Per fortuna cambia il linguaggio. Non più “si
scende in campo”,
con Berlusconi, ma,
con Monti, si sale, anzi, “saliamo
in politica”.
Per il nostro immaginario, un cambiamento radicale:
al mondo del “si scende in campo” del calcio, al
mondo del grido Forza Italia,
con la variante sfortunata di Renzi (ma il nuovo non può
imitare!)
del “calcio di rigore”, ora, dopo vent’anni
di dominio e imitazioni da parte di tutti,
anche a sinistra, dove Sel inventò la “partita”(si è salvato
solo Bersani,
testardo nel suo vocabolario, serio, e insieme bonario, alla
Crozza),
si oppone il mondo del “saliamo in politica”.
E cambiano finalmente le direzioni (scendere/salire) e le
sedi (campo/politica).
Il tecnico Monti
sa dell’importanza del dominio del linguaggio nella propaganda
elettorale e prova a cambiare rotta, lasciando per sempre, davanti
al TV, i “tifosi”
del campo di calcio, e carezzando, con Twitter, gli “innovatori”
della politica.
Eppure il fine sia di “scendere in campo” sia di “salire
in politica”
è sempre uguale, da Berlusconi a Monti: impedire alla sinistra
di
raggiungere il governo. Esiste una costante nella nostra storia.
E ogni arnese, nel senso strumentale del termine, vecchio e giovane, di destra,
di centro, di centrosinistra, da Casini a Montezemolo, da Ichino a Riccardi,
tanto per non far nomi, è ottimo per raggiungere l’obiettivo:
il carisma
dei soldi dell’allegro, fortunato, liberale, maschio imprenditore
all’uopo, dunque, cede il passo
al
carisma della tecnica del serio, studioso, liberale, attento professore.
Entrambi italiani bene attrezzati quanto a manovre elettorali,
dalla "rivoluzione liberale" all' "agenda Monti", sempre, e comunque,
per salvare l'Italia, in continuità, dal 94 al 2013.
Forse è bene per una volta chiedere alla sinistra di
resistere, con forza,
sia pure con il buon Bersani.
O no?
Severo Laleo
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