Trovo per caso su Facebook questo commento di Nicky Politi a un post
di Marina Terragni. (Spero di non incorrere in errore citando post
da Facebook!) L'argomento in realtà riguarda le molestie sessuali.
(Racconti dolorosi: le vittime di molestie -provo profonda tristezza-
sono più di quanto la mia immaginazione potesse contarne!)
Eppure Politi riesce a trovare, a ragione secondo il mio sentire,
un legame, non credo inavvertitamente, tra molestie, maschi e guerre.
Ecco il commento: "Brava Marina, che coraggiosa. Ognuna di noi
potrebbe scrivere un libro sulle molestie subite. Il limite del pericolo
è strettissimo. Siamo state fortunate a rispedire al mittente?
Siamo state forti? O forse abbiamo solo trovato uomini più indecisi?
Chi lo sa. Guardo queste immagini di guerra e vedo uomini, uomini,
uomini. Ma dov’è la voce delle donne in queste guerre?
Solo madri e mogli intervistate mentre piangono? Ieri servizio
sulle riserviste israeliane, declamato dal giornalista con un’enfasi
da gioventù hitleriana. Facciamo come le islandesi,
uno sciopero delle donne".
Sì, manca in questo momento la voce delle donne contro la violenza, da qualunque parte
arrivi, e, di conseguenza, manca la voce delle donne contro le guerre.
Nel dire "voce" intendo la cultura femminista con tutta la sua tradizione
di impegno per la pace e di alto, meditato, quasi sempre rispettoso, esercizio
della "parola". Sì, fare come le Islandesi, uno sciopero delle donne!
Da sempre gli uomini lottano e si scannano letteralmente per il potere,
perché non conoscono le strade per dare senso all'incontro di "parola",
e, pure quando riescono a trovare un'occasione di scambio di "parole",
ben sanno trattasi semplicemente di una pausa nell'eterna lotta
per il potere. E in questi ultimi tempi, se la democrazia in quanto sistema
rischia un incredibile fallimento, è sempre per l'acceso e irrefrenabile intervento, senza limiti, nell'agone politico, di personalità
comunque violente e "maschie" (nel dire "maschie" non si pensi esclusivamente a un genere, si allude piuttosto alla cultura del maschilismo a prescindere dal genere).
Ben venga un grande sciopero: le manifestazioni sono sempre utili
per dare una qualche svolta agli eventi.
di Marina Terragni. (Spero di non incorrere in errore citando post
da Facebook!) L'argomento in realtà riguarda le molestie sessuali.
(Racconti dolorosi: le vittime di molestie -provo profonda tristezza-
sono più di quanto la mia immaginazione potesse contarne!)
Eppure Politi riesce a trovare, a ragione secondo il mio sentire,
un legame, non credo inavvertitamente, tra molestie, maschi e guerre.
Ecco il commento: "Brava Marina, che coraggiosa. Ognuna di noi
potrebbe scrivere un libro sulle molestie subite. Il limite del pericolo
è strettissimo. Siamo state fortunate a rispedire al mittente?
Siamo state forti? O forse abbiamo solo trovato uomini più indecisi?
Chi lo sa. Guardo queste immagini di guerra e vedo uomini, uomini,
uomini. Ma dov’è la voce delle donne in queste guerre?
Solo madri e mogli intervistate mentre piangono? Ieri servizio
sulle riserviste israeliane, declamato dal giornalista con un’enfasi
da gioventù hitleriana. Facciamo come le islandesi,
uno sciopero delle donne".
Sì, manca in questo momento la voce delle donne contro la violenza, da qualunque parte
arrivi, e, di conseguenza, manca la voce delle donne contro le guerre.
Nel dire "voce" intendo la cultura femminista con tutta la sua tradizione
di impegno per la pace e di alto, meditato, quasi sempre rispettoso, esercizio
della "parola". Sì, fare come le Islandesi, uno sciopero delle donne!
Da sempre gli uomini lottano e si scannano letteralmente per il potere,
perché non conoscono le strade per dare senso all'incontro di "parola",
e, pure quando riescono a trovare un'occasione di scambio di "parole",
ben sanno trattasi semplicemente di una pausa nell'eterna lotta
per il potere. E in questi ultimi tempi, se la democrazia in quanto sistema
rischia un incredibile fallimento, è sempre per l'acceso e irrefrenabile intervento, senza limiti, nell'agone politico, di personalità
comunque violente e "maschie" (nel dire "maschie" non si pensi esclusivamente a un genere, si allude piuttosto alla cultura del maschilismo a prescindere dal genere).
Ben venga un grande sciopero: le manifestazioni sono sempre utili
per dare una qualche svolta agli eventi.
Se non ora, quando?
O no?
Severo Laleo
PS Forse anche le "parole" di Kamala Harris già soffiano un suono diverso rispetto
ai proclami di forza e vendetta e distruzioni esemplari da parte dell'uomo Netanyahu. Eccole: "Israele senza alcun dubbio ha il diritto di difendersi. Detto questo, è molto importante che non vi sia alcuna confusione tra Hamas e i palestinesi. I palestinesi meritano pari misure di sicurezza e protezione, autodeterminazione e dignità,
e siamo stati molto chiari sul fatto
che le regole della guerra devono essere rispettate e che devono arrivare aiuti umanitari." Niente di nuovo, eppure solo un suono diverso è utile via ai cambiamenti.
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