Trovo davvero preoccupante, diseducante, e non
"civile"
la sottovalutazione o, comunque, l’accettazione
acritica,
non redarguita, né disapprovata, da parte del
mondo politico
e istituzionale, e soprattutto della stampa libera,
del linguaggio “violento”, ma dal sorriso continuo, di Renzi,
in quanto segretario del Pd e Presidente del Consiglio,
La violenza verbale degli inizi, contro i suoi compagni,
fu accolta da un generale liberatorio consenso,
non solo leopoldino: la "rottamazione"
incontrò favori
a destra e a sinistra e solo pochi lessero in quel
termine
un’aggressione biologica a persone in carne ed ossa
nel nome di un definitivo scontro tra vecchio
e nuovo;
in verità fu un’ambizione senza limiti a
cancellare
l’idea “civile” di rispetto della persona; e la riduzione di persone
a ferro vecchio da buttare/rottamare era per i più
una prova di coraggio, di sfida, di
duello.
Così, all’inizio, la “rottamazione” suscitò
entusiasmi
e non rimproveri. E fu un errore.
Arrivò poi l’”asfaltatura”. E sempre contro i suoi
compagni.
Un’ossessione. Ma chiaramente ancora a molti gradita.
Anzi,
con l’applauso, subito troppi seguaci apparvero pronti
a godere
per la nuova trovata. Eppure il richiamo all’”asfalto”
apparve
a non pochi terribile, per macabre assonanze. Ma
pochi osarono
avvertire il Premier di non varcare i limiti di un
parlar “civile”.
Più avanti il Premier, pur avendo a sua disposizione
ogni strumento per governare, anche con determinazione,
con o senza dialogo tra le parti, sentì il bisogno
di dichiara la sua lotta “violenta”, proprio così, violenta,
alla burocrazia. Perché una dichiarazione di violenza,
da parte di un Presidente del Consiglio, non trovò,
immediatamente, risposte di generale
disapprovazione?
Tranne eccezioni, tutti accolgono senza protesta
questo linguaggio, tanto più grave perché d’origine
“istituzionale”. E se anche il
Presidente della Repubblica
tace e non ricorda al Premier il dovere di
governare
nel rispetto delle norme di civiltà, senza possibilità,
quindi,
di concepire alcuna lotta violenta, è segno che
il Paese
non è più in grado, per assuefazione, di reagire
sia pure a una minaccia volgare, inutile e senza
senso.
Infine, in un crescendo, tornando ai suoi compagni,
quelli del Sud, dichiara, con il solito sorriso,
di entrare nel Pd
con il lanciafiamme. Per la battaglia
finale.
Rottamare, asfaltare, incenerire con
il lanciafiamme
sono ormai le parole/azioni nuove della rivoluzione
culturale
del Pd socialista. Per cambiare il Paese. Ora a partire dal Sud.
Forse serve altro.
O no?
Severo Laleo
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