La misura del degrado della vita pubblica (specie, dei nostri ministri) in Italia,
a prescindere da ogni altra valutazione etica e politica,
e persino dalle felici sintesi della gestualità del Bossi padano
(un giorno forse capiremo i fattori della sua genialità politica e del suo incontrollabile potere sui suoi seguaci),
non è data solo dal linguaggio insultante dell’inarrivabile Ministro Brunetta
(le sue performances hanno scalato ormai le graduatorie degli onori di You Tube) e/o di altre/i rigorose/i ministre/i.
La misura del degrado, nella sua volgarità più grave, è data ora anche dal linguaggio, non d’istinto, ma a freddo, adottato dal Ministro Tremonti, l’iostatista d’Italia, nel rispondere alle semplici, legittime, rispettose domande postegli dall’Ambasciatore Romano dalle colonne del Corriere della Sera.
Leggete, da cittadini di un paese libero e democratico, la sua lettera di risposta.
Mai un riferimento, per giustificare i suoi comportamenti, al dovere dell’esemplarità e della trasparenza, e dell’essere al di sopra di ogni sospetto, nell’adempimento della sua funzione di Ministro nell’interesse del Paese; l’unico riferimento al termine Ministro, se si esclude la retorica chiusura della lettera, è al suo “compenso”.
Tutta la lettera ruota intorno al suo ”io”, alla sua “privacy”, ai suoi errori. Con l’aggravante di quel riferimento, ancora più volgare, alla “beneficenza”. Nessun ministro in Europa si esprimerebbe con queste (scialbe) parole. Piuttosto preferirebbe dimettersi . Ma così parlò l’iostatista Tremonti:
“È vero quanto ufficialmente in atti: in contropartita della disponibilità di cui sopra, basata su di un accordo verbale revocabile a richiesta, come appunto poi è stato, ho convenuto lo specifico conteggio di una somma a titolo di contributo, pagata via via per ciascuna settimana e calcolata in base alla mia tariffa giornaliera di ospitalità alberghiera. Come facevo prima e come ora appunto faccio ogni settimana in albergo. Aggiungo solo che all'inizio avevo pensato ad un diverso contratto, che ho poi subito escluso, per ragioni personali. Mi ritorna ora nella forma di una paradossale ironia, ma la ragione del tutto non era di convenienza economica, ma di «privacy»! Comunque nessun «nero» e nessuna «irregolarità». Trattandosi di questo tipo di rapporto tra privati cittadini non era infatti dovuta l'emissione di fattura o vietata la forma di pagamento.”
Incredibile! Ma il nostro, in televisione, per rendere più esplicita la sua volgarità, convinto di dovere essere più chiaro nei confronti della “piccola gente” davanti al tv, parlò così:
“Non ho bisogno di avere illeciti favori, di fregare i soldi agli italiani….Non ho casa a Roma, non me ne frega niente non faccio vita di salotti”. “Non ho bisogno di rubare agli italiani, non l’ho mai fatto e vorrei continuare a non farlo”.
Bravo, e se avesse avuto bisogno? E qual è il limite del (suo) bisogno?
Forse è proprio l’ignoranza del “limite”, in ogni campo, l’essenza di questa classe dirigente del berlusconismo.
O no?
Severo Laleo