parole per una "cultura del limite" a cura di Severo Laleo ... de tous temps penseurs, sages ou philosophes, ont cherché les moyens à s'opposer à la démesure (hybris) ... les convivialistes
mercoledì 22 novembre 2017
Scalfari tra Berlusconi e Di Maio
Che i nostri rappresentanti politici, spesso al vertice dei partiti/movimenti,
siano, almeno per molti nella generazione dei canuti pensionati,
inadeguati, incompetenti, molto spesso arroganti, imbroglioni a tappe
e nel profondo maschilisti, è fatto assodato.
(Le eccezioni confermano la regola.)
Che Eugenio Scalfari, pur canuto da tempo, dichiari tra Di Maio e Berlusconi
di preferire quest'ultimo, è fatto incredibile ma comprensibile.
Sì, perché Scalfari da una parte dimentica tutto quanto meritoriamente
la Repubblica ha scritto di e su Berlusconi, insistendo a chiare lettere
sull'importanza di irrinunciabili principi liberali per ogni moderna democrazia,
dall'altra conferma la sua propensione a considerare la politica mestier
di leader/capi, sempre, o quasi, maschi. A prescindere. Il "sentire popolare",
ragione o rabbia che sia, per Scalfari è semplicemente un dato sociologico
ininfluente, una variabile dipendente dal "capo" di turno.
Quindi inesistente. Scalfari intende la politica, il fare politica,
l'agire politico quale confronto tra leader. Ma è davvero così?
davvero la politica è scontro tra leader, al di là di programmi, valori,
interessi, comportamenti, etica? non è la politica l'etica praticata in pubblico?
è davvero la democrazia una grande "finzione"?
Al contrario di Scalfari, persone oneste e ragionevoli, e indignate, se fossero chiamate
a scegliere tra Berlusconi e Di Maio, quindi tra due "parti" ben distinguibili
sul piano dei programmi e dei comportamenti, non avrebbero dubbi,
sceglierebbero Di Maio, e non per il leader, Di Maio, casuale e temporaneo,
inesperto e senza un preciso bagaglio di competenze,
ma per almeno qualche buon motivo presente nel programma politico del M5S.
Tanto perché a volte il "sentire popolare" è più avanti rispetto alle scelte dei maestri!
Anche se, in verità, l'astensionismo è oggi nel nostro Paese la prova più diretta
e immediata della scarsa credibilità della politica e dei suoi leader.
Forse un giorno la democrazia, superato il leaderismo monocratico
maschile, non sarà più una "finzione".
O no?
Severo Laleo
mercoledì 8 novembre 2017
Montanari e la leadership: capo, maschile singolare, plurale, nome singolo. Ma duale?
Nel suo intervento
su huffingtonpost di oggi, Tomaso Montanari,
pur lieto ormai del
successo, a sinistra del Pd, della tesi già sostenuta
il 18 giugno al
Teatro Brancaccio di Roma
("il
centrosinistra è morto ed esiste una Sinistra con un suo progetto di
Paese"),
indica, perché la
neonata volontà di stare insieme a sinistra non si ingarbugli,
almeno cinque nodi
da sciogliere a breve tra i tanti.
Si tratta di
osservazioni tutte da prendere in seria considerazione
e quindi da
discutere (apertura a tutte le forze disponibili della sinistra
larga,
programma comune,
percorsi d’azione, liste).
Qui si vuole
prendere in considerazione il “quarto nodo”, questo:
“Il quarto
nodo: la leadership, appunto. Che non può essere calata dall'alto.
Né può
essere maschile singolare. Deve essere plurale, capace di tenere
insieme i
generi e le generazioni. La maledetta legge elettorale voluta
da tutte le
destre obbliga a indicare un "capo", letteralmente.
E dunque ci
dovrà essere anche un nome singolo: condiviso, autorevole,
capace di
coordinare senza comandare. Ma dentro una struttura plurale”.
Perfetto! Eppure
qualcosa si potrebbe aggiungere in segno di discontinuità
e di
sperimentazione. Se una brutta legge elettorale “obbliga”
a indicare
un “capo” (proprio così, un
“capo”: ormai, in tempi di crisi della democrazia,
non ci si vergogna
più di (in)seguire un “capo”), ripeto, se una brutta
legge
elettorale “obbliga”
a indicare un “capo”, perché, dopo aver affermato
la
necessità di una leadership
plurale e aver rifiutato una leadership
maschile
singolare, non si propone di
sperimentare un coordinamento duale,
di un uomo e una donna, invece di stancarsi
a cercare un “nome
singolo,
condiviso, autorevole, capace di
coordinare senza comandare”?
Perché non si abbandona definitivamente l’idea dell’Uno,
quasi sempre “maschile singolare” per sperimentare
l’uno/due,
maschile e femminile?
Esiste una ragione politica, logica, storica di impedimento
per una guida/coordinamento duale? Una donna e un uomo alla pari?
Forse per sottrarre la Politica al rischio del monocratismo
maschilista,
è bene sperimentare la guida duale, di un uomo e una donna insieme.
Almeno a sinistra.
O no?
Severo Laleo
giovedì 19 ottobre 2017
Harvey Weinstein, Asia Argento, Maria Cecilia Guerra e il bicratismo
Il
caso Weinstein non è un caso. E’ la normalità della
nostra cultura,
anche oltre
l’occidente. E non è solo colpa del singolo orco, del
gigante Harvey;
quell’orco è
cresciuto nei secoli dentro un sistema di valori (si fa per dire!)
tutto dominato dalla
centralità di potere del maschio. Il maschio da sempre
ha occupato in
ogni civiltà (o quasi) il posto del dominatore,
sempre conquistato con la forza. E solo un altro maschio ha titolo a strappare
al
dominatore il suo posto con più potente violenza, violenza
comunque,
a prescindere dal tipo di strategia/stratagemma
in atto per l’usurpazione.
La storia è un susseguirsi di
usurpazioni.
I maschi si alimentano con il duello, l’uno contro
l’altro, per fregiarsi,
e sempre
temporaneamente, del fascino Alfa, spesso ambiguamente esaltato
da una
indefinita cultura
femminile.
Tutti gli altri
maschi sono gregari, assistono al duello e volta e per volta
decidono da quale parte stare e con quale aperto o segreto disegno.
decidono da quale parte stare e con quale aperto o segreto disegno.
Il maschilismo è
questo, e sta tutto nell’aver creato nella storia
il monocratismo, il Potere del Maschio e basta. Il Potere, dovunque sia possibile
esercitare un potere, è del monocrate maschio.
il monocratismo, il Potere del Maschio e basta. Il Potere, dovunque sia possibile
esercitare un potere, è del monocrate maschio.
Dentro questo modo
di vedere la vita sociale e il Potere, viviamo tutti noi,
uomini e
donne, senza porre in
discussione la violenza insita in questa struttura
sociale dominata dal monocratismo
maschilista.
Il monocrate Harvey,
non è un orco, ma sa di essere un Alfa, sa di poter contare
sul silenzio
complice e affine culturalmente dei suoi pari, sa di potere dominare
i suoi dipendenti,
sa di poter contare su un ricco arsenale di argomenti
per corrompere i
fragili (e ognuno di noi ha un suo punto di fragilità),
e per questo
diventa, sereno e placido nel suo ego, un orco.
Weinstein è
oggi l’interprete consequenziale più evidente e insopportabile
del monocratismo
maschilista, mentre il mondo intorno
al suo Potere è la
conferma dell’esistenza di un maschilismo gregario.
Asia
Argento ha voluto denunciare quell’orco e quel sistema.
Si può solo essere grati ad Asia, se pur grati si può essere della sofferenza altrui,
viva anche se lontana nel tempo (la sofferenza di libertà -si deve ricordare
ai/alle pedanti privi/e di un sentire profondo- è indivisibile ed è sempre
e comunque odiosa); si può essere grati ad Asia Argento
perché con la sua denuncia ha semplicemente
Si può solo essere grati ad Asia, se pur grati si può essere della sofferenza altrui,
viva anche se lontana nel tempo (la sofferenza di libertà -si deve ricordare
ai/alle pedanti privi/e di un sentire profondo- è indivisibile ed è sempre
e comunque odiosa); si può essere grati ad Asia Argento
perché con la sua denuncia ha semplicemente
reclamato il diritto
di essere “pari” in ogni relazione, qualunque sia
la relazione;
un diritto
universale valido per tutte/i e per sempre e dovunque.
Il diritto di
essere pari in ogni relazione/situazione
sociale e di Potere esclude
la possibilità di
una prorogabilità ulteriore del nostro sistema
di potere monocratico esito storico diretto ed esclusivo del maschilismo
(il monocratismo è deleterio, pericoloso sempre, anche se il monocrate
è una donna).
di potere monocratico esito storico diretto ed esclusivo del maschilismo
(il monocratismo è deleterio, pericoloso sempre, anche se il monocrate
è una donna).
Il processo di
civilizzazione della società, con il superamento della logica
del maschio Alfa,
dell’orco, passa per il bicratismo, una istituzionalizzazione
cioè del potere
duale in ogni sede decisionale, ponendo un limite definitivo
al dominio
maschile.
Maria Cecilia
Guerra, su il manifesto, ascoltando con
partecipazione
la denuncia di Asia Argento e di tantissime altre donne, s’interroga sul perché
la denuncia di Asia Argento e di tantissime altre donne, s’interroga sul perché
“la
politica e le istituzioni non reagiscano, anzi tacciano
davanti a questa
enorme protesta”, e, non volendo tacere, lei impegnata in politica, a sinistra,
vede, proprio nel silenzio della politica, “un nodo della crisi
della rappresentanza politica. Un punto politico che tutte
e tutti siamo chiamati a interrogare trovando le necessarie risposte”.
enorme protesta”, e, non volendo tacere, lei impegnata in politica, a sinistra,
vede, proprio nel silenzio della politica, “un nodo della crisi
della rappresentanza politica. Un punto politico che tutte
e tutti siamo chiamati a interrogare trovando le necessarie risposte”.
Ed è lodevole,
e per ora condivisibile, il suo chiamare a raccolta,
insieme alla sua parte politica, il mondo del femminismo e delle associazioni
di donne, per cambiare le cose.
insieme alla sua parte politica, il mondo del femminismo e delle associazioni
di donne, per cambiare le cose.
Ma non basta. Non è
solo un problema di rappresentanza politica.
E’ un problema
dell’organizzazione del Potere, modellato a partire
dal dominio maschile a sua immagine. E’ necessario cambiare le istituzioni,
ma prima potrebbero cambiare i “partiti politici”, se davvero vogliono
interpretare quel “movimento impetuoso di massa che attraversa
gli oceani e sbatte in faccia agli uomini e al potere la loro responsabilità”.
dal dominio maschile a sua immagine. E’ necessario cambiare le istituzioni,
ma prima potrebbero cambiare i “partiti politici”, se davvero vogliono
interpretare quel “movimento impetuoso di massa che attraversa
gli oceani e sbatte in faccia agli uomini e al potere la loro responsabilità”.
E per cominciare,
cosa aspetta la sinistra a individuare una leadership
di coppia, una guida duale, per dare subito atto, con immediata visibilità,
di una parità senza discussione proprio nel suo vertice?
di coppia, una guida duale, per dare subito atto, con immediata visibilità,
di una parità senza discussione proprio nel suo vertice?
Si superi la figura
del maschio dominante chiuso nel suo monocratismo
e si apra al
bicratismo di genere: parità assoluta di uomini e donne
in ogni luogo/sede di decisione.
in ogni luogo/sede di decisione.
E
forse le nuove generazioni impareranno a sentirsi sempre “pari”,
al riparo di
sopraffazioni d’ogni tipo.
O no?
Severo Laleo
venerdì 7 luglio 2017
Macron, i migranti economici e i politici economici
Ecco il grande Macron, il Bonaparte di Francia, inventare, senza una riflessione etica, solo per difendere i suoi porti dall’invasione straniera, il termine “ migranti economici”, con l'intento lucido di spogliare la “persona” del migrante di ogni diritto, anche del diritto di tentare di continuare a vivere.
Un “NO” comunque, forte e maschio, ai migranti economici, senza discussione.
E bravo Macron!
Ma dov'è la cultura di Francia laica e cattolica di un tempo? Non è stata forse la cultura di Francia a dare un senso pieno all'idea di “persona”? Dov'è l'idea laica di fraternità della Rivoluzione di Francia? Dov'è l'idea stessa di “persona" propria della tradizione del pensiero cattolico fino a Emmanuel Mounier?
I migranti economici! I migranti economici! Ecco le parole nuove!
E nel silenzio generale il termine non suscita un timore. Un antico timore.
Eppure, a ben riflettere, in mente torna un'idea terribile. Chi non ricorda l'associazione tra il termine “ebreo” e l'origine/causa della crisi economica della Germania? Al di là di ogni farneticazione strumentale sulla razza, l'ebreo era un problema dell'economia!
Oggi il migrante economico è origine/causa del disordine e danni nell'economia delle “nazioni” della civile Europa.
Incredibile! Individuato un nemico nella “persona" del migrante, disperato in patria e disperato nel mondo intero, la politica di guerra dell'odio è garantita. Ecco nuovamente la minaccia per tutti noi, una minaccia indistinta, irrazionale, senza misura, e per questo violenta.
La cura del bene comune è nelle mani di “politici economici”, senza cultura umanistica (o Vives, il tuo “de subventione pauperum” non riesce a produrre civiltà con questi politici economici), senza un progetto di sviluppo della civilizzazione. I politici economici sono solo presi dal potere, dall'idea di avere la soluzione, dall’arroganza di poter con una parola, sia pure in democrazia formale, di stabilire/decidere la vita di milioni di persone. I politici economici sono maschilisti nel profondo, con il petto in fuori, sempre pronti a un atteggiamento bellico, incapaci di accogliente solidarietà, anchilosati nel piegarsi per tendere una mano, ignari della potenza dell'abbraccio, e imbevuti di economia amorale non spezzano nella società la catena dell'intolleranza e dell’odio.
Ma attente voi tutte persone libere e civili: oggi i migranti economici sono agiti anche contro di voi, contro l'idea stessa cioè del valore fondante e non divisibile di “persona”.
O no?
Severo Laleo
domenica 11 giugno 2017
A proposito di un appello: il disorientamento del Maschio Alfa e la diversità di programma e di leadership a sinistra (almeno si spera!)
Quattro Maschi
Alfa*, che più Alfa non si può, tutti fuor di Parlamento,
decidono, quasi
all’improvviso, di mettersi d’accordo per andare
al voto anticipato;
e per far questo decidono, conseguentemente,
anche di fare una
legge elettorale, a tambur battente, purchessia,
insomma un
qualunquum, ma sempre con il comune chiodo fisso
di non consentire al
corpo elettorale di scegliersi i suoi candidati,
uomini e donne.
Tutti d’accordo!
I Quattro Maschi
Alfa, in un giro di voto alla Camera, si son subito persi,
per fortuna, da
soli, e, disorientati, per continuare a sentirsi Alfa,
si son subito presi
per azzannarsi a vicenda. Spettacolo indecoroso:
le istituzioni,
ammonisce il prof. Scapece, son finite in mano a “’e
criature”!
Che fare?
Bisogna che le
persone di buon senso, non solo a sinistra, a ogni livello,
inventino qualcosa.
In verità dalla sinistra dispersa è arrivato un appello.
Sensato. Ma con
quali novità?
Innanzitutto è un
appello firmato da una coppia, da un uomo e una donna,
e non da un
Capo/Leader maschio o ex Capo/Leader maschio, uso a giocare
al banco del Potere;
e già questo, di per sé, segna una svolta interessante
nella comunicazione
e iniziativa politica di oggi: tra i tanti leader,
quasi sempre
esclusivamente maschi, e tutti con l’ambizione
del Comando, e tutti
dalla parola mastodontica, ecco un’Anna Falcone
e un Tomaso
Montanari prendere la parola per tentare, con un appello
semplice,
e sensato, a tutti
comprensibile, di costruire non un campo/movimento
strumentale per una
tornata elettorale, ma un comune sentire politico, a sinistra,
sulla base di
qualche chiara idea di programma e d’azione.
Di programma:
segnare una differenza netta con il campo degli avversari politici
intorno all’idea
forte di lotta alla disuguaglianza, per una equa,
controllabile,
trasparente,
distribuzione delle risorse, per restituire dignità piena e larga
all’essere
persona; in breve, per dare un senso riconoscibile immediatamente
all’idea di
sinistra.
Di azione: unire
tutte le forze di sinistra in un’unica “grande lista di
cittadinanza”,
con il conseguente
corollario, aggiungo, di una leadership di cittadinanza,
di uomini e donne
alla pari, “attraverso un percorso unitario aperto a tutti
e non controllato
da nessuno”.
Non so se l’appello
riuscirà a convincere i tanti rivoli della sinistra,
ognuno gloriosamente
guidato dal suo tanto orgoglioso quanto criptico
organigramma, a
confluire nel gran fiume della sinistra unita
senza calcoli di
portata d’acqua, ma so quanto sia necessario
per tutto il Paese
che si abbia da parte di tutti questa generosa,
politica
consapevolezza.
La sinistra conta
tantissime persone con cultura e temperamento,
con doti di ascolto
e di sintesi, utili al mestiere di governo;
se ne costruisca un
lungo elenco sulla base di disponibilità personali
e di criteri
trasparenti e condivisibili, e da questo elenco si scelga,
a tempo e per
sorteggio, sia la leadership, rigorosamente di coppia,
un uomo e una donna
(la sinistra non può perpetuare l’anacronistica struttura
monocratica del
potere di atavica derivazione maschilista),
sia una quota alta
di candidature, di donne e uomini alla pari,
per la
rappresentanza nelle istituzioni. Il servizio politico per il bene
comune
è dovere di ogni
persona, a prescindere dal livello di impegno.
Almeno a sinistra.
O no?
Severo Laleo
*Non si vuole con
questa espressione dare un giudizio sulle persone,
ma solo sottolineare
i pericoli, per la democrazia, del leaderismo
e del monocratismo.
giovedì 18 maggio 2017
Né di destra né di sinistra, il cammino triste dei “seguaci”
Si chiama Cédric Villani, ha 43 anni, il candidato ideale di En Marche,
il movimento -meglio forse si potrebbe dire, la “marcia”- di Macron.
A leggere il Corriere.it si tratta di un celebre matematico,
“vincitore nel 2010 della medaglia Fields (per comodità definita
l’equivalente del Nobel), e oggi direttore dell’Institut Henri Poincaré
di Parigi.” Un gran competente!
Intervistato, in quanto candidato macroniano all’Assemblea Nazionale
in una zona “con quartieri popolari e altri abitati dalle cosiddette élite”,
così illustra il suo progetto: “La sfida fondamentale qui, e a livello
nazionale, sarà far dialogare le due realtà, fare sentire tutti parte
di uno stesso progetto”. E quasi cancella, credo si possa arguire,
il conflitto democratico sinistra/destra.
(Ma un nostro giovanissimo Piero Gobetti, non valente matematico,
ma semplicemente osservatore critico della società, non sarebbe d’accordo.)
Quando il giornalista del Corriere.it, il corrispondente da Parigi
Stefano Montefiori, gli chiede se prima di Macron si definisse
di destra o di sinistra, il matematico, indossando la sua veste
di cittadino e di elettore, risponde: “Non ho mai voluto scegliere,
ho sostenuto personalità di sinistra come Anne Hidalgo
o Gérard Collomb ma appoggiavo loro, non il partito.
Quando è arrivato il movimento di Macron ho pensato che sembrava
fatto apposta per me”.
Ecco, questo giovane matematico nella sua vita civica di elettore,
pur votando, in realtà non ha mai scelto tra destra e sinistra,
e mai ha appoggiato/sostenuto idee di partito, ma solo singole
personalità. E oggi la scelta di né destra né sinistra di Macron,
sembra fatta apposta per lui. Legittimo, possibile, ma non auspicabile.
E’ già successo nella storia: porsi al servizio di un uomo,
e non di idee/valori, diventare un seguace, sostenere di essere
né di destra né di sinistra con il fine poi di unire
“élite e popolo”, non è una scelta nuova di cambiamento
per la democrazia, ma di continuità con il passato e attraverso
antichi percorsi.
Forse Cédric Villani, 43 anni, nel suo pensare/agire politico -si fa solo
per reggere una polemica, giudicare la persona sarebbe qui una pretesa
ingiustificabile-, continua, da gran matematico, a scegliere di essere
un grosso numero in una serie al seguito. Il futuro esige altro.
O no?
Severo Laleo
mercoledì 17 maggio 2017
Né di destra né di sinistra: la nuova ideologia (antidemocratica)... del trasformismo
Le ideologie sono un
residuo del Novecento. Dicono in tanti. Troppi.
Ma davvero? E’
sicuro?
Non è forse
un’ideologia robusta anche la corsa novella verso l’annullamento
di senso dell’essere
di
destra o
di
sinistra, soprattutto da parte di nuovi
giovani leader
(tutti di genere maschio)? E tutti solitari capitani a tu per tu
con il popolo,
almeno quel popolo ammaliato dal nuovo verbo:
né di destra
né di sinistra?
Solo Papa
Francesco, con ammirevole coerenza, senza cedere al dinamismo
agitato dei nuovi
capipopolo, giocatori al banco del Potere, continua,
con parole e azioni,
a ricordare il messaggio fondamentale del senso
della sinistra in
politica: la lotta alle disuguaglianze
per il primato
della persona.
Tutti gli altri
“leader” sedicenti né di destra né di sinistra,
nel rifiutare
l’idea
fondamentale della sinistra, non abbandonata da Papa Francesco,
tendono,
accalappiando il Potere, con contorte, obsolete modalità di raccolta
del consenso, a
confermare le disuguaglianze.
E all’unisono, al
di là del valore personale di ciascuno
-e le differenze
sono tra loro a volte abissali, per serietà e competenze-
sembrano dire: Ghe
pensi mi!
Né di destra,
né di sinistra, s’agita a dire ora anche Macron!
E cosa inventa per
il suo governo? La teoria dell’amalgama!
Qui
un po’ di sinistra,
là un po’ di destra.
Tanto
il centro
non manca mai!
A
ben vedere, non si tratta dell’esito di una necessità
istituzionale, no;
si
tratta della vittoria dell’ideologia del
superamento di destra
e sinistra.
En
marche,
in cammino, per strada...per andare dove?
Macron
sarà anche un’ottima persona, ma apre una strada pericolosa.
Nasce il
trasformismo del nuovo millennio, per di più – guai
a informare
di questo le/i
Francesi dei Lumi!- sfruttando un brevetto tutto italiano
a partire da
Depretis!
Il trasformismo
è davvero forte e annulla ogni antica cultura;
anzi in Italia
riesce a rendere monarchico anche un repubblicano!
Ma la continuità né
di destra né di sinistra traccia in Italia una sua strada:
Depretis,
Giolitti, Fascismo.
Quale sarà la
strada in Francia? Si può rischiare?
Si spera trovi un
freno questo nuovo trasformismo da nuovo millennio
nel rifiuto sensato,
critico e libero di milioni di persone di “sinistra”,
nel senso ancora con
forza tracciato da Papa Francesco,
e si spera si possa
bloccare questo esercizio ambiguo del potere politico,
affidato ora alla
miracolosa gestione del monocrate maschio di turno,
per giungere a
un’estensione della democrazia tra uomini e
donne alla pari.
Per un’uguaglianza
della dignità della persona, sempre.
O no?
Severo Laleo
P.S. L’idea di un
governo di uomini e donne alla pari (11 e 11) in Francia
ormai può dirsi una
costante: con Hollande sembrò una “graziosa
concessione”;
ora appare un fatto
istituzionale, necessario: la strada è giusta.
domenica 7 maggio 2017
Viva Macron! Peccato, ancora un’occasione perduta
Macron
ha vinto. La scelta delle parole,
nel suo discorso presidenziale,
“umiltà, forza e amore”
per il suo servizio alla
Repubblica è degna di apprezzamento.
Ma
ancora tutto continuerà a scendere dall’alto.
Ancora
troppo dipenderà da un potere monocratico.
La
democrazia è sempre ferma al gradino del voto.
Chi
scriverà le regole per una nuova, democratica
Costituzione?
Solo
la
France Insoumise
aveva
proposto di andare
oltre
la Quinta Repubblica, attraverso
passaggi
di
una qualche novità. Questi, segnati in neretto:
“La
monarchie présidentielle est à bout de souffle.
Il
faut l’abolir. Nous voulons en finir avec la Ve République.
L’oligarchie et la caste au pouvoir ne représentent
pas
le peuple. Pour cela, nous proposons aux Français
d’écrire
une nouvelle Constitution, celle de la 6e République.
Le
peuple souverain doit redéfinir nos règles démocratiques
et
définir de nouveaux droits
sociaux,
écologiques et émancipateurs.
Convocation
d’une Assemblée constituante par référendum
(article
11 de la Constitution actuelle)
Référendum
final d’approbation par le peuple français
Transparence
des travaux pendant toute la durée
d’écriture
de la nouvelle Constitution
Aucun
parlementaire de la Ve République
Permettre
à tous les citoyens d’y participer
(congés
professionnels, rémunération pendant les travaux)
Autant
de femmes que d’hommes
Désignation
à la proportionnelle nationale,
incluant
des personnes tirées au sort.”
Forse
la Francia ha perso un’occasione
per guidare
l’Europa
verso una democrazia di persone alla pari.
Questo
compito toccherà ormai ad altri.
O
no?
Severo
Laleo
giovedì 4 maggio 2017
Fake news e … Tucidide
Per il direttore dell’ANSA, Luigi Contu, “una notizia è un fatto vero,
rilevante e che interessa la collettività. Una fake news è una notizia
volutamente falsa".
Si può concordare, anche se il rapporto tra notizia e fatto vero è sempre molto
problematico. Ma, ed ecco il punto ancor più grave, se la fake news
gira sui social diventa -è facile immaginare in questi tempi di comunicazione
imbrogliona- spessissimo vera per molti. Perché?
Perché, ammonisce da un lontano passato Tucidide, “molti,
con troppa leggerezza, preferiscono arrestarsi agli elementi immediati,
che non esigono applicazione e studio”; e “in genere accolgono e tramandano
fra loro, senza vagliarle criticamente, anche se concernono vicende
della propria terra, le memorie del passato.”
Per Tucidide ogni notizia/fatto deve essere “frutto di indagini e di studio”,
deve passare al “vaglio di indizi e testimonianze”, anche perché il fine
di chi vuol diffondere notizie e raccontare fatti è “la ricerca della verità”.
E così continua Tucidide, nell'illustrare il suo metodo di lavoro
nel raccogliere fatti e notizie e discorsi: “ho ritenuto mio dovere descrivere
i fatti non sulla base di elementi d'informazione ricevuti dal primo
che incontrassi per via; né come paresse a me, con un'approssimazione arbitraria,
ma analizzando con infinita cura e precisione,
naturalmente nei confini del possibile, ogni particolare dei fatti cui avessi
di persona assistito, o che altri mi avessero riportato.”
I produttori/sostenitori delle fake news sono avvertiti.
O no?
Severo Laleo
domenica 26 marzo 2017
Elisabetta di Boemia e la "maledizione del sesso". A proposito del romanzo "Le passioni dell'anima" di R. Simone
Caro prof. Scapece,
se ti capiterà tra
le mani il romanzo di Raffaele Simone Le passioni
dell’anima,
leggilo; è una
lettura molto godibile, anche se a volte, per empatia con Cartesio,
sei trascinato a
condividere una solitudine cupa da clima iperboreo;
grazie a un
racconto con “velature”,
la lettura è godibile non solo a lettori
esperti, ma anche a lettori di buona volontà.
Sì, perché ogni lettore pare avere
la sua occasione per scoprire “quel che si
deve ai protagonisti”
e quel che il romanziere ha aggiunto.
A me l’occasione è
capitata, e lieve ho sorriso, solo quando ho incontrato,
a pagina 194, il
portoghese “spregiudicato” Antonio Damasio.
Povero
Damasio, “che si
dichiara medico”! Purtroppo, conquistata la baldanza
di chi
ritiene di poter capire
anche altro, quando, sul finir dell’opera,
ho letto la bellissima lettera di
Elisabetta di Boemia a Monsieur
Descartes,
ho creduto, sospettoso, di poter vedere qua e là la mano
del romanziere,
forse per una presenza fine di sensibilità moderna.
Ma la nota finale Al
lettore, a
cura del romanziere, confermando l’autenticità
della
lettera, smonta l’incauta
baldanza. Così, caro Scapece, ho voluto
rileggere la lettera per riparare un
torto, e, godendo appieno delle “bellissime
parole” di
civiltà e d’amicizia di
Elisabetta, mi sono sorpreso a inseguire
i miei soliti
pensieri.
La lettera te la
invio, perché tu possa leggerla secondo i tuoi sentimenti,
e ti invio anche
questa mia interessata interpretazione che, conoscendo
la tua pazienza
saggia di napoletano, so che leggerai: solo tu puoi!
Elisabetta,
nell’esprimere il suo non più differibile bisogno di avere notizie
positive e
dirette di Descartes, si
dichiara disposta con gioia a viaggiare
fino a Stoccolma.
Ecco, caro Scapece, la forza delle sue parole:
“La maledizione
del mio sesso m’impedisce la gioia che mi darebbe
un viaggio verso Stoccolma,
dove ben verrei per imparare le verità
di metafisica e di scienza che traete dal
vostro giardino e dalle vostre riflessioni.”
Capisci, Scapece, la maledizione
del sesso! E, guarda, non è un lamento. No!
E’ l’affermazione
constatazione di una situazione di
fatto, di una condizione
dei tempi, appunto una maledizione, quindi
non accettabile, da
superare
senz’altro. Non è
forse una
richiesta serena, non
piccata, anzi
gioiosa
di parità
uomo-donna?
Anzi
più avanti, nel raccontare il suo sforzo per
imparare qualche parola
di spagnolo, scrive
proprio di parità, meglio di sentirsi al pari
con il suo miglior medico, sempre con un tono garbato di fine ironia:
“Vedete
che anch’io, per puro amor vostro e quasi per sentirmi al pari con
voi
col solo emulare
i vostri sforzi, sto imparando qualche parola di spagnolo?”
E
ancora, con più sicurezza di giudizio, senza spirito di rivalità
tra i sessi:
“Nella
notte dell’ignoranza, nel gelo di un mondo sconosciuto e avverso,
poche persone (tutti uomini,
ahimè: alle donne questa prerogativa
non è riconosciuta) portano la
fiaccola della scienza contrastando il buio
con la loro debole
fiamma.”
Caro
prof. Scapece, questa Elisabetta di Boemia ha
un’idea
così chiara
e naturale della
parità
dei sessi da
destare un’ammirata attenzione.
E
forse potrà ben figurare nelle
biografie dell’Enciclopedia
delle donne.
O no?
Severo Laleo
mercoledì 8 marzo 2017
Una donna dovrebbe guidare l'Italia?
"Ora una
donna dovrebbe guidare l'Italia"
si legge in un
titolo de lastampa.it
quasi a sintesi di
un sondaggio per La Stampa dell’Istituto Piepoli.
Oddio, l'auspicio
appare desiderabile, e molto,
solo a pesare le
"virtù" di quasi tutti i leader (maschi alfa)
di qualsivoglia
parte di questa travagliata repubblica
a partire dalla
"discesa in campo" di Silvio
(i leader, si sa,
amano essere acclamati per nome).
Ma una guida di
donna non può di per sé cambiare il sistema.
E sarà anche vero,
secondo il sondaggio,
che "i
cittadini italiani esprimono la loro convinzione
che più donne
alla guida del Paese garantirebbero maggiore spazio
per le politiche
giovanili, più attenzione per le politiche
di conciliazione,
per il contrasto alla povertà e alle discriminazioni,
più vicinanza ai
bisogni di tutti.” E
ancora, che “nel 70 per cento
dei casi gli
italiani affermano che voterebbero per un movimento
con leader donna
e una maggioranza di dirigenti donne."
Ma anche questo non
risolve i nostri guai.
Il problema guaio è
il monocratismo e la sua conseguente struttura
di lotta politica,
ispirata ancora alla lotta primordiale
tra maschi alfa: non
è cambiato niente fino a oggi,
anche a leggere
Panebianco!
E' la figura del
leader monocratico, uomo o donna che sia,
a non funzionare,
perché la logica del "duello" non è una scelta
di civiltà, ma un
residuo della pratica del branco.
Se riusciamo a
trasformare/superare il monocratismo di sempre,
adottando per il
futuro strutture di potere duale, di coppia,
un uomo e una donna
sempre, forse le proposte di decisione,
vagliate in
organismi di gestione a perfetta parità uomini-donne,
potrebbero
acquistare un più di civilizzazione.
O no?
Severo Laleo
domenica 26 febbraio 2017
Myrta Merlino, Liliana Cavani, Livia Turco, Claudia Mancina e Violante
Myrta
Merlino, Liliana Cavani, Livia Turco, Claudia Mancina e Violante
I
ruvidi contrasti all’interno del Pd, fino alla definitiva
scissione, hanno aperto,
a
leggere i duri giudizi di alcune osservatrici, anche una nuova
questione femminile:
Myrta
Merlino, su HP, non riesce a spiegarsi le ragioni
del silenzio (rumoroso)
delle
donne del Pd e nota sorpresa la dirigente Serracchiani “silenziosa
e cupa”
assistere
al dramma (si fa per dire!) della separazione.
La
scomparsa della voce femminile, pur forte e robusta, in un momento
di
così grave crisi, appare quindi quanto meno strana e genera una
serie
di
osservazioni anche pesanti: “Il Pd è tornato un pollaio
popolato
di
soli galli. Il che, notoriamente, non porta fortuna. Questo eccesso
di
testosterone non facilita il confronto” scrive
Merlino. E
cita, a sostegno,
sia
Liliana
Cavani:
“Il Pd sembra un
partito di uomini, con aspiranti
leader
solo uomini. Quella delle donne è una visione politica in genere
più
sottile e globale. Invece emerge uno dei gravi problemi di una
sinistra
di
vari capetti che ignorano l'esistenza e l'intelligenza
delle donne.
È
come se un motore funzionasse
a metà.";
sia
Livia Turco:
"al
prendersi cura del partito in questi anni si è
sostituita l'ipertrofia
dell'io
maschile che ha massacrato
le relazioni umane".
Ma
Claudia Mancina,
scrivendo al Corriere,
rifiuta l’idea di una voce collettiva
delle
donne e lamenta al
contrario
la mancanza di una leadership al femminile.
E
scrive: “La
politica è battaglia, è decisione, è capacità di mettersi a
rischio.
Se
dalle donne ci aspettiamo che si muovano come un gruppo, sarà
difficile
che
sviluppino queste qualità. E non saranno mai leader; al massimo
seconde,
vice,
come propone Violante a Orlando, nel caso che questi scelga di
candidarsi.
Io
non voglio più donne che facciano da vice a qualcuno. Voglio donne
che
siano prime, che siano leader, come ce ne sono tante negli altri
paesi.
Voglio
donne ambiziose, che abbiano voglia di competere per le posizioni
più
alte, non per partecipare ma per vincere.”.
In
verità Luciano Violante non parla di vice, ma
svolge un pensiero desiderio
nei
confronti di Orlando, aspirante segretario del Pd, il
desiderio cioè di vedere
la
candidatura di Orlando affiancata da una candidatura
femminile.
Non
sono note le ragioni del pensiero desiderio di Violante,
e forse non sono
solo
strumentali per la campagna elettorale; nel
pensiero desiderio
di
Violante,
in
quel suo pronunciare il verbo affiancare
e in quel suo dire candidatura
femminile
forse
c’è anche altro.
Non
c’è il richiamo al “gruppo
donne”
del Pd di rompere il silenzio e diventare
partecipi
del dramma, non c’è l’invito alle donne
di diventare prime,
leader
e
ambiziose, c’è
qualcosa di più, c’è un’idea di una leadership di coppia, di un
uomo e di una donna alla pari, contro l’ipertrofia
dell’io maschile,
contro la prepotenza
violenta
del
Maschio Alfa.
Chissà,
forse anche Violante
si schiera con il bicratismo,
riconoscendo
nel
monocratismo l’esito strutturale del maschilismo atavico. Anche
perché
con
Trump
si è toccato il fondo.
O
no?
Severo
Laleo
sabato 11 febbraio 2017
Il Maschio Alfa Trump, le Stelle di Salemme e la fine del monocratismo
Negli ultimi
decenni, un po’ in giro per il mondo, Italia non esclusa,
la Politica è stata
appannaggio di leader cosiddetti forti, capaci di attirare
la simpatia del
popolo con la roboante narrazione di saper/voler cambiare
il mondo: insieme,
leader e popolo, all’unisono. Ma era un inganno.
E a molti, spesso
dall’animo semplice, ma attenti all’essenza del vivere
civile, era già
chiaro.
Eppure ancora oggi,
specie con l’arrivo imprevisto di Trump,
anche in Europa, si
continua a chiedere, con nuova veemenza, il Leader
Forte,
un nuovo Maschio
Alfa, a sicura guida di una tribù (non
importa se poi
a reggere il Potere
della tribù sarà per un caso una Donna,
tanto la struttura
del Potere, nel suo
monocratismo, resta qual è, cioè l’esito di un’antica
pratica di lotta tra
maschi, tutta dentro una tradizione, pur a tratti nobile,
di maschilismo,
anche se oggi in via di accerchiamento).
Ma inseguire in
Europa, oggi, il Leader Forte è un inganno grosso,
insensato, perché
al contrario c’è un bisogno diffuso di nuova comunità,
di nuova saggezza
politica, a responsabilità corale. Ma tant’è!
“‘E
femmene so comme ‘e stelle si te pierde li ‘a guardà”
scrive Salemme
in una sua
dolcissima canzone; per Salemme -e non sbaglia- le donne sono
un punto di
riferimento necessario per ogni uomo, specie se/quando “si
perde”,
e, da innamorato
naturalmente, aggiunge “una ‘e lloro è ‘a stella mia
pecchè quanno
‘a notte è scura e stu core s’appaura
pare comme si ‘a
sentesse ca me dice aiza ‘a capa,
sient’ addore
guarda ‘ncielo e staje sicuro tanto io stongo sempe ccà”.
Trump
sembra
non avere -in realtà nessuno conosce l’animo umano-
una
“Stella”
da guardare,
anzi pare proprio il contrario; cioè anche
la
sua Stella
ruota intorno a Lui,
il Maschio Alfa
per eccellenza.
La
sua solitudine appare totale. E
per questo per tutti è un pericolo.
E
intorno a lui tanti
Maschi d’affari. E
già, i
Maschi
controllano ancora
pienamente
il potere economico, e nel campo del potere economico
esercitano
la più dura dittatura, il più convinto
monocratismo:
la
presenza femminile è residuale.
Trump,
da Maschio
uso al
potere economico, non abituato in quel mondo
a
“guardare”
una sua Stella,
diventato Presidente della più grande
democrazia
moderna, istintivamente
coltiva l’illusione
di
poter continuare da solo
a comandare. Maschio
solo al comando!
Sarà
possibile?
Chissà,
forse
sarà grazie al
Maschio Alfa Trump
se
la democrazia
più
grande del mondo imparerà a conoscere la fallacia del monocratismo
e
proverà a
chiamare, per
reggere le
sorti del governo (e non solo),
non
più un Amministratore Delegato, un
monocrate,
ma
una coppia, un uomo
e una donna, per una Presidenza duale.
O
no?
Severo
Laleo
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