perché diventi un pro memoria quando
si tratterà di scegliereda quale parte stare nella storia.Per una società di persone alla pari.O no?
È iniziata la
rivoluzione per diventare tutti ugualiConsapevolezza e uso dei social, il più afropolitan degli autori spiegacosa succede alla
periferia del mondo
Il testo che in parte anticipiamo sarà letto da Teju Cole domenica a Capri(Piazzetta Tragara,
ore 19) nel corso della decima edizione de Le Conversazioni, festival
internazionale diretto da Antonio Monda e Davide Azzolini che si svolge a New York, Capri e a
Roma. Tema: “Rivoluzione”
Cosa pensare di chi sta alla periferia dell’impero, apparentemente ai marginidel suo raggio di
interesse, e all’improvviso diventa visibile? Cosa pensare di persone,di cui non abbiamo mai
sentito parlare, che all’improvviso dicono «trattateci da pari»?La periferia è
implacabilmente vicina. Una catena di eventi cruciali della storiacontemporanea è
cominciata quando il fruttivendolo tunisino Muhammad Bouazizisi è dato fuoco per
protesta. Le piccole sommosse iniziate nella sua città natalesi sono diffuse nel
resto della Tunisia e in altri paesi.
Altri cittadini frustrati si sono dati fuoco. La polizia ha sparato sulla
folla.Anni di malcontento
represso nei confronti delle dittature sono sfociatiin un nuovo coraggio,
in nuove forme d’espressione di cui Internet ha rappresentatouno strumento
organizzativo fondamentale.Meno di due settimane
dopo la morte di Bouazizi per ustioni, il dittatore tunisinoBen Ali è fuggito in
Arabia Saudita. Un mese dopo, in Egitto è stato deposto Mubarak.In ottobre, è stato
catturato e ucciso Gheddafi. Le conseguenze di queste rivoluzioni,come tutti sanno, sono
le più diverse. Ma è chiaro che a un certo punto,negli ultimi cinque
anni, tantissime persone da sempre invisibili sono diventate visibili.E la questione della visibilità
è strettamente associata a quella dell’eguaglianza.
Di solito si parla di eguaglianza come se ci fosse un consenso unanime sul
significatodel termine. Ma non è
così, si tratta di un concetto complicato. Una delle principalicomplicazioni è che
tutti si credono egualitari, in un certo senso, ma con questa parolaintendiamo cose
diverse. La gente vuole eguaglianza di diritti, di condizioni di vita,di salario, oppure di
reddito, di trattamento fiscale, di rappresentanza politica.E non solo queste
eguaglianze sono spesso in contrapposizione diretta fra loro,ma alcune sono di per
sé difficili da analizzare.Amartya Sen ha sottolineato che la
diversità, «la sostanziale eterogeneità
degli esseri umani », è una condizione preliminare
all’idea di comunità. Alla luce di questo, vediamoche la celebre frase «tutti gli uomini sono creati uguali» fa
passare in secondo piano il fatto che esiste una forte
diseguaglianza pregressa che i nostri patti sociali dovrebbero contrastare. Come spiega Sen, «una considerazione uguale per tutti può richiedere un trattamento molto diseguale a
favore di coloro i quali si trovano in una posizione di svantaggio». Per raggiungere certe
forme di eguaglianza, è necessario trascurarne altre, meno centrali. Per esempio, a volte
si deve abbandonare una visione rigida del concetto di “eguali opportunità” se si vuole ottenere
una complessiva eguaglianza di libertà. Il filosofo J.R. Lucas ha espresso un
pensiero simile nel suo saggio Against
Equality : «Possiamo garantire
l’eguaglianza sotto certi aspetti tra membri di certe classi, per
certi scopi e in certe condizioni: ma mai, necessariamente mai, è possibile garantire
l’eguaglianza sotto tutti gli aspetti tra tutti gli esseri umani per ogni scopo e in ogni condizione. Il sostenitore
dell’eguaglianza assoluta è condannato a una vita non solo di recriminazioni e invidia
perenne, ma di inevitabili e continue delusioni ».
Penso che la distinzione binaria di Lucas
sia semplicistica: accettare le cose come stanno e dimostrare una
sciocca fede nell’impossibile non sono le uniche scelte a nostra disposizione. Siamo dotati di
immaginazione e non dobbiamo per forza fermarcia «sotto certi aspetti tra membri di certe
classi». Non è ingenuo né illogico credereche i nostri patti
sociali possano includere forme di giustizia distributiva.
La connettività è arrivata a ricoprire un ruolo fondamentale in questo campo.I dispositivi
portatili ci permettono di aggiornarci su ogni forma di intrattenimento,ma anche sul nostro
conto in banca, sulle cartelle cliniche, sugli amici, sulle nostre famiglie. I social media hanno
avuto il merito innegabile di aiutare le persone a organizzarsi per cause
progressiste: abbiamo visto quanto possono essere potenti in Iran, in Turchia,
in Nigeria, in tutta l’Europa, in tutto il mondo. «Ai dittatori arabi non piace il venerdì»,
si dice - perché tendenzialmente è il giorno in cui vengono
organizzate le dimostrazioni. E si potrebbe anche aggiungere: «Gli oppressori non amano Twitter». Nell’arena dei social media,
ciascuno diventa una centrale operativadi un nuovo modo di
vedere il mondo. Le persone sono sempre più consapevolidelle disparità nei
diritti umani e nella distribuzione delle risorse. La gente comincia a farsi
avanti - sia dalle parti di casa
nostra che ai margini dell’impero - e chiede di essere trattata in
maniera paritaria.Questa è già una forma
di rivoluzione.(Traduzione di Gioia Guerzoni) Repubblica 25.6.15