Lettera aperta al M5S: i tempi duri aprano a soluzioni nuove.
Nella motivazione del rinvio dell'elezione del "capo politico" del M5S
il riferimento all'attuale situazione emergenziale è chiarissimo (e giusto).
Ecco il testo: "Stiamo attraversando un momento di emergenza sanitaria,
sociale ed economica senza precedenti e tutte le nostre forze devono
essere concentrate nell'unico obiettivo di accompagnare questo paese
a rialzarsi, e per fare questo serve compattezza e unità di intenti. ...
Il comitato ha ritenuto opportuno rinviare le elezioni del nuovo capo politico
ad un momento successivo e su questo ha richiesto una interpretazione
autentica al garante del MoVimento, Beppe Grillo, il quale ha ribadito
che non solo è ammissibile, ma indispensabile, alla luce della eccezionale
condizione in cui sta versando il paese, che si attenda la normalizzazione
della situazione prima di procedere all'indizione della elezione
del nuovo capo politico”.
Se è giusto attendere la normalizzazione, è forse giusto continuare domani
senza cambiamenti? Di qui il senso di questa proposta.
La pandemia ha svelato situazioni contraddittorie: da una parte,
a livello di istituzioni, in più cabine di regia, è completamente assente l'opera
e la visione femminile dei problemi, dall'altra, nella società, l'opera
e la visione femminile dell'agire è di gran lunga la più presente.
Scrive la senatrice Valeria Valente: "il lavoro delle donne sta sorreggendo
il sistema Italia. I due terzi delle donne occupate, 6 milioni 440 mila
su 9 milioni 872 mila, stanno continuando a prestare la propria opera
perché impegnate in settori strategici, come il Sistema sanitario nazionale
(dove i 2/3 sono donne) e la cura domiciliare di anziani non autosufficienti,
la scuola, la vendita di alimenti, i servizi bancari e assicurativi,
i servizi nella PA. ... L’Italia scopre in questo momento l’importanza
e il valore del lavoro e del contributo delle donne alla lotta
contro il Coronavirus, sia nelle famiglie che nella società."
Se questa è la fotografia del nostro paese in questa emergenza sanitaria,
sociale ed economica, non è forse venuto il tempo di eleggere non più
il vecchio unico "capo politico", ma insieme una donna e un uomo, una coppia,
con il compito di esercitare una guida duale?
C'è un pensiero femminile (scrive Livia Turco: "Ci sono pensieri e categorie
politiche elaborate dalle donne nel corso del tempo che sono cruciali
per misurarsi con le sfide di oggi: coscienza del limite; tempi di vita
e tempi di lavoro; il no alla mercificazione dei corpi...") da rappresentare,
ormai è necessario, nelle sedi alte delle decisioni politiche.
La guida duale elabora, prima della decisione, una mappa più ampia
sia delle possibili problematiche sia delle molteplici strategie di soluzione.
“Man or woman, you need both masculine and feminine traits to thrive
in today's world” (The Athena Doctrine).
O no?
Severo Laleo
parole per una "cultura del limite" a cura di Severo Laleo ... de tous temps penseurs, sages ou philosophes, ont cherché les moyens à s'opposer à la démesure (hybris) ... les convivialistes
venerdì 24 aprile 2020
mercoledì 22 aprile 2020
Promemoria coronavirus: 4. le donne
Erano
tempi di primavera anche sette anni fa,
quando,
per trovare una via d’uscita alle difficoltà sorte
nella
formazione di un nuovo Governo dopo le politiche 2013,
il
Presidente Napolitano nominò una commissione
(con
l’esclusione di esperti provenienti dal M5S) di dieci saggi
(si
fa per dire!) per elaborare un programma di riforme
a
livello istituzionale ed economico.
Una
commissione, appunto, propriamente di dieci saggi,
cioè
di dieci maschietti, senza l’ombra di una saggia!
E
già allora non mancarono le critiche alla scelta maschilista
del
Presidente della Repubblica.
Nella
primavera di quest’anno, per trovare una via d’uscita
alle
difficoltà di
gestione dell’emergenza coronavirus, sono
all'opera due
Comitati; nel Comitato Tecnico Scientifico,
zeppo di ben venti
esperti di
ogni utile settore, la presenza
delle donne è uguale a zero. Zero!
E
nel Comitato di Esperti (Task Force) per la Fase 2,
sotto la guida, per un caso, di
un uomo, Vittorio Colao, figurano
quattro donne su diciassette. 4/17!
Un
progresso rispetto ai Dieci Saggi e al Comitato Tecnico
Scientifico. Chiaramente
anche questa volta non sono
mancate le critiche, da
tante parti. Anche la Bonino,
che è a suo modo per la
meritocrazia* contro
le quote rosa,
ha dichiarato in
un’intervista al Corriere della Sera:
“In
Italia la parità di genere esiste solo il sabato e alla domenica
nei
convegni. Poi
dal lunedì chi ha il potere reinserisce
il
pilota automatico e
sceglie gli
uomini che conosce,
di cui è amico, che gli girano intorno”. Proprio così.
E invoca: "Dateci voce".
Chiaro.
D’accordo. Ma non si può sempre stare a chiedere,
molto spesso al
solito maschio al Potere, di tener presenti
le donne. Non se ne può
più.
Uomini
e donne pari sono, di numero e per ogni altra dote umana,
nel
bene e nel male. Quando
si tratta di nominare Comitati
stabilisca
la legge, una volta per tutte, la presenza pari
di uomini e donne.
La
soluzione è facile e sarà senza dubbio all'unanimità o quasi:
forse qualche
maschilista in giro ancora c’è.
O
no?
Severo
Laleo
*P.S.
A proposito di meritocrazia vorrei riportare questo brano
tratto dal
libro della
Gruber, “Basta!”, è da attribuire
a Criado
Perez: “In tutto il mondo, nella
maggioranza
delle decisioni di assunzione, la meritocrazia è un
mito.
Serve
a coprire il pregiudizio positivo che avvantaggia
i maschi bianchi.”
lunedì 20 aprile 2020
“Basta!”: anche la Gruber non giunge al bicratismo
Caro Scapece,
e chi avrebbe mai
potuto immaginare una simile situazione
(speriamo non
duratura)! E per colpa di un virus!
Chiusi entrambi in
due città del mediterraneo per antonomasia aperte,
con il loro mare e
con i loro porti, sicuri e accoglienti, per millenaria storia,
con i loro odori
inconfondibili e avvolgenti (smog permettendo).
E con i loro rumori
di fondo continui, tra i movimenti di lavoro
e il vociare
disordinato e straordinariamente musicale.
Dov'è ora
l’ammuina? Ingoiata nel deserto del Rettifilo!
E deserta è anche
la Canabière, privata del suo via vai multicolore,
corposamente
mediterraneo. Ma non la vedrò per ora,
dovrò accontentarmi
di scendere in Boulevard Chave
e seguire sognando
il timido e gentile suo amico tram.
Ora il faut
rispettare le misure, per tornare domani a respirare all'aperto,
a mare, appena
possibile. Va bene! E’ per il bene di tutti!
Le regole sono da
rispettare, ma fuori di qui qualche sindaco è andato
oltre il senso
comune: concede un’uscita di casa a non più di 10 metri
dall'abitazione.
10 metri! E se il cassonetto dell’immondizia è a 50 metri?
Mah! Per salvare il
corpo non bisogna perdere la ragione. O no?
Senti, vorrei
parlarti del libro della Gruber, Basta! letto
in verità già da tempo,
ma
solo ora riesco a raccogliere gli appunti sparsi, registrati
durante
la
lettura. Scusami quindi se
sarò disordinato.
Il
titolo è gridato, oltre la misura sempre
mostrata da
Gruber:
Il potere delle
donne contro la politica del testosterone BASTA!
Un
libro letto con piacere, chiaro e diretto (p. 20: una ciurma di
maschi
sbracati
sta imperversando nelle stanze dei bottoni da troppo tempo,
in
tutto il mondo. Seminano violenza, alimentano le paranoie
di
una minoranza, ignorano i bisogni della maggioranza,
inseguono
il miraggio di un potere assoluto quanto sterile.
In
Italia abbiamo avuto come vicepremier uno dei più pittoreschi,
non
credo il più pericoloso.”), con una tesi precisa
e
un invito secco: “Spero che i capi-partito...facciamo come
Ursula
von der Leyen, costruendo squadre fifty-fifty.
Mettendo
la parità finalmente al primo posto dei loro programmi
e
le donne nelle posizioni <<sicure>> delle liste”.
E
qui Gruber cade. Si rivolge ai capi-partito maschi perché aprano
al
fifty-fifty, alla parità, a posti sicuri nelle liste.
Un’invocazione,
una
preghiera del tutto fuori luogo, specie in questo libro;
la
parità non può essere una concessione octroyée,
ma semplicemente
una
legge di Stato. Eppure Gruber più volte tocca il tema
dell’importanza
della
compresenza/collaborazione uomo/donna, da una parte sa
che
la guerra tra i sessi è inutile (p. 85: “nel migliore
dei mondi possibili
non
servirebbe la guerra. Si può vincere tutti insieme.”),
dall'altra
racconta
del vantaggio, ben misurabile in termini di concorrenza
tra
aziende, della maggiore diversità di genere (v. p. 85).
E
su questo si leggano ancora (pp. 103/04): l’articolo pubblicato su Le
Monde
a
cura di importanti organizzazioni femministe, l'intervento battagliero,
sempre
su Le Monde, di Emma Thompson, e il commento di Criado
Perez
sulla
meritocrazia. Illuminanti. Speriamo, continua Gruber, nella determinazione
delle
over 60 (p. 114)! Le giovani di oggi sono più male-friendly,
ma
quando è necessario bisogna lottare (p. 115), perché “nessun uomo
sa essere
femminista quanto
una donna. Nemmeno Jacques”!
D’accordo, anche se Jacques, il suo compagno, si rifà, recupera cioè,
a p. 123, con una specie di esplosione, quando difende con calore la candidatura
di una Presidente(ssa) per gli Stati Uniti.
D’accordo, anche se Jacques, il suo compagno, si rifà, recupera cioè,
a p. 123, con una specie di esplosione, quando difende con calore la candidatura
di una Presidente(ssa) per gli Stati Uniti.
La
sua vis polemica colpisce a fondo il bersaglio maschio alfa,
ti
vien voglia di dire: “brava, ben detto!”, ma
preferisco Gruber analista,
proiettata nel
futuro: “la battaglia per i diritti femminili si inquadra
in una guerra più
ampia che è quella di una miglior distribuzione
della ricchezza e
delle opportunità. La battaglia per la dignità femminile
si intreccia con
quella contro la speculazione e la corruzione,
che sono le due
malattie fatali del nostro tempo [non
solo, via!]
e delle nostre
democrazie. Di ineguaglianza si muore e se ai padroni
del mondo la cosa
non interessa è tempo che cambino idea.
O meglio, è
tempo di un bel ricambio ai vertici.”
Son gradevoli anche
gli intermezzi, mai fuori contesto, quali i riferimenti
alla sua biografia e
il chiamare in causa amorevolmente il suo compagno.
Ma l’ottima Gruber
si ferma purtroppo alle raccomandazioni, grida “Basta!”,
ma non tocca la struttura maschilista del potere, tutta costruita, nell’atavico
duello tra maschi, e
sul suo esito storico, il monocratismo.
Eppure, se nel
saggio The Athena Doctrine si legge di un 81%
di intervistate/i
d’accordo su questa affermazione
(ho trovato nel web
la slide): “Man or woman,
you need both
masculine and feminine traits to thrive in today's world”,
un qualche timido
spiraglio si sarebbe potuto cogliere per la realizzazione
O no?
Stammi bene,
Scapece, e, nell’attesa di una passeggiata insieme a Mergellina,
sempre buone cose.
Severo
domenica 19 aprile 2020
Michele Serra e la scoperta del limite
Pare che il
coronavirus sia riuscito a trascinare
la parola “limite”,
e il suo significato, fuori dal ghetto
dell’impopolarità
per lanciarla nel dibattito di oggi.
Almeno questo
scrive, e vale la pena riportare tutto il brano,
Serra nella
sua rubrica su la Repubblica:
“Il concetto di
limite dovrà essere riesumato dal sarcofago
[esagerato!]
nel quale è stato rinchiuso molto tempo fa.
E’ un concetto
impopolare, tipicamente di minoranza,
maneggiato con
estenuata tenacia da conventicole ambientaliste,
autorevoli
scocciatori come il club di Roma, studiosi molto
meno ascoltati di
quanto sia oggi il più scarso dei virologi
e spesso di
essere tacciati di menagramo. Di qui in poi,
per forze di
cose, “limite” diventerà un concetto pop.”
Grazie Michele, la
tua saggezza oggi appare confortante.
In verità, oltre
alle conventicole ambientaliste e
a qualche
menagramo,
l’idea di limite è stata coltivata sin dall’antichità.
Scrivono
per esempio nel loro
manifesto les
convivialistes:
“de
tous temps penseurs, sages ou philosophes, ont cherché
les
moyens à s'opposer à la démesure (hybris)”.
Eppure,
più recentemente, e a prescindere appunto dal coronavirus,
Bodei,
il filosofo, aveva già indicato l’opportunità di praticare
Dispiace,
quindi, ma non è mai troppo tardi, dare il merito
al
coronavirus.
O
no?
Severo
Laleo
sabato 11 aprile 2020
Promemoria coronavirus: 3. le tasse
Qualcuno tra i
deputati del Pd, anzi il capogruppo alla Camera, Del Rio,
ha proposto, al fine
di raccogliere fondi a favore delle famiglie più bisognose,
un contributo di
solidarietà da versarsi, secondo criteri di progressività,
da parte di chi ha
un reddito annuo superiore a 80.000 euro.
In breve, per un
periodo limitato a due anni, un atto di solidarietà
da parte di chi non ha
bisogno nei confronti di chi ha tanto bisogno.
Proposta semplice,
chiara, onesta, sensata, socialmente utile a rinvigorire
il sentimento
dell’unità di patria. Qui,
con corretta completezza, la notizia.
Apriti cielo.
Per Italia Viva è
“una follia”, proprio così, una follia; per il M5S
“non esiste”,
per Conte “non
se ne parla”. E questa è la maggioranza!
Anche nel Pd i
soliti distinguo, ma almeno in ambito dialogico.
Le opposizioni si
trovano a proprio agio sull'argomento,
dimostrando tutta la
cecità di una visione dogmatica, senza eccezioni.
Prigionieri di un'ideologia fuori misura.
Ascoltiamo qualche
campione della difesa dell’intoccabile reddito alto.
Taiani: “La
patrimoniale [e
non è una patrimoniale: ma, si sa, la parola
fa
paura al popolo italiano!] è
inaccettabile. Ci opporremo con tutte
le
nostre forze [esagerato:
solo per salvare degli spiccioli ai benestanti?]
ad
ogni tentativo di mettere le mani nelle tasche e nei conti degli
italiani.
Il
governo deve dare non togliere ai cittadini. Non c'è bisogno
di
un nuovo sceriffo di Nottingham”.
Testuale!
Salvini,
con l’abituale sua eleganza, grida accorato il suo: “Sono
matti.
Li
fermeremo!” E
già, prima gli italiani, specie se abbienti.
Il
colpo di grazia è assestato da Meloni: “Per noi la
patrimoniale [e dagli!]
è
un furto e lo impediremo con ogni mezzo.” Evviva!
Esiste nel nostro
bel Paese un riflesso condizionato quando si parla di tasse,
se persino una
condizione di emergenza di così dolorosa gravità
non riesce a
spingere la nostra classe politica, tutta, a disegnare strategie
di solidarietà.
Niente. Gli occhi della ragione sono chiusi.
La risposta è
sempre uguale: guai a toccare chi ha di più.
Eppure la società
civile offre un altro spettacolo: volontarie e volontari
disponibili fino
all'ammirazione in attività di solidarietà (danno sé stesse/i);
tante altre persone pronte a rispondere
all'invito di versare un contributo
per la Protezione Civile (ognuna/o dona
secondo il proprio reddito);
infine tante/i donne e uomini (soprattutto donne,
in questa emergenza)
con turni faticosi e pesanti continuano a prestare un’opera
fondamentale
per garantire a tutta la popolazione, con alti e bassi redditi, i beni essenziali,
e
molto spesso con salari penosi.
Ma, si sa, la
società civile, con le riserve del caso, dimostra di essere più
avanti
del ceto politico.
E, al di là del contributo di solidarietà di oggi,
attenderà indignata
una riforma fiscale per una più equa, ben calibrata,
distribuzione della
ricchezza. E, sono convinto, molte tra le persone
con più di 80.000 euro di reddito sarebbero ben disposte a partecipare
a un fondo di solidarietà. Ah, se si potesse lanciare una petizione!
La civiltà di un
paese libero e democratico, rispettoso della dignità
di ogni persona, a
partire dalla tutela del suo benessere fisico, si misura
sulla contribuzione,
ciascuno secondo il proprio reddito, alle spese generali
dell’intero
sistema statale, utile a tutti senza distinzioni di classe.
Per ora forse c’è
da vergognarsi di tanta cocciutaggine di gran parte
dei nostri
rappresentanti in Parlamento nel salvare i redditi alti
(spesso alti,
complice un’evasione fiscale tollerata).
O no?
Severo Laleo
martedì 7 aprile 2020
Promemoria coronavirus: 2. la scuola
Oggi, nel giorno di
San Giovanni Battista de La Salle, teologo francese
morto nel 1719, e
con buone pratiche educative al suo attivo,
leggo su Huffington
Post un articolo di Fulvio Abbate con
la parola
scuola
nel titolo. In verità, t’accorgi subito, si parla d’altro.
La
prosa del nostro
Abbate
è spesso gradevole,
ti immerge,
ancora
assonnato, in una ciotola di
brulicante muesli,
e
tiene,
almeno
in questo caso, a non scivolare,
a suo modo, lungo il
crinale
del
lieve dileggio, ma il suo
dire appare completamente
inutile
e fuori posto: in una situazione di emergenza qual è l’attuale,
la
sua analisi è tutta centrata sulla figura della ministra (un
antico
maschilismo
svolge bene il suo compitino!) e per niente sui problemi
della
scuola. Il nostro buon
Abbate
gioca con le parole,
sente
pur il
bisogno di citare la
docimologia, ma il suo intento
è
di accusare di “scena
muta” l’insegnante
Azzolina.
Caro
il nostro Abbate,
oggi abbiamo tutti
bisogno
di parole pesanti,
di
parole da lanciare nelle relazioni sociali, ciascuno
dal suo
confinement,
per un solo scopo, per contribuire a trovare soluzioni.
Le
usi, e costruiremo insieme una sovranità conviviale!
La
ministra Azzolina,
avendo dalla sua, da insegnante, le qualità
dell’ascolto,
della prudenza e della pazienza, saprà svolgere il suo compito
al
meglio e al momento opportuno. In
ogni caso nessuno perderà
il
diritto di critica. Per ora “scena
muta”
e “boh”,
per usare
i
creativi termini dell’Abbate,
non sono compagni dell’arroganza.
La
pandemia ha costretto tutti a fare i conti con il sistema scuola,
e
soprattutto con la didattica e la valutazione.
Si
potrà finalmente riflettere sul superamento definitivo della
didattica
tradizionale, tutta
centrata sul trinomio lezione-interrogaziome-voto
in
un luogo chiuso, a
volte angusto e non sicuro, tra banchi e cattedra?
Si
potrà finalmente pensare a una scuola dove
ogni minore abbia
la possibilità di
apprendere il proprio sapere e agire libero
senza il condizionamento della
valutazione e del merito?
Più
chiaramente: la scuola, nel rispetto della
singolarità di
ogni persona
discente, deve
poter usare tutte le strategie possibili, con impiego largo
di
risorse strumentali e
umane, perché il successo scolastico
sia per tutti.
E
non serve
certo
un 6 politico per
scavalcare la classe e andare avanti.
E
non
è utile a nessuno un passaggio burocratico da una classe all’altra,
complice una falsa, contrattata,
ipocrita, pagella/esame.
Per
una società migliore, è necessaria la promozione
reale
di tutte le persone in
età di apprendimento, tutte,
e la scuola per
questo motivo
è
chiamata a offrire a
ciascuno secondo i propri limiti e le proprie attitudini
il
cammino della “promozione”.
O
no?
Severo
Laleo
Promemoria coronavirus: 1. il carcere
La
preoccupazione del Papa, note da tempo le pesanti condizioni di vita,
soprattutto per carenza di spazi, all’interno delle carceri, è oggi più forte
in presenza di questa temibile pandemia. La sua preghiera, in questo caso laica,
è rivolta a chi deve prendere decisioni perché si eviti una calamità grave.
soprattutto per carenza di spazi, all’interno delle carceri, è oggi più forte
in presenza di questa temibile pandemia. La sua preghiera, in questo caso laica,
è rivolta a chi deve prendere decisioni perché si eviti una calamità grave.
E
di quale portata è immaginabile.
La
pandemia quindi spinge a trovare soluzioni razionali, corrette,
ponderate
(giuste), ma anche creative.
(giuste), ma anche creative.
Riflettiamo
un attimo. Ma davvero nel terzo millennio è ancora possibile
sostenere la necessità della galera, della cella, del chiudere persone a chiave,
cancellate dietro cancellate, per ogni tipo di pena?
sostenere la necessità della galera, della cella, del chiudere persone a chiave,
cancellate dietro cancellate, per ogni tipo di pena?
Possibile
non si riesca a creare, anche con i nuovi strumenti di
avanzate
tecnologie, un sistema di vigilanza diverso dalle “celle scure”?
tecnologie, un sistema di vigilanza diverso dalle “celle scure”?
E’
tanto difficile immaginare, persona per persona, un “patto di
pena”
da svolgersi all’interno di spazi definiti, ma senza reclusione continua?
da svolgersi all’interno di spazi definiti, ma senza reclusione continua?
In
questo periodo di obbligate sperimentazioni basterebbe aprire
colloqui
speciali con ogni persona detenuta e fissare, attraverso appunto
un “patto di pena”, valutando ogni singolo caso, per qualcuna/o
una riduzione della pena, per qualche altra/o una sospensione della pena,
per altre/i ancora una sistemazione presso altre sedi esterne.
speciali con ogni persona detenuta e fissare, attraverso appunto
un “patto di pena”, valutando ogni singolo caso, per qualcuna/o
una riduzione della pena, per qualche altra/o una sospensione della pena,
per altre/i ancora una sistemazione presso altre sedi esterne.
Il
decisore politico avrebbe così la possibilità di superare il
sovraffollamento
con rapide misure di necessario “distanziamento”.
con rapide misure di necessario “distanziamento”.
Siano
dunque creativi e svelti i consiglieri e gli esperti del
Ministero.
E tuttavia definire
i limiti della pena detentiva e creare strategie nuove
di pena rieducativa sarà il tema del dopo Covid-19.
di pena rieducativa sarà il tema del dopo Covid-19.
O
no?
Severo
Laleo