Ho avuto in regalo “Scintille”, da mio figlio:
“Buona lettura, papà. Fammi sapere, poi, eh! ”.
“Oh, grazie. D’accordo, ti farò sapere”.
Non è un libro facile da leggere il libro di Gad Lerner “Scintille”;
per capire ogni passaggio, se sei nella moltitudine dei lettori,
hai sempre bisogno dell’Enciclopedia e dell’Atlante.
Eppure è un libro bello da leggere. Il parlar sincero dell’autore ti cattura.
Non c’è niente da fare.
Non è “Scintille” una storia familiare e basta,
o un percorso semplicemente personale di Gad Lerner;
“Scintille” è davvero una storia di “anime vagabonde”,
di “ogni” anima vagabonda e, insieme, di “ogni” pellegrino in cerca del luogo
dell’abbraccio d’amore, stretto e di riposo, con le proprie anime.
Non è “Scintille” un racconto a una dimensione, né culturale, né religiosa, né politica;
“Scintille” è un racconto crogiolo di tutte le nostre identità spezzate,
di questa parte di mondo, nella speranza attesa di una fusione di “civiltà”.
Non è “Scintille” un diario breve delle tante e ripetute incomprensioni,
non solo caratteriali, tra genitori e figli, tra padre e figlio;
“Scintille” è un diario continuo (e affettuoso)
dell’importanza fondamentale, radicale, della positiva relazione padre/figlio.
E il Gad Lerner di “Scintille” non è il giornalista di qualità, a volte antipatico e tignoso,
abile nel raccontare e nel costruire situazioni di significato
per una discussione a più voci;
il Gad Lerner di “Scintille” perde ogni residuo di antipatia
e diventa la persona aperta nel suo discutere di sé con gli altri, con noi tutti.
Perciò dopo aver letto “Scintille” Gad mi è diventato simpatico,
e ha dilatato i confini della mia povera empatia.
Ma, attenzione, Gad mi è diventato simpatico durante la lettura del suo "Scintille",
quindi prima che firmasse, con vera e universale signorilità,
l’epiteto “cafone” nei confronti di un cafone.
Mi pare sia giusto precisare.
O no?
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