Firenze. Piazzale Coop. Un giorno di sole di Novembre.
Una sorridente giovane e un giovane scattante,
vispi nella capigliatura brillante,
diversi per colore di pelle, ma entrambi colorati
d’azzurro,
grazie a una fasciatutina dell’unhcr,
con rapidi movimenti vigilano all’entrata,
attenti e pronti all’incontro.
Già di lontano squadrano l’avventore,
muovono qualche passo in apparenza
distratto,
e improvvisamente eccoli gioiosi davanti a
te
a chiederti un contributo di solidarietà
per i Rifugiati.
Le risposte sono le più disparate, sempre
cortesi.
“Grazie,
oggi son di fretta.” “Ho già donato.”
Qualche battuta e via.
Eppure la risposta del signore dai capelli
grigi
è più articolata. Ed è tanto sincera quanto
amara.
“Non
ho nulla da donare, davvero, e seppure ho qualcosa
la
darò a mio figlio, che non ha ancora un lavoro.
Mi
dispiace”.
Il giovane scattante di colpo si blocca.
Muto.
La sorridente giovane, mentre il signore
dai capelli grigi
va via, forte gli lancia un “Grazie lo stesso”. Mesto.
E oggi sui giornali sia la cronaca di una
continua guerra
tra i poveri sia un “13,2% Disoccupazione mai così
alta”.
Una perversa crisi economica intristisce la
solidarietà.
O no?
Severo Laleo
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