mai
immaginare. Non è detto che sia anche più felice. Tuttavia, non c’è
nessuno che desideri tornare indietro, poiché ognuno si rende conto
che di giorno in giorno si aprono sempre maggiori e nuove
potenzialità
di realizzazione individuale e collettiva. Eppure, nonostante
ciò,
nessuno è disposto a credere che questa
accumulazione di potenza possa essere perseguita indefinitamente
senza che, in una logica immutata di progresso tecnico, si
ritorca
contro se stessa e metta a repentaglio la sopravvivenza fisica e
morale
dell’umanità. Le prime minacce che incombono su di noi sono di
ordine
materiale, tecnico, ecologico ed economico. Minacce entropiche.
Ma noi siamo molto più impotenti nell’immaginare delle risposte
adeguate
al secondo tipo di minacce. Alle minacce di ordine morale e
politico.
A quelle minacce che potremmo definire antropiche.
Il
problema numero uno
Sotto i nostri occhi c’è un’evidenza accecante: l’umanità ha saputo
realizzare
dei progressi tecnici e scientifici sorprendenti, ma resta ancora
incapace di risolvere
il suo problema fondamentale: come gestire la
rivalità e la violenza tra gli esseri umani?
Come convincerli a cooperare, pur consentendo loro di contrapporsi senza massacrarsi?
Come contrastare l’accumulazione della
potenza, ormai illimitata e potenzialmente
auto-distruttiva, contro gli uomini e contro la natura? Se
l’umanità non saprà trovare
una risposta a questi interrogativi, è destinata a scomparire. E questo
proprio quando
si sono create tutte le condizioni materiali di un benessere generalizzato, purché
si prenda coscienza della loro
finitezza.
Abbiamo a disposizione molteplici elementi di risposta, che nel corso dei
secoli sono stati
apportati dalle religioni, dalle morali, dalle dottrine politiche, dalla filosofia e
dalle scienze
umane e sociali. Così pure, le iniziative che si muovono in direzione di un’alternativa
all'attuale organizzazione del mondo sono innumerevoli, promosse da migliaia e migliaia
di
organizzazioni o associazioni, e da decine o centinaia di milioni di persone. Queste
iniziative si presentano sotto varie
denominazioni e ai più diversi livelli: la difesa
dei diritti dell’uomo,
del cittadino, del lavoratore, del disoccupato, della donna
o dei bambini; l’economia sociale e solidale con tutte le sue componenti: le cooperative
di produzione o di consumo, la mutualità, il commercio equo, le monete parallele
e complementari, i sistemi di
scambio locale, le innumerevoli associazioni di mutuo
soccorso; l’economia cognitiva dei network (cfr. Linux, Wikipedia, ecc.); la decrescita
e il
post-sviluppo; i movimenti slow food, slow town, slow science; la
rivendicazione
del buen vivir, l’affermazione dei diritti della natura e l’elogio della pachamama;
l’altermondialismo, l’ecologia
politica e la democrazia radicale, gli indignados,
Occupy Wal Street; la ricerca di indicatori alternativi
di ricchezza, i movimenti
della trasformazione personale, della sobrietà volontaria, del
l’abbondanza frugale,
del dialogo tra le civiltà, le teorie del care, la nuova concezione dei “beni comuni”
(commons), ecc.
Perché queste iniziative così ricche possano contrastare con un’adeguata
potenza
le dinamiche letali del nostro tempo e non siano confinate nel ruolo di mera contestazione
o di
semplice palliativo, diventa decisivo unire le loro forze e le loro energie.
Da
qui l’importanza di sottolineare ed enunciare ciò che hanno in comune.
Sul
convivialismo
In comune hanno la ricerca di un convivialismo, di
un’arte di vivere insieme
(con-vivere) che
consenta agli esseri umani di prendersi cura gli uni degli altri
e
della Natura, senza negare la legittimità del conflitto, ma trasformandolo in un fattore
di dinamismo e di
creatività, in uno strumento per scongiurare la violenza
e le pulsioni di morte. Per trovarlo abbiamo urgente
bisogno
di un corredo dottrinale minimo e condivisibile, che consenta di
rispondere
contemporaneamente, ponendole su scala planetaria, almeno a quattro
questioni
di base (più una):
- La questione morale: che cosa è
lecito per gli individui sperare e che cosa devono
proibirsi?
- La questione politica: quali sono
le comunità politiche legittime?
- La questione ecologica: che cosa
possiamo prendere (d)alla natura e che cosa
dobbiamo restituirle?
- La questione economica: quale quantità di ricchezza
materiale ci è lecito produrre,
e in che modo, per essere coerenti con le
risposte date alla questione morale,
politica ed ecologica?
Ognuno è libero di aggiungere, se vuole, a queste quattro questioni
quella del rapporto
con il sovrannaturale o con l’invisibile: la questione religiosa o spirituale.
O la questione del senso.
Considerazioni
generali
Il solo ordine sociale legittimo universalizzabile è quello che si ispira
ad un principio
di comune umanità, di comune socialità, di individuazione, e di un conflitto
che bisogna saper
tenere sotto controllo e, quindi, creativo.
Principio
di comune umanità: al di là delle differenze del colore della pelle,
di nazionalità, di
lingua, di cultura, di religione o di ricchezza, di sesso o di orientamento
sessuale, c’è una sola umanità, che deve essere rispettata nella persona di
ognuno
dei suoi membri.
Principio
di comune socialità: gli esseri umani sono esseri sociali per i quali
la ricchezza più grande
è la ricchezza dei loro rapporti sociali.
Principio
di individuazione: nel rispetto di questi due primi princìpi, la politica legittima
è quella
che consente ad ognuno di affermare nel modo migliore la sua peculiare
individualità in divenire, sviluppando la sua potenza di essere e di agire
senza nuocere
a quella degli altri.
Principio
del conflitto tenuto sotto controllo e creativo: poiché ognuno tende
a manifestare la propria peculiare individualità, è naturale che gli esseri
umani possano
contrapporsi gli uni agli altri. Ma è legittimo farlo solo nella
misura in cui ciò non mette
in pericolo il quadro della comune socialità che
rende feconda
e non distruttiva una tale rivalità.
Da questi princìpi generali discendono alcune:
Considerazioni
morali
Ciò che ad ogni individuo è lecito sperare è di vedersi riconoscere
un’eguale dignità
con tutti gli altri esseri umani, di accedere alle condizioni
materiali che gli permettano
di realizzare la sua concezione della vita buona,
nel rispetto delle concezioni degli altri.
Ciò che non gli è consentito è di travalicare nella dismisura
(la hubris dei Greci),
cioè di violare il
principio di comune umanità e di mettere a rischio la comune socialità.
Concretamente, il dovere di ciascuno è di lottare contro la corruzione.
Considerazioni
politiche:
Nella prospettiva convivialista, uno Stato, un governo o un’istituzione
politica nuova
possono ritenersi legittimi solo se:
- rispettano i quattro princìpi – di comune umanità, di comune socialità,
di individuazione
e del conflitto tenuto sotto controllo – e se
promuovono la realizzazione
delle considerazioni morali, ecologiche ed economiche ad essi collegate.
Più specificamente, gli Stati legittimi garantiscono a tutti i loro
cittadini più poveri
un minimo di risorse, un reddito di base, quale che sia la
sua forma, che li ponga
al riparo dall’abiezione della miseria, e impediscono
progressivamente ai più ricchi,
attraverso l’instaurazione di un reddito
massimo, di sprofondare nell’abiezione
dell’estrema ricchezza oltrepassando un
livello che vanificherebbe i princìpi
di comune umanità e di comune socialità.
Considerazioni
ecologiche:
L’Uomo non può ritenersi padrone e possessore della Natura, e ciò sulla
base
del presupposto che, lungi dall’opporvisi, deve trovare con essa, almeno
metaforicamente, una relazione di dono/controdono.
Per lasciare alle generazioni future un patrimonio naturale protetto, deve,
dunque,
restituire alla Natura quanto o più di quello che egli prende o riceve
da lei.
Considerazioni
economiche:
Non esiste una correlazione accertata tra ricchezza monetaria o materiale
da un lato
e felicità o benessere dall’altro. La situazione ecologica del
pianeta rende necessario
ricercare tutte le forme possibili di una prosperità senza crescita. Perciò, è urgente,
in una prospettiva di
economia plurale, costruire un equilibrio tra Mercato, economia
pubblica ed economia di tipo
associazionistico (sociale e solidale),
a seconda che i beni o i servizi da produrre siano individuali, collettivi
o comuni.
Che
fare?
Non bisogna nascondersi che occorrerà affrontare potenze enormi e
formidabili,
sia finanziarie che materiali, tecniche, scientifiche,
intellettuali, militari e criminali.
Contro queste potenze colossali e spesso
invisibili o non localizzabili, le tre armi principali
saranno:
- L’indignazione di fronte alla dismisura e
alla corruzione, e la vergogna
che è
necessario far sentire a coloro che direttamente o indirettamente, in modo attivo
o passivo, violano i princìpi di comune umanità e di comune socialità.
- Il sentimento di appartenere ad una comunità umana mondiale.
- Al di là delle «scelte razionali» degli uni verso gli altri, la mobilitazione degli affetti
e delle passioni.
Rottura
e transizione
Ogni politica convivialista concreta e applicata dovrà necessariamente
tener conto:
- dell’imperativo di giustizia e di comune socialità, che implica
la riduzione progressiva delle diseguaglianze clamorose
che a partire
dagli anni Settanta sono esplose in tutto il mondo tra i più
ricchi e il resto
della popolazione;
- dell’esigenza di prendersi cura dei territori e dei luoghi, cioè di
riterritorializzare
e rilocalizzare ciò che la globalizzazione ha
smisuratamente esternalizzato.
- L’assoluta necessità di tutelare l’ambiente e le risorse naturali.
- L’obbligo incondizionato di eliminare la disoccupazione e
di offrire a ciascuno
una funzione e un ruolo riconosciuti in attività utili
alla società.
La traduzione del convivialismo in risposte concrete significa articolare,
situazione per situazione, le risposte a partire dall’urgenza di migliorare
le
condizioni di vita degli strati popolari e di costruire un’alternativa
al modo
di vita attuale, così gravido di minacce di ogni tipo. Un’alternativa
che
smetta di far credere che la crescita economica illimitata possa essere
ancora
la risposta a tutti i nostri mali.
(Trad. it. di Francesco Fistetti)
Claude Alphandéry, Geneviève Ancel, Ana Maria Araujo (Uruguay), Claudine
Attias-Donfut, Geneviève Azam, Akram Belkaïd (Algérie), Yann Moulier-Boutang,
Fabienne Brugère, Alain Caillé, Barbara Cassin,PhilippeChanial, Hervé
Chaygneaud-Dupuy, Eve Chiapello, Denis Clerc, Ana M. Correa (Argentine), Thomas
Coutrot, Jean-PierreDupuy, François Flahault, Francesco Fistetti (Italie),
Anne-Marie Fixot, Jean-Baptiste de Foucauld, Christophe Fourel, François
Fourquet, Philippe Frémeaux, Jean Gadrey, Vincent de Gaulejac, François
Gauthier (Suisse), Sylvie Gendreau (Canada), Susan George (États-Unis),
Christiane Girard (Brésil), François Gollain (Royaulme Uni), Roland Gori,
Jean-Claude Guillebaud, Paulo Henrique Martins (Brésil), Dick Howard
(États-Unis), Marc Humbert, Éva Illouz (Israël), Ahmet Insel (Turquie),
Geneviève Jacques, Florence Jany-Catrice, Zhe Ji (Chine), Hervé Kempf, Elena
Lasida, Serge Latouche, Jean-Louis Laville, Camille Laurens, Jacques Lecomte,
Didier Livio, Gus Massiah, Dominique Méda, Margie Mendell (Canada),
Pierre-Olivier Monteil, Jacqueline Morand, Edgar Morin, Chantal Mouffe (Royaume
Uni), Osamu Nishitani (Japon), Alfredo Pena-Vega, Bernard Perret, Elena Pulcini
(Italie), Ilana Silber (Israël), Roger Sue, Elvia Taracena (Mexique), Frédéric
Vandenberghe (Brésil), Patrick Viveret.
Nostro il Corsivo sottonineato
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