Senza dubbio Berlusconi può ben vantarsi di essere (stato) il padre politico di questo governo di post-fascisti (?), anche se molti credono debba di questo al contrario vergognarsi (gli auguriamo di tutto cuore di vergognarsi fino a cent'anni, magari da rinsavito e pentito di tanto suo "successo"!).
Nella sua "discesa in campo" c'erano tra gli altri due obiettivi forti da comunicare per la campagna elettorale (altri e più importanti obiettivi erano riservati solo alla sua persona e a qualche fidatissimo "consigliere"!): 1. "rivoluzionare" il teatrino della politica con una ventata fresca di "liberalismo" (obiettivo, se fosse stato realmente interpretato, molto utile -sia pure inventato contro un comunismo inesistente- per un'Italia schierata a destra o a sinistra senza aver mai interiorizzato, succube di "chiese", un veramente "liberale" comportamento democratico); 2. sconfiggere e sostituire i "professionisti della politica" (un tempo solo maschi!) con un nuovo ceto politico proveniente dal mondo del lavoro e delle professioni. E, a proposito di maschi, era anche il tempo in cui, data la sua allora maschilmente ammirata visione maschilista, invitava gli "stranieri" a venire in Italia a investire, perché qui, nel nostro bel Paese, abbondano le "segretarie" piacenti dalle "belle gambe" (se la memoria non inventa!).
Ora, per una sorta di eterogenesi dei fini, il liberale Berlusconi si trova da una parte a difendere dei post-fascisti al governo, confusi ma pigliatutto, nostalgici e con chiare e attuali intenzioni/attitudini illiberali, e dall'altra perfino a subire l'onta di dipendere dalla volontà di due puri, totali "professionisti della politica" (meglio: di propaganda partitica)! Eppure una volta, a suo preciso dire, i professionisti della politica "gli facevano schifo".
Forse avrà qualche dubbio sul suo "successo" politico, se questi sono i suoi risultati. E chissà, forse vorrà ancora battersi/scendereincampo (è un augurio!) per veder meglio realizzati e il liberalismo, quale condizione fondante della democrazia, e la promozione della competenza, quale condizione necessaria del "buon governo".
O no?
Severo Laleo
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