domenica 28 gennaio 2024

Quella donna: la dignità dell'abbandono e la società della cura

 Al di là di ogni problema di correttezza dell'informazione (rapporto tra privacy, notizia/immagine), in molte/i abbiamo visto una donna, "quella donna", accompagnare, in carrozzina, un/a neonato/a (sua/o figlia/o?) in ospedale per abbandonarlo/a. 

Le immagini di "quella donna", apparsa confusa e determinata nei suoi passi, sono state, da parte di tante/i, viste con l'occhio o di chi comunque vuol colpevolizzare o di chi semplicemente intende difendere il diritto alla privacy, a prescindere. 

Forse è mancata una riflessione sul gesto in sé e sul suo significato.

Ebbene, "quella donna", in quel video, mostra una sua sicura dignità, la dignità di chi sa di aver fatto sì un'azione gravemente penosa e dolorosa, ma anche un'azione coraggiosa e giusta. 

Siamo abituate/i a vedere nell'"abbandono" un gesto negativo, di rifiuto e di mancanza d'amore. 

Ma non è così (almeno non sempre). 

"Quella donna", con il suo coraggio aperto e con la sua dignità, sa, al contrario, che figli e figlie "appartengono" non solo ai genitori, ma anche alla società. Sa, "quella donna", che, se da sola non può farsi carico di quel bambino o bambina, sia la società a farsene carico. E a suo modo chiede aiuto chiamando in causa la comunità e ad essa affidandosi, perché "quella donna" sa che una comunità è in grado di esprimere/realizzare un'idea di cura.

"Quella donna" con il suo gesto grida a noi che chi non può dare cura, la chieda, con silenzio e "amore", ad altri soggetti. In sicurezza, senza gesti di violento abbandono, senza paura di altro, in civile confidenza sociale, in attesa di accoglienza.

Siamo noi, la società, a evitare di colpevolizzare chi è "in difficoltà", e a provare di diventare una "società della cura". A volte, al contrario, specie oggi, sembriamo sordi, se non malvagi, nei confronti di chi si trova bisogno.

Eppure, se noi diventiamo una "società della cura", con leggi da "società della cura", la nostra civiltà compie un passo avanti nel suo percorso di civilizzazione.

L'immagine di "quella donna" quasi svela un'immagine del futuro: esiste sì la persona "sola", ma esiste anche una comunità delle persone e quest'ultima sa/saprà sempre prendersi cura di chi per un qualche/qualsiasi motivo sia nel bisogno. 

Forse l'individualismo particolaristico, localistico, "meritevole", schiavo, escludente, avaro e punitivo di questi nostri tempi di insopportabili e carezzate disuguaglianze non può rappresentare il futuro. 

O no?

Severo Laleo

sabato 27 gennaio 2024

Giorno della Memoria

 Quando un potere politico può decidere, 

in un modo o nell'altro, 

del diritto alla vita di interi gruppi 

di persone, 

lì s'annida il nazifascismo, 

lì cresce il "dittatore",

lì si pratica l'"oltraggio", 

lì nasce l'orrore, 

lì è la Shoah, 

lì muore l'"umanità". 

Anche senza l'odio, 

spesso è solo per "ripulire" il nostro orto. 

È già successo, non dimentichiamo. 

E riflettiamo per il futuro.

O no?

Severo Laleo


venerdì 26 gennaio 2024

Il culto del capo è il culto del mocratismo. In attesa del bicratismo

 Le parole di Mattarella per la Giornata della Memoria sono forti, chiare e condivisibili: "Il culto della personalità e del capo sono stati virus micidiali, prodotti dall'uomo, che si sono diffusi rapidamente, contagiando gran parte d'Europa, scatenando istinti barbari e precipitando il mondo intero dentro una guerra funesta e rovinosa". 

Perfetto! Eppure, il culto del capo è anche il culto dell'istituzione in sé del "capo", cioè di un'istituzione in sé monocratica; in una parola, è il culto del monocratismo (e il mondo è pieno di monocrati e aspiranti monocrati: Trump, il nuovo premier figlio del "premierato", solo per fare due esempi a noi "prossimi"). 

E perché è ancora affidato, in molte parti del mondo, sia pure con differenti sistemi di pesi e contrappesi, il "governo" a una figura monocratica? 

Ha il monocratismo una sua origine, una sua storia culturale? Non è forse figlio di un potere nato, cresciuto, alimentato da una cultura maschilista? Non è forse il vincitore di un duello tra maschi? 

Forse il bicratismo risponderebbe meglio a una visione moderna e inclusiva e estesa della democrazia. L'organizzazione del potere non può non corrispondere all'universo mondo di uomini e donne, e non può non essere a "due". 

Forse i femminismi dovrebbero dedicare molto più spazio a riflessioni sulle possibili riforme istituzionali a misura di genere.

O no?

Severo Laleo

martedì 23 gennaio 2024

Sunak e seguaci (Governo Meloni) aprono strade alla fine della civiltà della persona

 Una fondamentale lezione/riflessione ha lasciato a noi, persone europee, con profondità di pensiero e chiarezza di parole, Stefano Rodotà quando assegna al nuovo millennio l'inizio della "rivoluzione della dignità".

"Se voi leggete il preambolo della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea -scrive Rodotà- , trovate un’affermazione molto impegnativa: «l’Unione pone la persona al centro della sua azione». Ma non è una persona qualsiasi: è la persona qualificata e individuata in primo luogo attraverso la sua dignità. Voi vedete che c’è una trama ricca dietro il discorso sulla dignità: c’è la libertà, c’è l’eguaglianza, c’è la libera costruzione della personalità, e dunque dell’identità di ciascuno di noi, c’è l’autodeterminazione. È un crocevia, la dignità, che ci consente di guardare più a fondo nel sistema giuridico e nell’organizzazione della società e questa associazione con altri riferimenti, con altri principi, ci aiuta a cogliere meglio il tema della dignità."

Eppure, proprio in Europa, Sunak, un uomo d'affari e di governo, rilancia, seguito senza vergogna dal governo italiano, la sua idea di "deportazione" di persone in centri esterni di accoglienza e rimpatrio (Ruanda, Albania). E chiarisce: «Dobbiamo interrompere il modello di business delle gang criminali, decidere noi, non loro, chi entra nel nostro Paese. E se questo ci richiederà di aggiornare le nostre leggi e di avere conversazioni a livello internazionale per creare un framework sull’asilo politico dobbiamo farlo. Dobbiamo applicare il radicalismo al tema dell’immigrazione illegale e non mettere la testa sotto la sabbia. Andate a Lampedusa, dove il 50% degli immigrati è arrivata quest’anno: non è più sostenibile, non è corretto ed è immorale».

E così, per una torsione "radicale", immorale diventa l'arrivo, e non la deportazione, di chi fugge dagli stenti per un'altra possibilità di vita.k

Il progetto di Sunak, e dei suoi seguaci entusiasti, incoraggia, senza più remore morali, un passaggio pericoloso e decisivo verso l'annullamento della "civiltà della persona": a chi fugge dagli stenti viene negata la "dignità".

Secoli di cultura umanistica e scaffali pieni di testi etico-giuridici e costituzionali, con dichiarazioni solenni incorporate, vengono ignorati/cancellati trasformando la persona, e la sua dignità inviolabile, in un oggetto/pacco postale extraeuropeo trasportabile ad libitum fuori d'Europa. Ecco il conservatore Sunak, difensore della patria! Ecco i suoi patrioti alleati: una tristezza infinita!

O no?

P.S. La storia del mondo è anche una storia dolorosa di migrazioni: forse è ora, se non si vuole negare la civiltà europea, di garantire/restituire dignità a chiunque migri. 

venerdì 19 gennaio 2024

Le donne PD a Elly Schlein: no al monocratismo del leader, sì alla responsabilità femminista per la parità assoluta (bicratismo) e per la pace

 


Leggo su "Domani" l'appello di un gruppo di donne PD a Elly Schlein. Condivido pienamente e trascrivo di seguito l'appello, integrandolo con qualche riflessione (in corsivo) propria di questo blog.



Carissima Elly,

ti scriviamo per offrirti la nostra riflessione per un Pd partito comunità 

(una comunità viva contro ogni forzatura leaderistica: il leaderismo è figlio del maschilismo ed è oggi il grimaldello - vedi Trump- per affondare la democrazia, sia pure con il voto, in una pericolosa/violenta/divisiva autocrazia)

 porti più donne in Europa.

Le prossime elezioni per il Parlamento europeo saranno determinanti per il futuro dell’Unione europea: tra conflitti e riforme, traguardi raggiunti e altri ancora da completare, i prossimi cinque anni saranno centrali per la sua stabilità nei prossimi decenni. L'Europa è comunità di destino, il nostro obiettivo politico e istituzionale più ambizioso e per questo le elezioni europee sono per noi da sempre un momento di confronto politico alto e un appuntamento fondamentale, non secondario.

Il Partito Democratico nel Parlamento Europeo, in questa legislatura che si sta per chiudere, è stato il perno del gruppo Socialisti & Democratici incarnando con coraggio e audacia le lotte democratiche e progressiste. Un risultato da rivendicare e reso possibile grazie ad una pluralità di personalità e ad un peso consistente delle donne all’interno della delegazione. A livello europeo, infatti, ad oggi il Partito Democratico esprime rilevanti funzioni istituzionali ricoperte da donne e la delegazione Pd nel Parlamento europeo è composta da nove donne su sedici componenti (il 55%). Un esempio di parità di genere applicato alla politica da rivendicare con orgoglio, 

(sì, da rivendicare, senza inutile orgoglio, ma con pienezza di convinzione e determinazione politica: è ora che diventi legge la parità assoluta uomini/donne nelle istituzioni rappresentative e anche nelle sedi di governo, perché è "cosa buona e giusta"😉

un’esperienza ricca e fruttuosa da proseguire. La grande forza, le competenze, i talenti e la visione delle donne Democratiche stanno lasciando il segno in un’istituzione fondamentale per il destino dell’Unione europea e del nostro Paese. Un risultato da rivendicare e da consolidare, tanto più perché, per la prima volta, il Pd affronta l’appuntamento elettorale delle europee con una guida femminile e femminista 

(è ora di portare, nel riformismo istituzionale, la riflessione femminista, al fine di individuare nuovi modelli, non più leaderistici e maschilisti, di istituzioni politiche e di governo, ad esempio il "bicratismo", e nuovi modelli di relazioni internazionali per aprire nuove strade alla "pace perpetua"),

la tua. Siamo un partito plurale di donne e di uomini, la nostra forza sono la nostra comunità, i nostri valori, la nostra storia, la convinzione che il contributo di ciascuna e ciascuno sia prezioso, come altrettanto preziosa è la lealtà che contraddistingue il nostro dibattito interno.

Da giorni i media discutono di una tua ipotetica pluricandidatura alle prossime elezioni per il Parlamento europeo.

Pur non avendo riscontro di quanto questa ipotesi sia fondata, le firmatarie di questo documento, avendo fatto delle battaglie di genere il fondamento del proprio agire politico, non possono esimersi dall'evidenziare le molteplici conseguenze negative che questa ipotesi avrebbe sulle candidature femminili e sull'immagine complessiva del Partito Democratico.

Sul piano simbolico, preme sottolineare che la natura plurale e democratica del nostro partito mal si confà con una scelta che sembrerebbe rincorrere il leaderismo della destra di Giorgia Meloni, che certamente non si preoccupa di agire in contrasto con l'etica femminista della responsabilità concorrendo per un ruolo che poi non potrà esercitare effettivamente e con il rispetto del voto degli elettori e della dignità delle assemblee elettive. 

(Perfetto!) 

Non meno grave sarebbe il conseguente spostamento dell'asse dello scontro politico dal piano dei valori e dei contenuti al riduttivo piano di una contesa “rosa” che nulla ha a che fare con la nostra visione di società e di Europa.

(Non esiste contesa "rosa": la contesa in sé, specie di quel tipo, tra leaders tuttofare, riduce la "comunità" politica a massa gregaria.)

In ultimo, considerando le conseguenze concrete sulle candidature femminili, verificate purtroppo in tante altre occasioni elettorali, è un dato di fatto che proprio la candidatura della prima segretaria del Pd, specie se plurima, determinerebbe il paradosso di costituire una mannaia per il meccanismo della parità di genere in sede elettorale, comprimendo la possibilità concreta per le nostre candidate di essere elette. Non possiamo correre il rischio di portare meno donne nel Parlamento europeo proprio quando alla guida del Pd c’è una donna e una donna femminista.

(Verissimo!)

Elly, tu rappresenti già il riferimento pubblico per il Partito Democratico e la tua indubbia attrattività elettorale può essere generosamente spesa in misura più compiuta affiancando nella disputa elettorale le candidature delle donne e degli uomini espressione dei territori.

Bigini Morena, Portavoce regionale Umbria

Bonganzone Lucia, Coordinamento Nazionale uscente

Bruno Bossio Enza, Coordinamento Nazionale uscente

Ciampi Lucia, Coordinamento Nazionale uscente

Costa Silvia, Coordinamento Nazionale uscente

Esposito Teresa, Portavoce regionale Calabria

Fanelli Micaela, Consigliera regionale Molise

Fasiolo Laura, Coordinamento Nazionale uscente e Consigliera Regionale FVG

Fioretti Floriana, Coordinamento Nazionale uscente

Fornaciari Donatella, Coordinamento Nazionale uscente

Gentile Milena, Portavoce regionale Sicilia

Incostante Mariafortuna, Coordinamento Nazionale uscente

Longano Mary, Coordinamento Nazionale uscente

Longhi Claudia, Portavoce regionale Veneto

Malpezzi Simona, Coordinamento Nazionale uscente

Meloni Simona, Consigliera regionale Umbria

Paglia Maria Luisa, Coordinamento Nazionale uscente

Palmeri Adriana, Portavoce Provinciale Palermo

Panei Lorenza, Portavoce regionale Abruzzo

Pezzopane Stefania, Coordinamento Nazionale uscente

Salmaso Raffaella, Coordinamento Nazionale uscente

Sileo Lucia, Portavoce regionale Basilicata

Toma Anna, Portavoce Provinciale Lecce

Valente Valeria, Coordinamento Nazionale uscente

Vallacchi Roberta, Consigliera regionale Lombardia

Vinc

enti Antonella, Portavoce regionale Puglia


mercoledì 17 gennaio 2024

Monocratismo o bicratismo per il futuro della democrazia

 Negli Stati Uniti la democrazia è arrivata a un bivio.
Se si volge un po' l'attenzione agli esordi della campagna elettorale,
in questo inizio del 2024, ci capita di notare messaggi di propaganda
elettorale, in entrambi i campi contrapposti, di questo tipo: da una parte,
quella trumpiana, si crede in un Dio che ha creato il "Trump", dall'altra,
quella democratica, si crede comunque che lo stesso Dio abbia creato,
al conrario, il "Dittatore", trasformando così un confronto democratico,
nel quale sono coinvolte persone, interessi e gruppi sociali,
in un pericoloso scontro tra "capi", l'uno dittatore, l'altro democratico.

Nessuna/o, o quasi, ragiona sul fatto che l'idea di difendere
la democrazia a suon di "capi", diventa la sconfitta della democrazia
stessa. La democrazia ha un punto molto debole proprio nel fatto
di dare/affidare a un "capo", a un "uomo solo al comando",
molti poteri decisionali, al di là dei pesi e dei contrappesi a disposizione.
E spesso la maggior parte dei "capi" (oggi è il turno di Trump),
anche quindi nelle democrazie occidentali del liberalismo,
soffre di una narcisistica tendenza al dominio assoluto, fuori controllo,
come la storia ha abbondantemente dimostrato; e un tal "capo",
superbamente catturato da un suo forte consenso elettorale
che pure è solo temporaneo, provvisorio, spesso fideistico
(è di nuovo il caso di Trump), crede di poter andare oltre i limiti
della "civiltà democratica", innescando con comportamenti violenti
altri violenti comportamenti.

Bisogna aggiungere altro per dire basta con il monocratismo,
cioè con un tipo di democrazia, sia pure basata sul consenso elettorale,
che si affida a un "capo", a un "monocrate" per trovare le strade
per la soluzione di sempre più complessi problemi di vita sociale?
Perché non rompere con l' "uno" e affidarsi invece ad una "coppia",
magari a un uomo e una donna insieme, che rappresenterebbero
più veritieramente l'universo sociale?

Anche la assemblee elettive covrebbero rappresentare più correttamente,
sul piano dei numeri, il mondo delle persone: non è possibile continuare
a eleggere in assemblee rappresentative uomini e donne
secondo una distribuzione casuale; assemblee di dibattito decisionale
e istituzioni di governo dovrebbero essere sempre costituite da uomini
e donne in pari numero. Si tratta di misure da studiare per rinvigorire
una democrazia al bivio: da una parte, continuando con la cultura
monocratica, figlia diretta del maschilismo, del "capo", prepotente
e provvidenziale, dall'altra, ragionando di una possibile cultura bicratica,
figlia di un pensiero duale, dell' uno/a insieme all'altro/a,
in un continuo confronto democratico.
O no?
Severo Laleo