Il 6 Febbraio, nel giorno della beata Giovanna di Portogallo,
per scelta suora domenicana, dopo aver rinunciato, lei,
figlia del Re Alfonso V, al trono, leggo su La Stampa un’intervista
di Mirella Serri al nuovo Presidente della Corte Costituzionale,
Giuliano Amato, convinto sostenitore dell’importanza della presenza
delle donne nelle istituzioni per incrementare il “tasso di democrazia”.
Le donne. Strane storie: qualche secolo fa, in tempi di monarchia,
Giovanna, che, pur pregata di assumere il trono, chiede
di rimanere appartata, vince alla fine la sua difficile battaglia,
oggi, in tempi di democrazia, le donne che pur chiedono di raggiungere
“ruoli apicali”, senza pregiudizi, subiscono “la cooptazione maschilista”,
e alla fine sono condannate a restare appartate. Questa la verità.
Eppure per Amato le donne sono essenziali per la democrazia,
soprattutto “perché cambiano l’ordine del giorno.”
E spiega: “Quella che oggi per i maschi e per i mezzi di informazione
è cronaca separata dalla politica, per le donne diventa un ineludibile
compito della stessa politica.
La quale non può occuparsi solo di ristori, pur giusti, per i ristoratori
ma deve farsi carico di ragazzi abbandonati a se stessi, vittime dei peggiori
messaggi dei social, che stuprano le loro compagne di classe o perseguitano
i loro compagni più deboli; oppure di genitori che, anziché educare
i loro figli alla convivenza, li rendono aggressivi e intolleranti nelle attività comuni.
Questo è un grande, urgente, tema politico, di cui ho colto peraltro
più di una traccia nel discorso inaugurale del Presidente Mattarella.”
D’accordo per carità. Ma la presenza delle donne in democrazia
non può essere sempre, e a volte solo, legata a una funzione aggiuntiva
di “farsi carico” del crescente bisogno sociale di “cura”; la presenza
delle donne nelle istituzioni, secondo quanto normalità richiede,
è essenziale per il buon funzionamento di una democrazia avanzata.
L’intervista è tutta da leggere, perché contiene, pur senza sottolineature,
importanti spunti di riflessione storica e politica, e colpisce soprattutto
per umana sincerità.
Quando Serri, la giornalista, chiede al Presidente “da dove nasce
il suo rapporto positivo con il mondo femminile”, a rispondere non è
il “dottor sottile”, né l’esperto di diritto, né l’uomo politico, ma solo
e semplicemente l’uomo nel suo privato; una risposta fuori dagli schemi,
tanto chiara, quanto ammirevole, tutta presa dalla sua vita privata.
Queste le sue parole: “Ho cominciato a percepire gli effetti della disparità
davanti all'evidenza che ne avevo nella mia stessa vita privata.
La ragazza che ho frequentato fin da quando avevo 14 anni,
la mia attuale moglie Diana Vincenzi, con cui studiavo al liceo
e poi all'università, nel percorso professionale è rimasta penalizzata.
Il nostro comune professore mi diceva "Diana è più intelligente e farà
più strada di te". Invece dopo la nascita dei figli, per consentire a me
di andare a insegnare prima a Modena, poi a Perugia e a Firenze,
lei è rimasta indietro. Solo dopo che fui chiamato a Roma, lei ha potuto
muoversi e fare la sua carriera, mentre io mi occupavo di più della casa.”
Si tratta di una “disparità” sperimentata direttamente e risolta a livello
personale. Bene.
Ma la realizzazione di una democrazia avanzata resta. Le “congreghe dei maschi”
non sono più sufficienti, né è più sufficiente “chiamare” le donne,
grazie a uomini “illuminati” per dare alla democrazia la sua funzione
di “attenzione e cura” ai problemi della società.
Forse, per costruire una democrazia avanzata, sono necessarie riforme
costituzionali che vadano nella direzione di garantire una parità assoluta
uomini/donne in ogni sede di dibattito pubblico (Enti Locali e Parlamento)
e di governo (Giunte e Consiglio dei Ministri).
Comunque vada, grazie Presidente Amato.
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