Se il Premier, dinanzi ai membri del suo
Partito, pronuncia,
secondo
i resoconti di stampa, la frase:
“se
sbloccare le opere è un reato, io lo commetto”
e
nessuno sente il dovere di fermare il discorso e di chiedere oltre,
significa
si è persa, alla grande, anche in quel che resta
di un
grande Partito, la capacità culturale fondamentale
necessaria
per giungere a meditate decisioni: la capacità di distinguere.
Il
significato delle parole appartiene a chi parla,
solo
se chi ascolta è imbambolato dall’emozione dei toni
e dei suoni.
Dinanzi ai magistrati, pare abbia sostenuto
la
Ministra Boschi, a conferma della
linea del Segretario del suo Partito:
“volevo
solo sbloccare le opere”. S’immagina sempre a fin di bene,
per
sviluppo, lavoro, ricchezza. A prescindere da ogni altra considerazione.
Senza interrogarsi.
Senza approfondire. Senza distinguere.
Semplificando.
Povero Benedetto Croce, il liberale Croce, ha speso la sua vita di uomo
di
lettere e filosofia a praticare e a insegnare a noi italiani/e l’arte
della “critica”, del distinguere e si trova
oggi ad ascoltare discorsi illiberali
(se
l’io
è la fonte del Potere) e slogan maligni.
“Sbloccare
le opere” è slogan troppo generico, costruito per colpire
gli
ingenui e confondere le questioni; è slogan maligno, perché sposta
l’attenzione,
con sornione sorriso di intesa sarcastica, su quanti
si permettono
di indagare, in cerca di reato, per “bloccare le opere”;
è
slogan connotato di narcisismo, perché introduce, a imbroglio,
il coraggio di andare contro la Legge, da eroe, sempre a fin di bene
naturalmente (purtroppo
in un Paese a scarso senso civico diventa facile,
anche per un’alta carica
istituzionale, assumersi, disdicevolmente,
la
responsabilità di commettere un reato, sia pure per gioco di parole).
Ora, sbloccare
un’opera, si sa, non è di per sé reato, non c’è quindi
la
benché minima necessità di mostrare il petto in fuori; non è mestier
di
Governo ingarbugliare le parole, senza distinguere,
anche
perché le parole son gelose del significato.
Il Governo
ha il dovere, al contrario, esercitando l’arte del distinguere,
con l’attenzione
vigile e la partecipazione corale di ogni istanza democratica,
di valutare, con
il pensiero esclusivamente rivolto
al
benessere delle persone, i confini entro i quali un’opera è davvero
“sboccabile”, per l’interesse generale e non di gruppi.
Il problema
non è snellire e semplificare. Altri, dei privati, saprebbero
far
meglio del Governo, specie in Italia, se avessero mano libera.
Ma il
dovere delle Istituzioni è governare la complessità
in
trasparenza e responsabilità. A volte fissando paletti insormontabili.
E’
facile sbloccare e basta; basta un emendamento ad hoc; forse è più difficile,
ma d’obbligo, saper guardare in profondità a tutte le conseguenze di ogni atto,
esclusivamente, è bene ripetere, esclusivamente, nell'interesse
e a
tutela del Bene Comune.
O no?
Severo Laleo
Severo Laleo
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