Alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
e nell’attesa dell’arrivo martedì di Papa Francesco, si è aperta ieri
la trentesima edizione della Giornata mondiale di Preghiera
per la Pace,
dal titolo “Sete di Pace. Religioni e culture in dialogo”.
Ha aperto i lavori il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi.
Nel suo discorso l’elemento religioso (le religioni,
se sono in contatto,
liberano “energie di pace”) e di preghiera (la preghiera di tutti, ognuno
secondo la propria
verità, “genera la
pace”) è dominante; eppure,
al di là di religioni e preghiera, Riccardi,
definita la religione “la laicità
del
vivere insieme”, trova nel dialogo “l’intelligenza del coesistere,
che rende
possibile la più grande forma di civiltà, quella del vivere insieme”.
E alla ineluttabilità del dialogo, nel superamento della differenza/distanza
tra un “noi” e un “loro”, dedica il suo intervento anche il sociologo
Zygmunt Bauman.
Nell’ascoltare in diretta, grazie alla WebTv, quel
sereno insistere
sul “dialogo”,
sul “noi”, sul “vivere insieme”, la mente, proprio
nell’intento di vedere culture
in dialogo, corre ad altre suggestioni.
E corre al Manifesto del Convivialismo,
quale “arte di vivere insieme
(convivere)
che consenta agli esseri umani di prendersi cura gli uni
degli altri
e della Natura, senza negare la legittimità del conflitto,
ma
trasformandolo in un fattore di dinamismo e di creatività,
in uno strumento
per scongiurare la violenza e le pulsioni di morte”.
Vivere insieme sarà possibile solo se si
riconoscerà a ogni persona
“un’eguale
dignità con tutti gli altri esseri umani”, nel rispetto
del principio di una “comune umanità”, limite oltre il quale non è consentito
andare, mai,
se si vuole evitare di essere travolti dalla hubris,
dalla dismisura,
dalla violenza. E Il discorso torna sulla cultura del limite.
Anche la libertà ha il suo limite. Per Camus, “il
limite della libertà risiede
nella giustizia, cioè nell’esistenza dell’altro e nel
riconoscimento dell’altro,
e che il limite della giustizia si trova nella
libertà, cioè nel diritto
della persona di esistere così com’è in seno a
una collettività.”
Per S.Weil:
”L’unico limite legittimoal
soddisfacimento dei bisogni
di un determinato essere umano è quello
imposto dalla necessità e dai bisogni
degli altri esseri umani. Il limite
è legittimo solo a condizione che i bisogni
di tutti gli esseri umani ricevano
lo stesso grado di attenzione.”
Riconoscere/includere l’altro, per tornare a Bauman, è l’approdo finale
dell’espansione
del “noi”, del superamento dell’opposizione
“noi/loro”,
e, quindi, della
soppressione del “loro”, prossima
tappa del cammino
dell’umanità; in breve, è la fine della contrapposizione e
insieme
l’affermazione dell’interdipendenza: “Siamo
tutti dipendenti gli uni dagli altri”.
Nel Manifesto del Convivialismo, e la sua dichiarazione
di interdipendenza,
si legge: “l’umanità ha saputo realizzare dei progressi
tecnici
e scientifici sorprendenti, ma resta ancora incapace di risolvere
il
suo problema fondamentale: come gestire la rivalità e la violenza
tra
gli esseri umani? Come convincerli a cooperare, pur consentendo
loro di contrapporsi
senza massacrarsi?”
E’ necessario, è ineludibile, ha ribadito Bauman, accogliendo l’invito
di Papa
Francesco di porre al centro della educazione nelle nostre scuole
il dialogo, promuovere , “una cultura del dialogo per
ricostruire la tessitura
della società. Imparare a rispettare
lo straniero, il migrante, persone
che vale la pena ascoltare. La guerra si sconfigge
solo se diamo ai nostri figli
una cultura capace di creare strategie per la
vita, per l’inclusione”.
Ma forse il mondo guarda altrove, parla d'altro e non ascolta.
O no?
Severo Laleo
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