Ecco, anche se tardiva, qualche opinione personale di Scalfari
sul Presidente del Consiglio: “Renzi è un populista che combatte
il populismo in casa d’altri ma lo applica in casa propria.
Dicono gli osservatori che circa cinque ore al giorno sugli schermi
delle varie trasmissioni televisive appare lui con la sua facondia,
la sua capacità di ispirare simpatia, il fascino seduttivo che emana dal suo
viso, dai suoi gesti, dalla sua figura. Renzi persegue l’obiettivo di guadagnare
consensi e stravincere alle prossime europee. La tecnica seduttiva
non si impara, ci si nasce.
Poi con il tempo e l’esperienza la si affina e se ne fa uno strumento
di potere a favore del partito di cui si ha la guida, e se l’operazione funziona
porta al possesso di quel partito. Questo è Renzi. Con le caratteristiche
di Berlusconi senza i vizi e i crimini di Berlusconi. È il figlio buono e bravo
di Silvio e infatti lo dice e ne è alleato e lo sosterrà, pronto però a pugnalarlo
alle spalle se dovrà in qualche modo evitare la sconfitta alle europee….
Nella storia moderna il populismo, i partiti personalizzati, le leadership
assolute e il decisionismo sono diventati conseguenze inevitabili
del suffragio universale, perciò il livello della politica e la qualità del bene
comune sono precipitati in basso. A noi piacerebbe risollevarli, usare
la critica responsabilmente tutte le volte che ci sembri necessario,
sostenendo anche ciò che non ci piace se non vi sono alternative disponibili.
Ma le alternative – se non ci sono – bisogna comunque prepararle.
Ecco un ruolo che possiamo e dobbiamo assumerci con il massimo impegno.
Informare la gente e aiutarla a capire educandola alla democrazia.
Non è facile ma è ciò che abbiamo tentato di fare per tutta la vita”
(la Repubblica, 6 Aprile 2014).
Siamo d’accordo e apprezziamo il ruolo di Scalfari di volere
“educare alla democrazia“. Ma non basta. Bisogna imparare a praticarla,
la democrazia. Con forme e regole nuove. Insieme alle persone.
Alla pari. Non solo attivando ogni tipo di marchingegno per vincere
nel mercato dei voti. La democrazia non può reggersi solo
sulla “sovranità elettorale“; la sovranità elettorale, il semplice esercizio
del voto, può produrre e produce il populismo. E l’astensionismo.
E premia il leader più seducente. E non ha limiti, se continua a votare
un berlusconi di tanta fama. O un Grillo o un Renzi, novelli interpreti
del bene comune.
Ma il bene comune non appartiene a “uno solo“. E’ un concetto chiaro
già dall’antichità. Nella tragedia di Sofocle, Antigone, c’è un passaggio
nel dialogo tra il re Creonte e il figlioEmone, illuminante.
Dice Emone al padre re Creonte: “Città non è quella ove uno solo può“.
E Creonte risponde, piccato: “Ché! Non è del sovrano la città?”
Ecco la verità della democrazia, con meraviglia del Creonte di allora
e di tutti i creonti passati e futuri:
la città dove “uno solo può” non è “città“.
Il nuovo compito della democrazia è appunto costruire la città.
Ed è il compito della sinistra democratica.
Costruire, con più partito e senza creonti, la “sovranità conviviale“.
Nella Grecia di oggi, se la sinistra ha trovato una linea politica comune
e insieme i voti, è perché nella crisi e nelle difficoltà delle persone
non ha inventato, scimmiottando la destra, un nuovo leader pigliatutto,
un suo creonte, ma ha praticato, dal basso, solidarietà e partecipazione,
ricostruendo un tessuto sociale distrutto dalla crisi e dai tagli, e ha affidato
a un leader, sì giovane (Tsipras), non il compito di catturare voti
seducendo gli elettori, ma il più profondo compito di tradurre in proposte
politiche di solidarietà il dolore delle persone. Per opporsi alla deriva populista,
ora anche del Pd, è necessario, a sinistra, praticare una via diversa,
visibilmente e immediatamente diversa, anche nell'organizzazione
delle regole di democrazia interna, ed è la via non dell’applauso
ma della condivisione, non del monologo ma del dialogo,
non dell’arroganza ma della prudenza,
non dell’ambizione personale ma della responsabilità sociale,
non della “sovranità elettorale” ma della “sovranità conviviale”,
attraverso la quale è possibile forse generare democrazia.
O no?
Severo Laleo
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