Già
strillano a destra (e non solo), nei bar e a casa, a tavola,
davanti a un televisore sempre più largo, i
difensori del
carcere
ad ogni costo, sempre e comunque,
magari duro, a seria
punizione, e
senza pietismi di sorta,
di fronte all’approvazione della riforma
carceraria,
in
Consiglio dei Ministri oggi, 22 Febbraio,
giorno della Cattedra di
San Pietro Apostolo.
L’equazione
è semplice: più carceri, più sicurezza.
Se la riforma dell’ordinamento carcerario crea condizioni
per
il miglioramento della vita di detenute/i,
allora non s’ha da fare.
Forse non
è così. La carcerazione, a giusta pena di un reato,
quando chiude
il/la condannato/a in una "cella" senza possibilità
di sperimentare, secondo
percorsi ad personam, vie d’uscita
per misure alternative, nel
rispetto della dignità della persona,
diventa senza senso e
avvilente.
Il
grado di avanzamento del processo di civilizzazione di un Paese
è
leggibile anche nell'estensione della "cella": quanto più
questa è elastica,
tanto
più il Paese è civile, sempre nel rispetto del principio universale
della
dignità della persona.
O
no?
Severo
Laleo
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