venerdì 6 gennaio 2012

Un’esperienza di solidarietà in Africa

Vorrei oggi lasciare spazio alla “narrazione” di un’esperienza di solidarietà.
A raccontare è la dott.ssa Ada Nardin,  responsabile,
insieme all’Ing. Informatico Michelangelo Rodriguez,
del progetto di collaborazione con l’Institut Régional des Jeunes Aveugles
(Istituto regionale per giovani ciechi) di Gao (Mali) per il miglioramento
della qualità della vita dei non vedenti,
soprattutto in termini di istruzione/educazione,
anche attraverso l’attivazione di una strumentazione informatica,
e di autonomia di orientamento/movimento.
Ed ecco la “narrazione” di Ada Nardin.

Il viaggio fra i fiori del Mali.


"Durante il nostro lungo viaggio nel deserto maliano abbiamo incontrato di certo, pur senza vederle, tante rose del deserto, ma i fiori che abbiamo osservato sul nostro cammino sono, se possibile, ancor più tenaci e struggenti. Quest’anno ci siamo recati in Mali senza il valido supporto dell’aeronautica militare che ci facilitava molto il compito scortandoci direttamente da Roma a Gao, la città dove operiamo.
Stavolta, abbiamo dovuto sottostare ad un viaggio massacrante effettuato con un volo civile seguito da una traversata tramite mezzi su gomma.
Un percorso condito da cambio aereo nell’antica Cartagine, scalo tecnico in Costa D’avorio, e 1200 KM, quasi 20 ore in 4x4, da Bamako, la Capitale maliana, sino alla nostra meta, la città di Gao.
Le lunghe ore trascorse nel deserto, molte delle quali affrontate con una mascherina sugli occhi per difendermi dalla luce eccessiva e dalla polvere copiosa, sono state accompagnate dalla splendida musica maliana nell’autoradio e, soprattutto, dalla calma presenza della docente della scuola che ci è venuta a prendere, da suo fratello che doveva recarsi a Gao, e dal loro autista.
Eravamo tutti uniti dalla voglia di giungere a destinazione ma anche da una preoccupazione che si era materializzata nelle ultime ore: la minaccia di essere prelevati per strada dalle bande di terroristi di Al-qaida che, in quei giorni, avevano compiuto, proprio sul percorso che dovevamo fare noi,  azioni simili ai danni di alcuni viaggiatori e lavoratori stranieri, uno dei quali è stato addirittura ucciso per aver tentato di sottrarsi al rapimento.
Potete immaginare in quale stato d’animo abbiamo affrontato il lungo e complesso itinerario essendo consapevoli della nostra fragilità in un deserto così vasto, meraviglioso ma ostile, ed in un Paese spesso così inquieto.
L’ultimo tratto da affrontare era il più pericoloso e la gendarmeria locale ha stabilito di scortarci con due guardie armate. Una cosa del genere non mi era mai capitata e sono felice di poterla raccontare. Tuttavia, il tragitto non è stato sempre segnato da momenti di muta tensione anzi, è stato meraviglioso fermarsi in alcuni villaggi per delle brevi soste di ristoro, lungo il nastro d’asfalto che collega le maggiori città maliane.
Ascoltare il silenzio del deserto o i suoni provenienti dagli stanziamenti accanto alla strada, e poter godere degli aromi di carne alla brace assaporata con vero gusto è una sensazione che avevo già vissuto in altri viaggi ma, in questa particolare occasione, sapori e suoni non familiari hanno comunque esercitato una calma cercata ed accolta con riconoscenza.
Giunti a destinazione, abbiamo finalmente riabbracciato i tanti amici coltivati in questi anni ed iniziato immediatamente a lavorare al progetto visto che era nell’aria la decisione di ripartire al più presto possibile al fine di ridurre i rischi al minimo.
Infatti così è stato, siamo ripartiti solo 4 giorni dopo alla volta della Capitale ma, stavolta, dividendo il viaggio in macchina in due giorni e sostando un paio di notti a Bamako.
Naturalmente, il nostro primo pensiero è stato quello di verificare se gli insegnamenti e le indicazioni fornite negli anni precedenti avessero dato i loro frutti. Abbiamo assistito alla prima fase del corso di mobilità ed orientamento svolto dai docenti formati a beneficio dei nuovi allievi della scuola, controllato che le trascrittrici preparate nel corso delle precedenti missioni avessero svolto correttamente il proprio lavoro, e proseguito l’opera di sensibilizzazione presso gli organismi locali.
I colloqui avuti con le autorità scolastiche del luogo e con i dirigenti delle scuole superiori in cui sono inseriti gli allievi ciechi ed ipovedenti, dovrebbero assicurare all’istituto Regionale per Giovani Ciechi, una rete di sostegno e collaborazione nonché la possibilità che i libri prodotti nel centro stampa possano essere pagati dalle scuole comuni che, così come si occupano di fornire i testi per gli allievi vedenti, devono anche provvedere alla fornitura  per gli allievi con difficoltà visiva.
Un altro progetto che ha visto la luce nel corso della missione di quest’anno è l’orto didattico che, oltre ad assicurare il sostentamento alimentare ai convittori dell’istituto, e forse anche qualche entrata extra proveniente dalla vendita al mercato locale dei prodotti qualora il raccolto sia buono, anche la possibilità per i ragazzi di apprendere alcune tecniche agronomiche che potranno sempre tornare loro utili nella vita una volta tornati nei rispettivi villaggi d’origine.
L’unica vera nota stonata è la scarsa o nulla manutenzione della strumentazione informatica che forma il centro stampa: la UPS (gruppo statico di continuità) era inservibile e da essa fuoriusciva l’acido che funge da elettrolito per la batteria, un pc stentava a partire, un monitor ed una tastiera erano irrecuperabili e, quel che è peggio, la stampante Braille era fuori uso per colpa di un foglio che, essendosi incastrato, ha scardinato il carrello bloccandola e compromettendone l’utilizzo.
Quindi, oltre ad installare il software aggiornato per la scansione dei testi, siamo stati costretti a sostituire il materiale danneggiato e ad effettuare la manutenzione necessaria per riportare a funzionare la stampante Braille senza la quale il nostro lavoro, finalizzato all’accesso all’istruzione da parte dei ciechi ed ipovedenti di Gao, non ha alcun senso.
Una volta salutati gli amici e ripartiti per Bamako, abbiamo deciso di sfruttare la tappa forzata nella Capitale in attesa del volo, per visitarla, ma, soprattutto, per allacciare contatti fruttuosi con l’Istituto per Ciechi che, abbiamo potuto constatare, è ben organizzato, ospita un gran numero di allievi, e programma molteplici attività: formative, riabilitative, educative, ludico sportive e lavorative.
Abbiamo chiesto ai dirigenti di quell’istituto di collaborare con il loro omologo di Gao al fine di attivare per gli allievi corsi di tifloinformatica, materia molto complessa per poterla esaurire nel corso delle nostre brevi missioni, ed inoltre di fornire alle trascrittrici assistenza in caso di problemi al centro stampa.
Tornando al nostro viaggio, al ritorno lo scalo a Tunisi è stato addirittura di un giorno, cosa che ci ha consentito di visitare anche un’altra città storica, di camminare nella Medina e di fare qualche acquisto nel famoso Suk, sempre pieno di colori, essenze profumate, spezie e suoni dal sapore sfuggente. Tirando le somme, posso dire che questa volta l’esperienza è stata ancora più ricca date le differenti emozioni e sensazioni provate.
L’occasione di passare per Bamako, oltre ad essere gradevole per noi, si è rivelata utile, sia per i contatti presi con l’Istituto per Ciechi, sia perché si è finalmente concretizzata la possibilità di affidare la stampante Braille alle cure di tecnici più esperti di quelli presenti
a Gao i quali, anche negli anni passati, hanno danneggiato le macchine piuttosto che ripararle. Il nostro auspicio è sempre che, un giorno non troppo lontano, lo staff di “Fleurs du Mali” possa chiudere il progetto affinché esso cammini da solo e sia quindi sostenibile e sostenuto dagli organismi o dagli esperti locali.
Insomma, perché i fiori del Mali sboccino, è necessario piantarli in un terreno fertile, magari innaffiarli, ma poi lasciarli crescere in autonomia, la stessa autonomia che ciascun essere consapevole reclama per sé."



O no?
Severo Laleo

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