Il M5S,
almeno nei suoi big, è finalmente sollevato e allegro,
ha superato la prova
Rousseau,
eppure non sa forse
di ridere della sua fine. O almeno di una sua mutazione.
Sì, perché il voto
su Salvini (si fa per abbreviare) ha dimostrato l'esistenza
di una frattura
profonda, chiara e precisa, immagino irrimediabile,
tra due modi di
intendere la politica,
almeno a livello
degli attivisti partecipanti al voto online.
E forse anche tra
chi ha votato nel 2018 il M5S.
Dei 52.417 votanti,
il 59% ha consapevolmente ritenuto corretto
l'operato del
Ministro Salvini, che, “per redistribuire i migranti
nei vari paesi
europei”
(parole esatte inserite nel quesito),
ha "ritardato"
(eufemismo per non dire “vietato/impedito”) lo sbarco
di 177 migranti,
persone migranti.
In parole semplici,
il 59% ha ritenuto corretto, giustificabile,
ammissibile usare
persone,
come mezzi/strumenti, per ottenere
il
fine politico di distribuire
i migranti nei vari paesi europei.
E
ha ritenuto, quel 59%, che l’usar
persone come mezzi fosse
per
“la
tutela di un interesse dello Stato”.
Pericoloso
stravolgimento di un principio di civiltà!
A quel 59% è
bastato il rischio di perdere il governo
per dimenticare d’un
colpo il principio etico
di rispetto della
persona umana,
tornando a
esercitare, arzigogolando, l’arte degli imbroglioni.
Per fortuna, il 59%
è solo una parte degli attivisti del M5S;
toccherà all’altro
41% tenere alto l’onore del Movimento.
O no?
Severo Laleo
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